Dal 1987 il sacerdote cattolico tedesco Stefan Hippler vive in Sudafrica, dove ha fondato un’associazione per aiutare i malati di Aids, “Hope Cape Town”. Un progetto che ha ottenuto risultati talmente importanti che durante il suo recente viaggio in Africa, a ottobre dello scorso anno, anche la cancelliere Angela Merkel ha voluto visitarlo.
Hippler combatte da vent’anni un male di cui in Occidente non si parla più ma che in questo continente continua a mietere più vittime di una guerra: ad oggi si parla di oltre dieci milioni di morti e le stime sui sieropositivi oscillano tra i trenta e i quaranta milioni soltanto nell’Africa subsahariana, il sessanta per cento dei malati di tutto il mondo. E i ritmi di contagio sono agghiaccianti: circa duemila nuovi infetti al giorno.
Questo combattivo prete di Treviri ha deciso di scrivere un libro sulla sua esperienza, a quattro mani con Bartholomaus Grill, per anni corrispondente africano della Zeit. Il titolo è già eloquente, Gott, Aids, Afrika, ma il contenuto è un durissimo atto di accusa contro l’atteggiamento del Vaticano sull’Aids, sin dai tempi di Giovanni Paolo II. Secondo gli autori la Chiesa è corresponsabile del fatto che in Africa non si riesca a fare una battaglia efficace contro la sindrome da Hiv, soprattutto perché continua a vietare la contraccezione che è notoriamente la principale arma di prevenzione contro la malattia. Tanto più importante, spiegano gli autori del libro, in un continente in cui l’astinenza è un contraccettivo risibile (come nel resto del mondo, verrebbe da aggiungere), dove la poligamia è una realtà diffusa o in cui sopravvivono in alcune regioni riti antichi come quello di far dormire le vedove, dopo che è morto il marito, con i cognati, per purificarle dai demoni maligni. E in cui i preti e i missionari cattolici spesso si scontrano anche con i guaritori indigeni, i Sangoma.
Il libro ha l’intento dichiarato di aprire un dibattito sulla malattia nel mondo cattolico ed esorta l’attuale pontefice, Benedetto XVI, ad occuparsi di questa devastante epidemia dal punto di vista teologico. In sostanza, a superare l’impostazione del “Vademecum per i confessori, su alcuni temi di morale coniugale” scritto nel 1997 -dunque sotto il pontificato di Giovanni Paolo II – da Alfonso Lopez Trujillo, allora presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia.
Il Vademecum ricorda a preti e missionari che «la Chiesa ha sempre insegnato l’intrinseca malizia della contraccezione, cioè di ogni atto coniugale reso intenzionalmente infecondo. Questo insegnamento è da ritenere come dottrina definitiva ed irriformabile. La contraccezione si oppone gravemente alla castità matrimoniale, è contraria al bene della trasmissione della vita (aspetto procreativo del matrimonio), e alla donazione reciproca dei coniugi (aspetto unitivo del matrimonio), ferisce il vero amore e nega il ruolo sovrano di Dio nella trasmissione della vita umana». Nel libro il ragionamento dei due autori cattolici suona invece così: «Il preservativo in sé, come tutto il Creato, non è né buono, né cattivo». Ma se viene usato per proteggere delle vite umane, prosegue il testo, allora il contraccettivo è «buono». Perché milioni di morti in Africa sono anche «milioni di cattolici morti».
Ma invece di accogliere l’esortazione di Hippler e Grill a ridiscutere la condanna del preservativo che spunta evidentemente ogni freccia all’arco dei cattolici che intendono impegnarsi seriamente nella lotta contro la sindrome da Hiv, la Chiesa ha deciso esattamente l’opposto: oscurare il libro e il suo autore. La conferenza dei vecovi tedesca, su ordine di Roma, ha vietato infatti a Hippler di presentare il libro in Germania.
Oltre ai racconti e alle riflessioni del testo, fanno riflettere anche le parole della prefazione del libro, scritte dal noto avvocato e scrittore Henning Mankell. Che definisce quella contro l’Aids come la «battaglia decisiva dell’umanismo». Soprattutto, perché Henkell è convinto che sia più importante combattere l’Aids che fare la guerra al terrorismo.