«Piazze piene, urne vuote», ammoniva Pietro Nenni. Sostituite i giornali alle piazze e otterrete il monito che risuona nelle orecchie dei leader della Rosa nel pugno, il partito che, come l’utilitaria dei primi Novanta, «piace alla gente che piace». La federazione radical-socialista, che a torto o a ragione si è imposta sui quotidiani come l’unica vera novità di questa campagna, da mesi riceve endorsement, accoglie transfughi, ristora vecchi delusi del «teatrino della politica» e però nei sondaggi continua a volare basso. Troppo basso, rispetto alla mole di adesioni raccolte a mezzo stampa. Dunque chi sbaglia, la comunità politica e giornalistica che sopravvaluta il successo di Bonino&Boselli nei circoli ristretti dove si forma l’opinione (non mancano autorevoli giornalisti, direttori compresi, che stimano la Rosa al 6 per cento, quindi oltre Rifondazione comunista) o i sondaggisti che la quotano quasi tutti sotto il 3 per cento? Risultato che, inutile girarci intorno, sarebbe stitico, essendo poco più di quanto la lista Bonino ha preso da sola alle europee del 2004.
Eppure la lista radical-socialista pare essersi trasformata in un richiamo irresistibile per profughi e apolidi della politica. I rosapugnoni , come li chiama il vignettista Vincino, spopolano nel mondo dello spettacolo, dove Vasco Rossi è il testimonial di punta, il dj Claudio Coccoluto il second best, Marco Bellocchio e Oriella Dorella sono in lista, mentre l’adesione della soubrette Antonella Elia ha rispolverato i fasti margheritini del caso Vento (Flavia). E mica è finita: hanno accettato la candidatura il disegnatore Stefano Disegni e il fotografo Oliviero Toscani, hanno fatto pubblica dichiarazione di voto ex repubblichini, lo scrittore Carlo Mazzantini e l’attore Giorgio Albertazzi, tanto quanto ex comunisti, il filosofo Biagio de Giovanni. Un pezzo di riformismo post-comunista (Lanfranco Turci, Salvatore Buglio, Luciano Cafagna) s’è spostato all’ombra di Pannella, con la benedizione (forse non il voto) di Emanuele Macaluso. E la contesa prosegue sul territorio: «Lancio un grande appello agli elettori e simpatizzanti del centrosinistra e dei Ds in particolare – ha detto ieri da Palermo Daniele Capezzone – sostenere l’alleanza con la Rosa nel Pugno significa avere garanzia dello Stato laico, dei Pacs, della fecondazione assistita e della libertà di ricerca, a differenza di Rutelli che sicuramente non dà alcuna garanzia in tal senso». Può tutta questa mobilitazione (e competizione spinta) valere nelle urne meno del 3 per cento? I leader della Rosa sono i primi a non crederci. E si stanno dannando per aumentare peso e visibilità del “partito”. Sempre ieri Marco Pannella ha chiesto a Romano Prodi di anticipare i nomi più importanti della squadra di governo, dove la Rosa conta di insediarsi in un almeno un paio di ministeri di peso. E prosegue per bocca di Enrico Boselli la campagna per istituire primarie dell’Unione anche per le cariche istituzionali. Proposta che, oltre che scombinare piani e alleanze già decisi tra Ds e Margherita, punterebbe a bissare l’effetto traino della campagna per Emma Bonino al Quirinale del 1999, che spinse la lista omonima oltre l’8 per cento alle europee di quell’anno. Il resto della strategia radical-socialista è polemica continua sui «compromessi» del centrosinistra a proposito di diritti civili e dintorni. Ieri nella maggioranza unionista alla Regione Lazio è scoppiata una dura polemica per i manifesti appesi in tutta Roma dove la Rnp accusa il centrosinistra di aver rinunciato a finanziare le coppie di fatto. Poi c’è il recupero delle campagne storiche: «No, non ho mai pensato di aver sbagliato ad abortire; nemmeno quando negli anni Ottanta ho cominciato a volere un figlio», dice Bonino nel nuovo numero di Grazia, aggiungendo di non aver mai parlato di «diritto all’aborto, ma di diritto a una maternità scelta». Mentre Bonino ricorda, Maurizio Mian rilancia. Il patron del gruppo Gunther, che detiene una quota dell’Unità ed è a sua volta candidato nella Rosa, finanzierà qumdici voli a costo zero: cinque con destinazione Parigi per altrettante donne «che hanno deciso di ricorrere all’aborto farmacologico»; cinque diretti a Londra «per cinque ricercatori che vogliono visitare i laboratori di ricerca sulle cellule staminali embrionali»; cinque per Barcellona «per donne che intendono sottoporsi ad un ciclo di fecondazione assistita».