Il cpt è un posto triste e squallido, anzi “di uno squallore unico” – racconta Bernardini – tutto cemento e grate, un cortile vuoto su cui si affacciano le camerate, tutte a livello terra. La delegazione racconta di aver trovato una situazione drammatica soprattutto nel reparto maschile, in quello femminile le condizioni igieniche sono migliori e l’ambiente è più sereno, in quello maschile invece hanno trovato “l’inferno”: sporcizia dappertutto, nonostante al centro assicurino che ogni mattina alle 6 arrivi una ditta delle pulizie, mura sporche e scrostate, rubinetti e docce rotti, rifiuti per terra, non ci sono i bidoni “pericolosi”, non una pianta, anche i vasi sono “pericolosi”, non un colore. “Sono persone abbandonate da Dio e dagli uomini”.
Ma sono persone che vogliono raccontare la loro storia, volti che sembrano avere 70 anni e invece ne hanno 50, voci che si sovrappongono, alcune agitate, altre lamentose.
C’è un ragazzo di 21 anni rumeno, biondo con la faccetta “buona” che da una settimana è nel cpt e non ha ancora ricevuto la tessera per telefonare alla madre in Romania, che non sa più dove sia il figlio. C’è un marocchino con il braccio piagato, che dice ‘non sono ancora stato medicato’, fortuna vuole che con la delegazione ci sia un membro della Cri che provvede. C’è il tosscodipendente da eroina – sono in 5-6 nel cpt, tutti uomini – che chiede perché non venga mandato in una comunità per curarsi.
Ci sono 4-5 afgani che non parlano una parola di italiano, portati nel cpt direttamente dal container che li ha ‘trasportati’ in Italia, vorrebbero chiedere diritto d’asilo ma non sanno come.
E ancora, c’è un signore marocchino da vent’anni in Italia, un lavoro, una moglie e 4 figli, una va all’università e lui chiede: perchè mia figlia deve preoccuparsi per me, perché sono qui?
Dovrebbe preoccuparsi solo di studiare!’, Ce ne è un altro che ha la sua compagna nel reparto femminile, di là dal cortile, incinta di tre mesi: all’inizio riuscivano a vedersi, in qualche modo, ora non più, da molto, non è possibile, non sono sposati. C’è un albanese di 30 anni, vestito abbastanza bene, al meglio che può, pulito, doccia appena fatta che chiede dia vere almeno un deodorante e dei saponi per pulire meglio i bagni.
Il reparto femminile è più pulito e sereno, ma non mancano storie drammatiche. Qui ci sono molte filippine, molte badanti. C’è una donna albanese, una badante, che è stata portata qui e dal 7 aprile non ha notizie di sua figlia, un anno e mezzo, presa in affidamento dai servizi sociali, l’unico desiderio che ha ora è tornare in Albania con la figlia.
“Stiamo preparando un’interrogazione parlamentare”, dice Rita Bernardini e “chiediamo al governo e a Maroni di rivedere i provvedimenti sull’immigrazione”; soprattutto la proposta di elevare a 18 mesi la possibilità di permanenza nei cpt, spiega, e per questo “lo invito a venire a vedere di persona come stanno qui gli immigrati”. Inoltre, avverte la segretaria dei radicali, se vanno avanti “le norme sul reato di clandestinità si rischia non solo il collasso dei cpt, ma quello delle carceri e della giustizia, un sistema già malato che ha 10 milioni di processi arretrati”.