RADICALI ROMA

Il «buongoverno» di Veltroni affonda nel fango del Tevere

«A Warter, facce Tarzan. Mo’ buttate nella marana…». I romani tutti, ricordando Alberto Sordi, risponderebbero così al sindaco Veltroni che a maggio ha parlato del Tevere come di un fiume «pulito, fin troppo pulito, con un eccesso di pesci che vista la carenza di precipitazioni, rischiano di essere anche troppi». A margine del solito nastro tagliato, stavolta per inaugurare i lavori all’adduttrice fognaria di Ponte Ladrone, il primo cittadino ha regalato un’immagine così fuori dalla realtà che il sarcastico Fabio Desideri della Dc ha liquidato con poche, sentite, parole: «Nei prossimi giorni ci attendiamo dichiarazioni del sindaco in merito al volo di un ufo sopra la città e al relativo atterraggio di alieni in Campidoglio».
Purtroppo per il sindaco, e per i romani, del biondo Tevere non v’è più traccia da anni. Tanto per cominciare il livello di inquinamento è decisamente preoccupante. L’8 maggio 2007 un dossier di Legambiente posiziona il Tevere al primo posto tra i peggiori fiumi italiani. Nella sola Capitale, nel 2006, i reati ambientali sono stati oltre 50, di cui 45 legati allo «sversamento» di sostanze nocive o alla mancata depurazione dei reflui, così come non mancano estrazioni indiscriminate di sabbia, furti di ghiaia, massiccio abusivismo edilizio lungo le sponde, discariche illegali. Altri due studi di Legambiente, datati febbraio 2006, sottolineano come per 700mila residenti a Roma gli scarichi non siano depurati. Secondo l’Acea, la municipalizzata dell’acqua, sono oltre 323mila solo nel Comune, di cui 83mila non allacciati alla rete fognaria. «A questi – annota Legambiente – vanno aggiunte sia le 200mila persone tra turisti, pendolari, abusivi e attività produttive (i dati sono della Provincia, ndr) sia i 200mila abitanti dei comuni limitrofi che insistono sui bacini dei fiumi Tevere e Aniene». La responsabilità, quindi, è da ricercare nei troppi scarichi urbani. «Lo stato di qualità ambientale (detto Seca) del Tevere, quando arriva alle porte di Roma si compromette subito: a Castel Giubileo prima della confluenza con l’Aniene, il fiume è già divenuto scadente; all’altezza del Ponte di Ripetta c’è un dato impressionante per la componente organica, valutata attraverso l’analisi del batterio e.coli che rende indeterminabile la classe di qualità; al ponte di Mezzocamino la qualità è diventata scadente mentre a ponte Galeria il giudizio è addirittura pessimo».
Per il presidente del Wwf Lazio, Raniero Maggini, «il vero problema è rappresentato dal maggiore carico di carattere organico nei due fiumi capitolini». Inquinatissima, per Goletta Verde, è soprattutto la foce del Tevere «che continua la sua inesorabile agonia, con valori di coliformi fecali e degli e.coli più di 10 volte superiori ai valori consentiti dalla legge». Per non dire dei drammatici dati dell’Arpa, l’agenzia ambientale regionale, che definisce lo stato del Tevere tra lo «scadente» e il «pessimo», dove la vita per i pesci meno resistenti diventa complicata. Lo storione, ad esempio, è scomparso. Le anguille sono le più contaminate d’Europa dopo il Tamigi. Pullulano topi, pantegane, nutrie, pesci tropicali provenienti da emisferi lontani. Lorenzo Tancioni dell’università di Tor Vergata spiega che «nell’ultimo decennio il Tevere ha cambiato definitivamente faccia, ormai sembra un braccio del Danubio, con ospiti americani, asiatici, e africani». La parte del leone la fa il «pesce siluro», un bestione di un metro e ottanta di lunghezza per sessanta chili di peso, che fa piazza pulita della concorrenza, la cui presenza è venuta all’amo dell’incredulo pensionato Tito Ottaviani, per la prima volta, nel febbraio 2004. L’ecosistema nel Tevere è andato talmente in tilt che nelle sue acque si trova una sottospecie del «pesce-gatto africano», esemplare da libro di Stephen King. Non ha scaglie, pelle nuda ricoperta da muco, antenne mobili che gli pendono dalla bocca larga e piatta, è capace di muoversi sulla terraferma dove divora carcasse di animali morti.
Talmente è pulito, il Tevere, che le morie dei pesci non si contano più. Secondo i periti lo scarico dei liquami, causa delle varie «stragi», non era da considerarsi occasionale ma «prestabilito». Infatti una parte delle acque nere non veniva convogliata ai depuratori per mancanza di fogne o di allacci agli impianti. In sintesi, su 162 scarichi nel Tevere, ben 56 non avevano alcun «trattamento di depurazione», e in 54 erano state rilevate «concentrazioni di sostanze inquinanti» superiori a quelle prescritte.
Per rivitalizzare il corso d’acqua melmoso, nel 1998 l’ex sindaco Rutelli aveva promesso miracoli per far diventare il Tevere simile al Tamigi. Nel 2001, anno dell’avvento veltroniano, l’annuncio del Comune era ancor più roboante: «Entro tre anni il Tevere farà invidia alla Senna, avrà acque pulite, banchine e ponti illuminati e bateaux mouches, i topi scompariranno». L’anno successivo arrivò la promessa di una doppia teleferica e della costruzione di cinque nuovi ponti. Cinque anni dopo, non s’è visto nulla. Abbondano le baraccopoli, le discariche e i barconi galleggianti che – secondo l’Autorità di Bacino – sono a rischio in caso di piena. Quanto al tanto pubblicizzato trasporto fluviale siamo alla farsa. Un’unica tratta, ridotta, dentro Roma, unisce il ponte dell’isola Tiberina a quello dello stadio Olimpico. Veltroni ha pensato anche a regalare ai romani una spiaggia sul greto del fiume, costruendoci però due piscine dirimpetto a cumuli di detriti. Mancano cinque mesi a Capodanno. Dopo il belga «Mister Ok», il colombiano Orlando Duque e il russo Slava Polieshyuk, anche Walter Veltroni potrebbe festeggiare l’anno nuovo tuffandosi da Ponte Cavour. Tanto le acque del Tevere sono «fin troppo pulite» e «piene di pesci». O no?