RADICALI ROMA

Il caso D'Elia alla Camera Scontro tra Polo e Unione

Il caso del deputato Sergio D’Elia, l’ex terrorista dissociato di Prima Linea, arriva alla verifica del voto alla Camera. Oggi, infatti, l’assemblea di Montecitorio si conta sulla mozione presentata da Udc e Forza Italia per stigmatizzare l’elezione alla carica di segretario d’Aula del deputato radicale della Rosa nel pugno che ha scontato molti anni di carcere. Condannato perché fu riconosciuto come uno degli ideatori dell’evasione dal carcere delle Murate di Firenze che si concluse con l’omicidio dell’agente di polizia Fausto Dionisi. D’Elia quel giorno non c’era a Firenze e la seconda Corte d’Assise lo ha indicato come una delle menti di quel piano criminoso.

 

 

 

 Così, nel dibattito che si e svolto ieri alla Camera, l’ex ministro Carlo Giovanardi ha chiesto a D’Elia di dimettersi e ha letto davanti ai colleghi il lunghissimo elenco delle vittime del terrorismo. Mentre oggi, prima e dopo il voto, la piazza di Montecitorio sarà presidiata dagli aderenti al Sindacato autonomo di polizia. E in questo clima, l’Unione, con l’intervento di Roberto Zaccaria (Margherita), ha raccolto la proposta di Silvano Moffa (An) di aprire un grande dibattito sugli anni di piombo: «Tuttavia — ha insistito Zaccaria — facciamolo non con una mozione ma con proposte di legge». 

 

 

 

Di mattina, prima dell’inizio del dibattito, tutti i deputati hanno trovato nelle caselle postali un lungo dossier dei radicali intitolato «L’autentica storia del “terrorista” Sergio D’Elia». Più di 70 pagine per raccontare la «cronaca di un linciaggio annunciato». Tuttavia, il vicepresidente dei deputati di Forza Italia, Antonio Leone, non crede nel percorso di recupero dell’ex detenuto D’Elia che ha pagato il suo conto con la giustizia: «Siamo di fronte a un singolare fenomeno per cui si è perso ogni senso della misura e si è superato ogni limite di opportunità. Tutto ciò che è offensivo per i parenti delle vittime della violenza politica lo è anche per tutti i cittadini. Perdonare si deve ma dimenticare no, sarebbe da stupidi quando la storia è segnata da una striscia di sangue».

 

 

 

 Tra i firmatari della mozione FI-Udc c’è anche il capogruppo azzurro Elio Vito. E’ contro di lui ha puntato il dito il presidente della commissione Attività produttive, Daniele Capezzone (Rosa nel pugno), che ha svolto un intervento in difesa del compagno di partito: «Conoscete Sergio D’Elia. Lo conoscete per i suoi 15 anni di guida di “Nessuno tocchi Caino” (l’associazione che si batte contro la pena di morte, ndr) per cui tante persone autorevoli, tra cui il presidente Casini e ll presidente Fini, hanno avuto occasione di esprimere pubblici elogi, di partecipare o addirittura fare proprie le campagne per i diritti umani e civili che Sergio anima e guida». E qui, Capezzone ha tirato fuori dalla memoria del Partito radicale un’immagine di 19 anni fa: «Voglio anche citare il presidente dei deputati di Forza Italia, Elio Vito, che molto probabilmente partecipò in prima persona a quella giornata di commozione e di festa civile, nel 1987, in cui Sergio D’Elia (in permesso dal carcere, ndr) annunciò ad un Congresso ra dicale le sue scelte, ormai avvenute e irreversibili…». E ancora, su Forza Italia: «Senza ricordare l’intero gruppo senatoriale di FI che aderì come tale a ”Nessuno tocchi Caino” o il presidente del Consiglio Berlusconi che ricevette Sergio a Palazzo Chigi proprio sulle sue campagne…».

 

 

 

 Come dire, è la difesa proposta dalla Rosa nel pugno e non solo, che D’Elia fuori dal Parlamento può frequentare tutte le sedi istituzionali che vuole, anche la presidenza del Consiglio, senza seminare indignazione. E il mandato di vicepresidente della commissione Giustizia, insistono Udc e Forza Italia che chiedono con la mozione «un codice di autoregolamentazione», non è compatibile con il profilo di «ribelle metropolitano» del deputato Michele Farina (Rifondazione), già portavoce del centro sociale Leoncavalio di Milano. E oggi, anche su questo, si vota.