E venne il giorno di Walter Veltroni alla Festa dell’Unità. Eccolo il sindaco di Roma che, al secondo mandato, ha cancellato la destra romana, eccolo il “romanziere” che in pochi giorni ha portato a centomila copie la tiratura del suo primo vero romanzo, “La scoperta dell’alba”, lasciando a terra i colleghi di partito ancora inchiodati ai saggi di politica, eccolo il candidato leader del partito democratico. Si farà, non si farà. Al calar della sera, nella cornice techno della kermesse nazionale del partito, lui rilancia con forza quel che ha definito “il sogno politico della mia vita”. Risponde così alla platea di militanti e a Giovanni Floris che lo interroga: “Da tutte le feste dell’Unità che sto girando in questi giorni mi viene la stessa sollecitazione. Sì, io dico che si può fare, che un partito del 40 per cento, nel campo riformista e democratico, può essere alla nostra portata, immediatamente. Purché, come ho già detto, e ripeto, non si viva questa sfida come la fine della sinistra, purché non si cerchino tutti i motivi per non farlo, il partito”.
L’importante è cominciare. Non possiamo ignorare il messaggio chiaro che da dieci anni ci mandano milioni di elettori italiani, quelli che non si riconoscono nel panorama attuale, spiega il sindaco: “E’ sempre lo stesso messaggio, ve ne siete accorti?: “Se state uniti, vi votiamo, se state divisi vi penalizziamo””. Partono gli applausi, clima surriscaldato. Lui, il sindaco di Roma, è abbronzato, in maniche di camicia, strattonato da compagne che, poche ore prima l’hanno corteggiato per avere l’autografo e quasi piangevano a sentire la trama del suo libro, quel vuoto dichiarato dell’autore per l’assenza della figura paterna, quel rancore sordo per il terrorismo di casa, che “ci ha portato via la vita per un decennio”.
Veltroni ha sentito il polso dei militanti, fiutato l’immutata richiesta della base per l’avvio della nuova creatura: “Se l’Ulivo, non esistendo in quanto tale nella vita politica, ha preso il 33 per cento”, allora sì, si può, si deve osare. E nessuno tiri fuori il problema dell’identità, del rischio di perdersi. “La sinistra – dice Veltroni – è cambiamento, lo è stata sempre, nel passato, quando scelse in ore drammatiche di trasformarsi da Pci in Pds e poi Ds. Anche allora pensammo che iniziava un’altra storia e bisogna avere riconoscenza nei confronti di chi ebbe il coraggio della svolta”. Veltroni il buonista, Veltroni che fa applaudire Occhetto e rende omaggio alla memoria. Ma per andare avanti, detestando le nostalgie.
Sarà lui il leader del partito democratico? Floris insiste, scava. Ormai Veltroni non dice più che nel 2011, alla fine del suo mandato di sindaco, sparirà nell’Africa ma sta anche attento a non esporsi troppo. L’ha già detto: la sua disponibilità futura è legata a “mutazione radicali” delle regole del gioco, più poteri al premier, ritorno al maggioritario, elezione diretta. E sennò, pazienza, “posso fare altro: preferisco stare con i bambini di un ospedale africano che sedere in un cda”. Si vede che questo approccio piace ai militanti: “Walter” c’è sempre, fa politica, ma non vuol dare l’impressione di essere potente, non vuol calpestare nessuno, alimentare competizione interna al partito o alla coalizione.
Dunque “Piero”, intendendosi Fassino, “dice cose giuste sulle pensioni” e “Romano, che invoca il rigore, ha ragione. Perché è giusto non perdere il treno della coerenza con le regole europee, non si può assolutamente attenuare la tensione riformatrice. Nessuno può chiedere a questo governo, nessuno può chiedere di diluire lo sforzo o spalmarlo sui cinque anni”. E sul governo, sulla sua forza, Veltroni è ottimista: “Penso che ci sono tante persone, non dico partiti, che vivono con malessere l’appartenenza alla Cdl; ad esempio tanti cattolici. Mi auguro dunque che la maggioranza possa trovare nuova espansione, puntando soprattutto sul risanamento finanziario e la politica estera”. Il risanamento è sacrosanto, dice il sindaco di Roma, purché si tenga conto delle esigenze dei Comuni, purché il sostegno alla ripresa si accompagni alle esigenze di equità sociale”. E’ la tecnica di Veltroni, peso e contrappeso, molti “tavoli di concertazione”, come nella gestione di Roma: “Devi dare alla gente obiettivi e valori. Adesso bisogna raccogliere le energie e parlare ai quei quattro milioni delle primarie. Se ci riusciremo cambierà il futuro di questo Paese”.