Pax mastelliana, la chiamano i Radicali. Per indicare una «pace» molto particolare. Quella che il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, avrebbe sottoscritto con i magistrati. «Una forma di pace che ha reso docili tutte le correnti della magistratura — dicono Marco Cappato, Maurizio Turco e Maurizio Bolognetti —, e che spiega il loro imbarazzato silenzio sul caso del pm de Magistris, che con le sue inchieste sta mettendo a nudo il marcio che c’è anche all’interno della magistratura».
Mastella, dicono i Radicali, è stato più furbo di Cencelli (quello del famoso «manuale» lottizzatorio) perché «ha aperto le porte del ministero a tutti, lottizzando i magistrati meglio di come in maniera sgangherata fanno i partiti».
Todos caballeros, dunque, magistrati di destra, di centro e di sinistra. E per non scontentare nessuno, incarico confermato anche a quelli nominati dal governo Berlusconi.
In un dossier, ancora incompleto poiché il ministero della Giustizia non ha fornito i dati richiesti dai Radicali, che per questo hanno presentato una dura interrogazione parlamentare, compaiono finora tredici nomi di «distaccati» al ministero.
Si tratta di Claudio Castelli, ex membro del Csm ed ex segretario di Magistratura democratica (sinistra), che con Mastella è diventato capodipartimento dell’Organizzazione giudiziaria (proprio quella che deve decidere sulla richiesta di trasferimento di de Magistris), e dei suoi vice, Sergio Gallo di Magistratura indipendente (destra) e Massimo Russo di Movimento per la Giustizia (progressisti).
A capo degli ispettori ministeriali (che hanno confezionato la relazione sulla quale si basa la richiesta del ministro di trasferire il pm di Catanzaro) c’è Arcibaldo Miller, di Magistratura indipendente, che è tra quelli scelti dal governo di centrodestra e confermati da Mastella con il centrosinistra. Miller è il capo di un ufficio che, secondo i Radicali, «si contraddistingue per “dare la caccia” a quei pochi magistrati che, come de Magistris, ancora non si allineano alla normalizzazione».
La stessa spartizione caratterizzerebbe anche l’Ufficio di Gabinetto e l’Ufficio legislativo, ai cui vertici ci sono l’ex Csm Giovanni Diotallevi (Magistratura democratica), Gianfranco Manzo (Movimento per la Giustizia) e Giuseppe Creazzo (Unità per la Costituzione). Quest’ultimo è una new entry, che però si fa notare eccome, poiché per il posto al ministero ha mollato l’inchiesta sull’omicidio di Francesco Fortugno, «proprio mentre le indagini si trovavano in un momento topico», sostengono i Radicali nel loro dossier.
Poi, c’è Ettore Ferrara, ex membro del Csm ed ex presidente di Unità per la Costituzione (centro), che è diventato capodipartimento dell’Amministrazione penitenziaria. Mentre l’ex ministro Enrico Ferri (Magistratura indipendente) è ai vertici dell’Ufficio di coordinamento delle attività internazionali. L’elenco prosegue con Antonio Laudati (destra), che è alla Direzione della giustizia penale; Augusta Iannini, moglie del conduttore tv Bruno Vespa, capodipartimento Affari di Giustizia, voluta sia dall’ex ministro Castelli, sia da Mastella, che come vice della Iannini ha nominato Assunta Cardone, «campana come il ministro», annotano maliziosamente i Radicali. Infine, Alfonso Papa, di Unità per la Costituzione, che Mastella ha confermato alla Direzione generale della Giustizia civile.
Ma quanti sono i magistrati «distaccati» al ministero? Non si sa. Secondo la legge non dovrebbero essere più di 65. E che cosa fa tutta questa gente al ministero? E’ appunto ciò che i Radicali vogliono sapere dal ministro Mastella. «Questa — dicono — è una lottizzazione gestita da magistrati che non fanno più i magistrati, nel contesto di un circuito carrieristico, di potere (e denaro, se consideriamo gli emolumenti), in cui chi era nel Csm o alla guida dell’Associazione nazionale magistrati si trova ai vertici del ministero della Giustizia». Con tanti saluti all’autonomia della magistratura, che, dicono i Radicali, «con questa pax mastelliana diventa strutturalmente impossibile».