Caro centrodestra, batti un colpo. Si cercano “uomini di buona volontà, attenti alla democrazia, che affrontino con tempestività una questione di equità che riguarda tutti”. Questo il messaggio della lettera-appello scritta ieri da Massimo Teodori ai parlamentari della Casa delle libertà – sul Giornale – per sostenere la “giusta causa” di Marco Pannella, da otto giorni in sciopero della sete contro “l’iniqua legge” che tratta la Rosa nel pugno come una neonata lista civetta, con obbligo di raccolta firme, e non come il contenitore di Sdi e Radicali, forze politiche storiche già rappresentate a Montecitorio e al Parlamento europeo. La ricerca di uomini e donne di buona volontà, a dire il vero, è già cominciata da qualche giorno. I radicali, infatti, hanno raccolto le adesioni per una convocazione straordinaria della Camera (i gruppi dell’Unione hanno depositato le firme) e, nella serata di ieri, hanno raggiunto il quorum richiesto anche per riunire il Senato. Ma non basta. Dopo, in aula, i volenterosi di centrodestra serviranno eccome, per aggirare con soluzioni legislative o ri-interpretazioni (come propone Giuliano Amato) la “legge iniqua”. Il segretario di Radicali italiani, Daniele Capezzone, sottolinea che la battaglia procede “in tutte le direzioni, perché nessuno possa dire ‘io non sapevo’. Non vogliamo che questa battaglia sia di una parte o dell’altra”. Capezzone teme che il problema possa ripresentarsi, identico, in Commissione di vigilanza Rai, dove alcuni cavilli potrebbero escludere la Rosa nel pugno dalla campagna elettorale in tv. Ora però, per avere numeri vincenti in aula, si deve spulciare tra i banchi del centrodestra. Ai tre deputati di Forza Italia autoconvocatisi (Carlo Taormina, Guido Crosetto e Giuseppe Saro) si aggiungeva ieri il nome del senatore Francesco Cossiga. Giuseppe Saro spiega al Foglio di aver firmato anche se non condivide “sul piano politico l’alleanza della Rosa nel pugno con la sinistra”. Ma non vuole che Pannella “passi per vittima di un sistema antidemocratico”: “Basterebbe una norma interpretativa, lo Sdi e i Radicali sono forze esistenti da tempo”.
“Perché non parla?”, aveva gridato disperato Enrico Boselli, domenica scorsa, invocando l’intervento del ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu? Qualcuno parla, ma “con riserva”. L’impressione è che prevalga una linea di sincero “vorrei, ma non posso”. Cioè: vorrei che la situazione si risolvesse, ma non posso votare contro quello che ho già votato. Oppure: forse lo farò, ma magari aspetto che si decida qualcosa ai piani alti. L’onorevole Alfredo Biondi di Forza Italia pensa che “l’esercizio dei propri diritti non possa essere soggetto a barrage di carattere formale” e sarebbe d’accordo “in linea di massima” a trovare una soluzione per la Rosa nel Pugno, ma deciderà “secondo coscienza”, pur essendo “presidente del consiglio nazionale di Forza Italia”. Cauto anche Gaetano Pecorella, garantista storico: “Se è un problema di tutela delle minoranze non si può che essere d’accordo. Ma tecnicamente non sono in grado di stabilire se l’attuale legislazione tuteli abbastanza le minoranze”. Il senatore azzurro Domenico Contestabile spera che l’autoconvocazione riesca, ma rivoterebbe “la legge già votata”. Antonio Del Pennino spera che “la tagliola delle firme” non azzoppi le forze concorrenti alle elezioni.
Ci sono poi quelli dell’“accontentatevi”. “La legge l’abbiamo fatta e il compromesso c’è già, devono raccogliere la metà delle firme”, dice Ignazio La Russa di An. Tra quelli del “no” compare il coordinatore di FI Sandro Bondi, che vede “sproporzionato uno sciopero della sete per una questione del genere”. Gianfranco Rotondi, segretario della Nuova Dc, invece, è “d’accordo con Pannella. Questa legge è incostituzionale. Teoricamente, si potrebbero persino invalidare le elezioni”. Firmatari per l’autoconvocazione pure i senatori Lino Jannuzzi (Fi) e Luigi Compagna (Udc): “Siamo di fronte a una questione di par condicio”, dice Compagna. “E’ ingiusto che questa lista, formata da due partiti storici, debba raccogliere le firme sotto le candidature”. Il riformatore liberale Benedetto Della Vedova, radicale ma nella Cdl, non è parlamentare e quindi non è destinatario dell’appello di Teodori. Ma spera che il pasticcio si aggiusti: “Si sono già avuti segnali di un interessamento del governo alla questione”.