RADICALI ROMA

I radicali: una via per Tortora e per chi è in cella ingiustamente Pannella: dimenticato un giusto

  «Quando, con il commissario Calabresi ancora vivo, gli dissi che la morte di Pinelli, essendo caduto dalla Questura, in qualche modo gli si doveva addebitare, Tortora si arrabbiò molto e rispose che non poteva essere, perché se così fosse stato, gli sarebbe caduto il mondo addosso. Ecco, questa era la persona alla quale cadde davvero il mondo addosso quando fu arrestato». E’ il ricordo di Marco Pannella per Enzo Tortora, al convegno torinese promosso per chiedere di intitolargli una via in città, ma anche per non dimenticare le sue battaglie e riparlare dei «tanti Tortora che sono in carcere oggi e che magari non parlano italiano».

 

 

 

 «E’ troppo facile—dice Pannella dal palco — ridurre la storia di un giusto a quella di un errore giudiziario, troppo facile dimenticare la battaglia politica che fu combattuta in quegli anni». Sono passati vent’anni da quel settembre del 1986 in cui la Corte d’appello lo assolse — sentenza poi confermata in Cassazione — dall’accusa di essere un «cinico mercante di morte» al soldo della camorra, come lo defini il pm dell’epoca. «Tortora — ricorda il segretario radicale Daniele Capezzone — scelse di non fare del suo un caso giudiziario, bensì politico. E grazie a lui passò il referendum sulla responsabilità civile dei magistrati, poi tradito dal Parlamento». Il giornalista fu dimenticato dalla politica, spiega Capezzone, e oggi non è diverso: «Perché la sinistra, con qualche eccezione, è prigioniera del giustizialismo e la destra fa del garantismo una bandiera per leggi ad personam, di comodo». Dopo Mondovì e Genova, ora potrebbe arrivare una «via Tortora» anche a Torino, proprio fuori dal carcere. «Sarebbe un bel segnale — spiega Capezzone — per rimediare alla rimozione, perfino televisiva, di questi anni. Del resto, l’Italia è così: se nel caso di Tortora c’è la lacrima di coccodrillo, il rammarico finto, nel caso di Craxi c’è il risentimento feroce, che fa bocciare al consiglio comunale di Milano la targa in suo ricordo. E’ la solita Italia del servo encomio e del codardo oltraggio».