Ilmanifesto del Partito democratico si richiama all’appello di don Sturzo: «Vogliamo assicurare all’Italia una democrazia libera e forte». Parla di laicità, ma la declina cosi: «Riconoscimento della rilevanza nella sfera pubblica, e non solo privata, delle religioni e delle varie forme di spiritualità». Perché «le energie morali che scaturiscono dall’esperienza religiosa, quando riconoscono il valore del dialogo, rappresentano un elemento vitale della democrazia». È solo la prima bozza della Carta dei Valori, chiamata a ispirare l’azione del partito per gli anni a venire. Ma sul punto-chiave della sintesi tra laici e cattolici è destinata ad aprire un primo fronte di polemica sui contenuti e sul baricentro valoriale del Pd.
Qualcuno dirà che un testo come questo potrebbe funzionare anche per la Cosa bianca. E che vengono confermati i timori di uno schiacciamento delle ragioni laiche. Le prime osservazioni critiche stanno già intasando le caselle di posta elettronica del professor Mauro Ceruti, cattolico, 54 anni, preside della facoltà di Scienze della formazione all’università di Bergamo, docente di epistemologia. Ceruti è il relatore della commissione per il manifesto, nonché l’autore del testo-base dal quale si parte per dare un’identità al partito. Nel gruppo di lavoro affianca il presidente Alfredo Reichlin.
Otto pagine, una Carta non divisa per capitoli ma dove in neretto sono segnalati i “titoli” degli argomenti. Il nodo è quello legato alla laicità, ancora più dirimente dopo il no della teodem Paola Binetti alla fiducia sul decreto sicurezza), strappo rimasto in sonno proprio perché il Pd è nella fase di gestazione. Ha un segretario, Walter Veltroni, legittimato dal voto di milioni di cittadini, ma pochi altri riferimenti organizzativi.
I leader, in questi giorni, si concentrano sullo statuto (le regole del partito), ma chi ha cuore le sorti del Pd e gli augura lunga vita non può non guardare al manifesto. I problemi delle coppie di fatto, dell’eutanasia, della fecondazione, dei progressi scientifici, i temi della vita e della morte (mai citati in maniera esplicita) vanno risolti, secondo la bozza-Ceruti con lo strumento inedito della «democrazia cognitiva, che aiuti i cittadini a comprendere le implicazioni degli sviluppi tecnico-scientifici e i dilemmi etici che essi possono sollevare». Davanti alla scienza vengono piantati paletti molto rigidi: «La libertà di ricerca si deve conciliare con il principio per cui non tutto ciò che tecnicamente è possibile è moralmente lecito e nemmeno conveniente dal punto di vista sociale ed economico».
Il presupposto prepara quindi dei muri invalicabili anche per la politica. Che deve diventare «pienamente consapevole dei suoi limiti. Non può proporsi di controllare la varietà delle tendenze sociali, delle opinioni e dei bisogni individuali e collettivi». Messa cosi, la Carta prefigura, per gli aderenti, una libertà di coscienza con ampi margini di manovra. Naturalmente, la famiglia «è il luogo relazionale, formativo e affettivo primario», dove si sviluppa «la dignità della persona». E nell’ambito dei diritti umani vengono condannate «le forme di persecuzione per motivi razziali, politici e religiosi», senza parlare della discriminazione sessuale. Proprio nell’ultima riunione della commissione (sabato scorso) un gruppo di laici aveva proposto, per esempio, di inserire nella carta l’articolo anti-omofobia contenuto nel decreto sicurezza.
Il testo-base adesso si apre ai contributi, agli emendamenti, alle correzioni. La commissione Manifesto si riunisce di nuovo il 12 gennaio. Oggi invece si incontra il comitato di redazione della commissione Statuto. Il presidente Salvatore Vassallo ha scritto un testo in cui è stata cancellata la parola “congresso “, luogo principe della vita dei partiti, il nucleo democratico delle vecchie organizzazioni politiche. Ma il nuovo strumento di decisione nel Pd sarà la consultazione diretta dei cittadini. Contro il “taglio ” voluto dal costituzionalista si però è saldato un asse Ds-Popolari ora benedetto anche dal coordinatore Goffredo Bettini. Perciò Vassallo non avrebbe i numeri per far passare la sua “rivoluzione”. Ma non è detto che pure in minoranza sia disposto a mollare.