RADICALI ROMA

I paradossi del 5 per mille, così amato e così tradito

  C‘è qualcosa di più di un paradosso, fino ad arrivare ai confini dell’assurdo, nel tor­mentato cammino politico del 5 per mille, una misura apprez­zata a parole, ma contestata nei fatti lungo tutto l’iter della Fi­nanziaria: prima dimenticato, poi condizionato, infine recu­perato con un accordo politico di massima ma ancora condi­zionato dal vortice pericoloso delle coperture mancanti. Un provvedimento rimasto sen­za padri e difensori, pur poten­do costituire, al di là delle eti­chette politiche, un salto di qualità positivo nel rapporto tra Stato e cittadini.

 

 

 

Introdotto per la prima volta con la Legge finanziaria per il 2006, l’ultima approvata dal Governo Berlusconi, il sistema pre­vedeva infatti la possibilità per il contribuente di destinare una quota del 5 per mille delle pro­prie imposte per finalità di so­stegno al volontariato, alla ricerca, alle iniziative assistenzia­li. Il meccanismo era immedia­to ed estremamente semplice: ogni contribuente poteva sce­gliere l’associazione, la onlus, il Comune o l’istituto di ricerca preferito. E i cittadini hanno ap­prezzato l’immediatezza e la semplicità, aderendo in massa.

 

 

 

Non così ha fatto l’ammi­nistrazione perché le proce­dure e i tempi tecnici per l’attuazione si sono poi rive­lati più lunghi e complessi del previsto.

 

 

 

Nella Legge finanziaria ap­provata alla fine dello scorso anno, la prima del Governo Prodi, il 5 per mille era sostanzialmente confermato, ma con un salto mortale logico: veniva infatti introdotto un tetto (fissato a 250 milioni) per le erogazioni totali. Dato che per il 2006 in base alle scelte di 15 milioni e 8oomila cittadini si era raggiunta quo­ta 329 milioni, quota verosimilmente destinata a salire entrando a regime la normati­va, introdurre un tetto, più o meno alto, non poteva che vo­ler dire tagliare automatica­mente il 5 per mille.

 

 

 

Il primo testo della Finan­ziaria per il 2008 dimenticava l’iniziativa e quindi l’aboliva, salvo poi faticosamente reintrodurla con un emendamen­to, ma con un tetto sempre più basso. L’idea del tetto, co­me detto, è contraddittoria e paradossale, comunque tale da stravolgere la filosofia dell’intervento e ha l’unica spiegazione nella volontà, frutto di una concezione ma­nichea del bipolarismo, di mo­dificare in qualche modo i provvedimenti varati dal­l’Esecutivo precedente. E si sfiora l’assurdo quando, ri­spetto al principio della scel­ta autonoma dei cittadini, che è una riconquista di sovranità e di democrazia fiscale, si in­troduce il meccanismo della concessione: lo Stato conside­ra proprie tutte le entrate fi­scali e benignamente conce­de che una piccolissima parte venga assegnata in base alle indicazioni dei contribuenti. Per questo si continua a parlare della necessità di “copertura” del provvedi­mento: come se i fondi ne­cessari non derivassero dal­le scelte di ogni persona e lo Stato non potesse o dovesse considerare come entrate “solo” il resto, cioè il 99,5% del prelievo. La stessa Corte costituzionale ha peraltro escluso che il 5 per mille sia parificabile a una normale entrata tributaria e quindi soggetta alle competenze esclusive dello Stato.

 

 

 

Un appello per il ripristino integrale della normativa ori­ginaria è stato lanciato nelle scorse settimane attraverso il web dal Sole-24 Ore e ha rac­colto appassionati sostegni tra gli scienziati (da Rubbia a Dulbecco, da Levi Montalcini a Veronesi) e migliaia di ade­sioni da parte dei cittadini. Un segno significativo con due ri­chieste essenziali: che la nor­ma «divenga contenuto stabi­le della nostra legislazione e che per la sua copertura non vengano previsti “tetti” o ana­loghe riduzioni».

 

 

 

Ma a livello politico la ricer­ca e il volontariato non hanno trovato esponenti politici capaci di porre con forza le ra­gioni della partecipazione so­ciale. Non c’è stato un senato­re del centro-sinistra che ab­bia condizionato il proprio indispensabile voto di fiducia al ripristino integrale del prov­vedimento del 5 per mille.

 

 

 

Eppure volontariato e ricer­ca potrebbero essere le basi per rendere insieme moder­na e responsabile una società come quella italiana che, oggi come non mai, ha bisogno di ritrovare motivi di coesione e di solidarietà.