Un palazzo a Trastevere ceduto a 1,8 milioni. Indagato per appropriazione indebita l’ex presidente dell’istituto di vigilanza
APPROPRIAZIONE indebita: è il reato ipotizzato nei confronti di Gustavo De Meo, ex presidente della Ancr-Istituto vigilanza Urbe. L’inchiesta punta sulla svendita di alcuni immobili d’oro nel cuore di Trastevere e il progressivo svuotamento delle casse dello storico istituto delle guardie giurate capitoline. Il buco di 80 milioni di euro è al cento di diverse indagini coordinate dal sostituto procuratore Paolo D’Ovidio e del pm Perla Lori.
L’indagine vuole accertare se alcune operazioni finanziarie siano servite a nascondere guadagni illeciti. Sotto la lente della procura è la gestione dell’ Urbe da quattro anni sull’orlo del fallimento con mille dipendenti a rischio licenziamento e la prospettiva di una vendita in blocco a vantaggio di qualche grande società di vigilanza. Per questa ragione nelle scorse settimane è stata affidata una consulenza tecnica per valutare le operazioni decise dalla passata gestione e le stime degli immobili, tra cui un palazzo intero vicino a viale Trastevere che sarebbe stato svenduto per 1,8 milioni euro. L’iscrizione sul registro degli indagati dell’ex presidente De Meo sarebbe un atto dovuto per la procura, per consentirgli di nominare propri periti.
L’Urbe che ha la particolarità di essere nato da una costola dell’ Associazione nazionale combattenti e reduci (un ente morale che ha percepito contributi dal ministero della Difesa e dalla Presidenza del consiglio dei ministri ma anche finanziamenti della Comunità europea per corsi di formazione) rischia di essere privatizzato nonostante le denunce dei sindacati e numerose interrogazioni parlamentari.
Sono molte le ombre che avvolgono lo stato di crisi che ha travolto il gruppo di vigilantes della capitale. Da anni, il Savip (sindacato vigilanza privata) ha segnalato in vari esposti inviati la cattiva amministrazione dell’istituto che ha generato un buco, stimato dalla commissione prefettizia, di circa ottanta milioni di euro. «A pagare i debiti dovuti alle scelte dirigenziali sbagliate sono i lavoratori- spiega Vincenzo Del Vicario del Savip – Siamo di fronte a una Parmalat della vigilanza. Speriamo che vengano finalmente analizzati i bilanci dell’Ancr-Ivu degli ultimi anni, per chiarire che fine abbiano fatto i fondi ricavati dalla vendita di società e immobili. Ma anche di verificare se dirigenti dell’ Ancr-Ivu abbiano compiuto scelte negligenti a svantaggio dell’Urbe in palese conflitto d’interesse, avendo cariche sociali in altre società interessate all’acquisto dell’istituto».