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Inferno in metro. Bianchi: "Guasto tecnico? Possibile"

La metro di Roma è giovane. Appena 50 anni di vita, poche stazioni, pochi chilometri di tratta. Eppure i disguidi, i guasti e i piccoli incidenti sono sempre stati all’ordine del giorno: treni in ritardo, corse saltate, black out di corrente. Con una preoccupante impennata nell’ultimo anno. Nulla di simile, però, a quello che è accaduto ieri mattina. La ferita resta aperta nel tessuto emotivo della città, la fitta ancora duole al cuore di Roma. Malgrado ciò, il “day after” è quello dei ragionamenti a mente fredda sul “come” e sul “perché”. Sulle cause, ancora misteriose, di un incidente che non doveva accadere.

Freddezza e lucidità d’analisi che a Stefano Bianchi non mancano nemmeno in questi momenti per lui di grande concitazione e di “graticola mediatica”. Il presidente di Met.Ro. Spa si concede a RomaOne.it senza ritrosie. E risponde alle polemiche sul cosiddetto sistema di “circolazione degradata”, per cui il macchinista spesso disattiva i congegni di sicurezza e viaggia “a vista” per evitare gli ingorghi e concludere più in fretta il tragitto.

Bianchi, dopo tanto parlare del “rosso permissivo” e dell’obbligo di viaggiare a 15 km/h, la prima domanda è obbligata: è possibile disattivare il sistema automatico di frenaggio?
“No, non si può disattivare sui nuovi treni Caf. Lo ha chiarito anche il nostro direttore di esercizio”.

Ma allora come si spiega l’impatto? Soprattutto se si scoprirà che è avvenuto a oltre 15km/h?
“Guardando lo scontro, credo proprio che sia avvenuto a bassa velocità. Altrimenti un treno come quello, con una massa da 180 tonnellate, sarebbe entrato completamente nell’altro convoglio. Vedremo cosa ci dicono le registrazioni di bordo”.

E se la velocità fosse stata superiore a quella soglia?
“A una velocità superiore, vanno considerate tre ipotesi: il meccanismo che non ha funzionato, l’errore umano o il malore del macchinista. Sarà importante ascoltare il nastro che riporta l’interlocuzione tra il macchinista e il dirigente del traffico. Ma va anche verificato il resoconto del traffico sulla linea in quel momento”.

Proprio l’altro giorno, ironia della sorte, lei lamentava lo stato di fatiscenza della nostra rete di metropolitane.
“Io ho fatto due ragionamenti. Il primo riguarda l’allarme treni per la Metro B: sono mezzi dell’89 e hanno viaggiato troppo senza manutenzione. Per le stazioni della A, invece, la mia segnalazione non riguardava il tema sicurezza-funzionalità della tratta. Noi abbiamo un’agenzia comunale che controlla le nostre prestazioni in base a quattro parametri: su informazioni, comfort e sicurezza a bordo siamo in linea con gli standard europei, manchiamo invece per quanto riguarda la comodità delle stazioni. Dobbiamo lavorare per esempio su illuminazione, areazione, scale mobili, barriere architettoniche”.

Un problema di ammodernamento che coinvolge anche la stazione Vittorio Emanuele?
“Il mio cruccio sono le sei-sette stazioni centrali della A, per quelle servono molte risorse. Ma non c’entra la sicurezza della linea, a quella lavoriamo già dalle 21 in poi”.

I macchinisti parlano di possibile “errore da cantiere” e puntano il dito contro i lavori a Manzoni.
“E’ una cosa che non comprendo bene, perché quel cantiere non può aver interferito in alcun modo. Tra l’altro Manzoni è chiusa già da gennaio. E stiamo lavorando a pozzi di ventilazione, ascensori e scale mobili: dunque nulla che abbia a che fare con la linea”.

Molti passeggeri hanno testimoniato un andamento irregolare del treno che ha tamponato già a partire da San Giovanni, almeno.
“Lo vedremo dal computer di bordo. Se c’è stata una marcia irregolare del convoglio, vuol dire che in quel momento si stava verificando un addensamento di treni in una parte della tratta. Dunque il mezzo è stato sicuramente costretto a rallentare per evitare di andare addosso al precedente”.

Si è aperta una discussione sui massacranti turni di lavoro dei macchinisti. Si parla di 10 ore al giorno e 100 ore di straordinario al mese.
“Non esistono turni da 10 ore. In relazione agli straordinari invece voglio precisare che c’è stato un confronto stringente, durato quattro mesi, con i sindacati proprio sui tempi di guida e di riposo. Con loro – anche con gli autonomi – abbiamo chiuso un accordo ad aprile che poi abbiamo testato per due mesi, in modo da valutarne i rischi, prima di mandarlo in esercizio a giugno. Tra l’altro abbiamo assunto 100 macchinisti, il 25% in più. Ben 30 sono entrati in servizio la settimana scorsa e altri 70 inizieranno a lavorare da qui ai primi di gennaio. Questo riduce il peso del loro lavoro”.

Che tempi ha la vostra inchiesta?
“Partiremo appena il magistrato ci darà gli strumenti per iniziare. Noi abbiamo costituito la nostra commissione, ora aspettiamo i tecnici della Regione e del ministero dei Trasporti