Primo: la Rosa nel pugno ha presentato in Commissione di vigilanza una mozione di sfiducia dell’attuate Cda Rai votata, come noto, dall’intera Cdl ma anche da pezzi di maggioranza (Italia dei Valori e Udeur). Secondo: gli ex ds che hanno aderito alla Costituente socialista – Barbieri in primis – hanno messo a punto una serie di emendamenti alla finanziaria, tra cui spicca un provvedimento assai “di sinistra” come la tassazione al venti per cento delle rendite finanziarie. Terzo: De Michelis e Battilocchio rientrano nel Pse e, neanche a dirlo, mostrano una grande (anzi grandissima soddisfazione) all’insegna dell’orgoglio socialista. Conseguenza: i socialisti, ad oggi, sembrano uni e trini.
Ma partiamo dall’inizio, ovvero dalla vicenda Rai e dalla mozione di sfiducia targata Rosa nel pugno. Si dirà: la mozione è il frutto di una iniziativa radicale, visto che i due partiti da un po’ di tempo si muovono da separati in casa. Nient’affatto: l’iniziativa è stata condivisa da entrambi i partiti. Spiega infatti al Riformista il capogruppo alla Camera della Rosa nel pugno Roberto Villetti: «È stata un’azione condivisa, ne abbiamo parlato venti giorni fa». La questione del gruppo parlamentare appare tutt’altro che secondaria, e riguarda in primo luogo i numeri: attualmente i socialisti hanno nove parlamentari cui si sono aggiunti Cinzia Dato (eletta nell’Ulivo) e Lanfranco Turci (eletto nella Rosa in quota radicale); i radicali hanno sei parlamentari più Capezzone (considerato un battitore libero). Ma al gruppo dovrebbero unirsi, dopo il congresso fondativo del Ps, anche i tre ex Ds ed ex Sinistra democratica confluiti momentaneamente nel gruppo misto: Spini, Grillini, Baratella. Conseguenza: se i socialisti – tutti insieme – si separassero dai radicali non raggiungerebbero il numero di venti necessario per dar vita a un gruppo parlamentare autonomo e dovrebbero fare un sottogruppo nel misto. Ma, oltre ai numeri, sembra esserci anche una ragione politica nel rimanere assieme. Almeno a giudizio di Villetti che non vuole perdere il filo di dialogo con il partito di Pannella: «I rapporti politici con i radicali non sono mai venuti meno in tutta la storia socialista e ancora oggi conduciamo assieme battaglie sui diritti civili, sulla laicità, sulle garanzie del cittadino. E il gruppo parlamentare, appunto, è la sede per portare avanti queste battaglie. Quindi il rapporto politico c’è ancora e ci sarà sui contenuti. Sulle alleanze e su come si andrà alle elezioni deciderà invece il congresso». Secondo Villetti alla fine del percorso la questione del gruppo si potrebbe risolvere con un «ritocco» alla denominazione, passando da Rosa nel pugno a «Radicali e socialisti». E i radicali? Dalle parti di Pannella & Co. si respira un’aria tutt’altro che serena verso i socialisti. La segretaria Rita Bernardini afferma: «Non ci siamo più sentiti. Certo, il gruppo su singole iniziative va avanti ma i socialisti non ci hanno nemmeno invitato ad assistere ai lavori della loro Costituente». Al di là del gruppo la separazione politica pare annunciata. I radicali infatti svolgeranno il loro congresso dall’1 al 4 novembre con all’ordine del giorno due proposte forti: la prima è «non insistere troppo sul cavallo di battaglia dei temi laici contro lo strapotere del Vaticano per dare più risalto ai temi economico-sociali liberali e liberisti con l’obiettivo di creare un’alleanza trasversale dei riformisti». La seconda è «valutare modi e forme della permanenza al governo». Ricapitolando: le strade tra i due partiti divergono ma il gruppo rimane.
La politica economica, targata ex ds, è proprio il terreno su cui si misurano distanze – e non poche – rispetto ai radicali: i socialisti daranno battaglia soprattutto sul fisco in direzione meno “liberista”. Il guru economico della Costituente Roberto Barbieri non usa mezzi termini: «Proponiamo riforme strutturali a partire da un’idea di fisco come orientamento della politica economica e non solo come introito». Tra gli emendamenti presentati spicca quello relativo all’«innalzamento al 20 per cento dell’aliquota di prelievo sui redditi da capitale» e la «la riduzione dal 27 al 20 per cento dell’aliquota di prelievo sui depositi bancari». Afferma Barbieri: «Non sono misure da lasciare ai comunisti che dicono “anche i ricchi piangano”; sono misure rifor-miste ed europee tese ad abbassare la pressione fiscale sulle famiglie».
Ma ieri, in casa socialista, è stato soprattutto il giorno dell’orgoglio: De Michelis e Battilocchio sono rientrati nel Pse: «Dopo 14 anni torno in famiglia», ha detto De Michelis che con Pia Locatelli ha denunciato l’ambiguità del Pd sulla collocazione internazionale. E l’idea di chiamare il gruppo del Pse “Socialisti e democratici” che è sembrata una mano tesa al Pd da parte di Rasmussen? «Il gruppo è aperto e può anche cambiare nome ma rimane quello che c’è, e non se ne farà un altro»: così la Locatelli ha sintetizzato la posizione di Schultz, sottolineando come il problema del Pd non stia in Europa ma in Italia.