RADICALI ROMA

Il vescovo assente

L’arcivescovo di Genova, monsignor Angelo Bagnasco, ha “disertato” – scrivono i giornali – il Festival internazionale della scienza svoltosi a fine ottobre in quella città. “E’ troppo laicista”, ha detto. Peccato. Tra i relatori c’era Lisa Randall, la prima donna a insegnare fisica teorica ad Harvard. La quarantaquattrenne, bionda scienziata avanza una nuova teoria per spiegare la complessità dell’universo: secondo i suoi calcoli, questo sarebbe “una membrana a quattro dimensioni (lunghezza, larghezza, profondità e tempo) che insiste sulla superficie di uno spazio che però è a cinque dimensioni, dette ‘extradimensioni’, a forma di bolla”. Sostiene poi che l’universo non è unico, e che vari universi-bolle fluttuerebbero in un iperspazio a quattro dimensioni: “Sappiamo bene quello che è successo nelle fasi più recenti dell’evoluzione cosmica, ma ci chiediamo come tutto ciò faccia parte di un quadro più grande, quali siano le strutture circostanti, se esistono… Purtroppo, noi possiamo vedere solo a una distanza finita perché la velocità della luce è finita e l’età dell’universo è finita. Cerchiamo allora di andare oltre, immaginiamo altre possibilità, compresa l’idea che esistano extra-dimensioni dello spazio… Queste, in passato, si pensava che fossero arrotolate, nascoste, in altre dimensioni molto piccole…All’origine dell’universo forse esistevano dimensioni diverse e solo più tardi,
nel corso dell’evoluzione, la forza gravitazionale ha determinato un livello minore di dimensioni in certe regioni dello spazio… Da qui l’idea che l’universo conosciuto possa far parte di un universo più ampio con extra-dimensioni…”.
 
Non sono assolutamente in grado di affrontare queste astruserie, io sono rimasto alla semplice e chiara teoria del “big bang”, l’esplosione primigenia da cui sarebbe nato il cosmo. Ho sempre pensato che questa teoria dovesse piacere ai cattolici, ai cristiani, a quanti difendono l’immagine biblica della creazione del mondo “ex nihilo”, come atto di volontà assoluta di Dio. Il “big bang” potrebbe essere, diciamo, il fragore dell’universo nel momento della sua istantanea nascita: un botto come quello dei palloncini dei bambini, quando li schiacci di colpo. Ora, questa che sembrava una conquista scientifica definitiva viene (forse) rimessa in discussione. I creazionisti dovranno piangerne la caduta per colpa di una scienza fattasi troppo laicista? Forse. Però, la relazione della Randall non me la sarei perduta. La Randall ha ricordato che molte persone hanno cominciato a interessarsi alla fisica e ai problemi cosmologici
“guardando il cielo di notte, pensando alla sua bellezza… e cercando in esso una  ‘soluzione dei problemi’”. E’ lo stupore che prova anche il materialista Leopardi, quello del “Canto del pastore errante per l’Asia”. Ricordate? “Perché tante facelle?”, perché tante stelle, nell’infinito del cielo? Ma non c’è neppure bisogno di Leopardi: quando mio figlio era ancora bambino e la nostra famiglia si trovava in campagna per le vacanze, la sera dopo cena io e lui uscivamo per fare lunghe passeggiate, chiacchierando di cose un po’ serie e un po’ infantili. Una volta, sollevando lo sguardo alla Via Lattea che splendeva sulle nostre teste, mi chiese, timidamente: “Babbo, cosa c’è lassù nel cielo, tra tante stelle? Mi fa paura”. Provai a rispondergli ma forse lo delusi: lui non ha studiato fisica, ha scelto l’arte e dipinge.
 
Mi pare comunque che le teorie della Randall confliggano con lo “hypotheses non fingo” di Newton, quell’“io non invento ipotesi” che è alle radici della scienza positivista messa in crisi da Bergson, Einstein o Heisenberg (in nome del relativismo, ahimè, ma non si può avere tutto).
Anche la Randall, insomma, può interessare il credente: la fisica celeste studiata per trovare “la soluzione dei problemi”, la risposta agli interrogativi sul mondo, ha qualcosa di religioso. Una capatina alla sua conferenza io l’avrei fatta per poi magari, uscendo, attardarmi ad ammirare, sia pure in disincanto, con adulta e un po’ scettica ironia, il cielo e le sue infinite “facelle”.