Nel 1802 il terzo presidente americano Thomas Jefferson scrisse alla Chiesa battista di Danbury nel Connecticut avvertendoli che religione e stato avrebbero dovuto crescere separati da un muro, “wall of separation”. Oggi che negli Stati Uniti la destra cristiana sta ripensando la storia della nazione guardandola da un punto di vista fondamentalista o come preferiscono chiamarla loro “massimalista”, annunciando la presenza quotidiana di un Cristo contemporaneo, identificandosi con la classe media, parlando apertamente di sesso, seppure di un sesso basato sull’orgasmo cristiano, puntando più a una vita intensa che insipidamente devota, presentandosi come un movimento sociale e non un’ideologia religiosa, mettendo in crisi e sgretolando questo muro che Jefferson aveva voluto costruire per proteggere l’ideale di una nazione cosmopolita, fa impressione osservare in casa nostra il Vaticano tutto intento a costruire un muro più spesso e più alto fra società civile e fede, imponendo veti, buttando in pista il demonio, scontrandosi contro delle trasformazioni più che morali antropologiche del vivere contemporaneo.
Se il fenomeno religioso negli Stati Uniti è così importante per chi dovrà puntare alla Casa Bianca nel 2008, lo si deve alla preoccupante ma indiscutibilmente efficace strategia di una destra religiosa che anziché separarsi artificialmente dalla società ne abbraccia le debolezze e le ricostruisce a propria misura rendendo difficile per un candidato laico o almeno non militante religioso affrontare i problemi della società senza alienarsi i consensi di coloro che vedono sempre più nella religione un percorso di speranza che li conduca fuori dalla crudezza della quotidianità. Il muro che il Vaticano si sta costruendo attorno rivela al tempo stesso sia una inadeguatezza alla contemporaneità che una debolezza interna. Tutto appare sempre di più, dai rituali allo stile di vita, all’abbigliamento, dei servi di Dio italiani, anacronistico. Se Dico, Opus Gay, staminali e eutanasia, sono soggetti forse troppo traumatici per essere risolti da decreti e leggi e tantomeno da polemiche strumentali, altri problemi dal matrimonio dei preti al sacerdozio per le donne sono invece argomenti sui quali la chiusura della chiesa diventa sempre più inaccettabile.
«Quelli che controllano il passato» – scriveva George Orwell nel suo famoso 1984 – «controllano il futuro»; gli faceva eco parafrasandolo l’attore Orson Wells «Quelli che controllano il presente, controllano il passato». Il Vaticano sembra oggi ispirarsi sia a Orwell che a Wells rischiando di escludersi dal futuro, finendo in balia dei luoghi comuni del passato, perdendo il ritmo con il passo del presente. La fede non può essere legge, follia forse ma non regola o vademecum. Insistere su un concetto di famiglia monolitico e inalterabile può essere molto rischioso. All’interno delle pareti familiari e con la scusa di questa istituzione si sono commessi e si continuano a commettere orrendi crimini e violenze inaccettabili per una società civile.
Se non possiamo chiedere alla Chiesa di snaturare la propria natura o di piegarsi supinamente alle trasformazioni di una società che forse sta scivolando troppo verso un estremismo laico, possiamo almeno sperare che nella migliore tradizione italiana riesca a farsi furba osservando le strategie, evitandone i pericoli, del fondamentalismo cristiano d’America, mutuandone la capacità di trasformarsi in società attiva e non semplicemente punitiva. Senza una riflessione e un esame di coscienza del quale dovrebbe essere maestra, la Chiesa vaticana rischia di diventare un parco a tema religioso o peggio di scivolare verso derive “Ricostruzioniste”, ovvero quella scuola di pensiero, grazie a dio defunta, di un certo Rousas John Rushdoony che negli anni 60′ proponeva la pena di morte per una vasta gamma di peccatori a partire dagli omosessuali per arrivare ai bambini maleducati. Le minacce teologiche non possono servire davanti a una realtà che sta inesorabilmente trasformandosi. Non chiediamo alla Chiesa di diventare fondamentalista ma di osservare di certo fondamentalismo il sorprendente e magari agghiacciante realismo.