I ministri degli Esteri dell’Unione europea riuniti a Lussemburgo per il consiglio Affari generali hanno deciso che la proposta di moratoria sulla pena capitale sarà presentata nella prossima sessione dell’Assemblea plenaria dell’Onu, dunque in autunno. Non come l’Italia, sollecitata dal digiuno radicale, aveva chiesto (ossia già nella sessione corrente) ma comunque presto ed entro la fine dell’anno. Per il presidente Giorgio Napolitano la notizia premia una «battaglia fondamentale per il comune progresso civile». Per il ministro degli Massimo D’Alema è un grande successo della diplomazia italiana. Per il mondo politico nazionale, a destra e a sinistra, è finalmente una buona notizia condivisibile dall’intero emiciclo senza se e senza ma. Ma è giusto prima di tutto dare a Cesare quel che è di Cesare e riconoscere che questa vittoria si deve soprattutto all’ostinazione dei radicali, alle loro facce smunte e alla loro ostica perseveranza al limite della sopportazione. Si dirà che Pannella e Nessuno tocchi Caino volevano che la risoluzione fosse presentata subito e che dunque, col rinvio all’autunno, hanno perso. Ma è invece chiarissimo che proprio aver dato battaglia al partito del rinvio o, come dice Pannella al «partito del mai», ha permesso di ottenere quello che, con ogni probabilità, sarebbe nuovamente slittato dall’autunno alla primavera e dalla primavera all’estate, in un rincorrersi di stagioni già viste da dieci anni a questa parte.
Il gioco delle parti dunque ha funzionato. Alla diplomazia italiana il compito di forzare la mano in sede europea raggiungendo la mediazione. Alle associazioni abolizioniste quello di forzarla alla diplomazia. Emma Bonino aggiunge che non bisogna limitarsi a festeggiare: l’unanimità a 27 è un successo importante, dice, ma bisogna rilanciare, in modo da arrivare a settembre con il consenso del maggior numero di co-firmatari e co-sponsor possibile. La battaglia vera infatti, benché secondo i radicali i numeri ci siano tutti, è al Palazzo di Vetro, dove il partito abolizionista si è rafforzato ma è ben lungi dal godere del consenso unanime. È evidente però che, come hanno influito le firme di decine di premi Nobel, parlamentari, sindaci e associazioni per far arrivare la Uè all’unanimità, sarà altrettanto importante arrivare al voto forti dell’appoggio di più paesi, ben oltre quelli dell’Unione europea. Per ora si incassa la sconfitta del “partito del mai”. Che non è poco.