RADICALI ROMA

La Bibbia dei teo-dem

  Non è un tempo fa­cile quello che stanno vivendo i teo-dem, l’ultima formazione poli­tica di matrice cattolica nata sul successo dell’astensione al referendum sulla procrea­zione assistita del 2005. Si tratta di 25-30 parlamentari e amministratori locali di for­te ispirazione religiosa, che appartengono alla Margheri­ta ma che di fatto sembrano avere il cuore «altrove». C’è chi li considera le brigate che il cardinal Ruini avrebbe col­locato nel centro-sinistra per difendere i valori cattolici nel polo più «laico» della politica italiana; altri li ritengono un gruppo ibrido, per la velleità di fare un discorso progressi­sta sui temi cari ai teo-con americani. Sia da destra che da sinistra sono guardati con un mix di attenzione e di so­spetto, anche da parte di cat­tolici doc di lungo corso. Pro­prio due giorni fa, Rosy Bindi li ha accusati di aver usato l’arma dei Dico per affossare Prodi e il partito democrati­co, «per passare a maggio­ranze diverse».

 

 

 

Loro, i teo-dem, respingo­no le critiche e vanno per la loro strada. Che non è ancora ben definita, ma che ha alcu­ne stelle polari: anzitutto la forza di un’area cattolica di base che non ha adeguata rappresentanza politica, ma che costituisce una ricchezza del Paese; inoltre, aver indivi­duato nei temi della vita e del­la bioetica la nuova frontiera della questione sociale. Come credenti, hanno antenne ben sintonizzate con la gerarchia cattolica, ma nella ferma con­vinzione che spetti al laicato impegnato in politica tradur­re i grandi principi della dot­trina cristiana nelle scelte pratiche. Oggi hanno un nuovo manifesto del loro credo politi­co, nel volume Uposto dei catto­lici in uscita da Einaudi. L’ha scritto Luigi Bobba che, insie­me a Paola Binetti, Marco Calgaro ed Enzo Carra, è tra i pro­motori di questa nuova corren­te di impegno pubblico. Si trat­ta di un libro a un tempo auto­biografico e programmatico.

 

 

 

Bobba è un piemontese di Cigliano, che anche nel fisico da contadino mancato da l’im­pressione della concretezza della terra da cui proviene. Di lui colpisce lo sguardo buono e un pensiero che si sviluppa len­to ma incisivo. È del tutto evidente che la «modernità liqui­da» di cui parla nel libro per de­scrivere la società attuale è qualcosa che non gli appartie­ne, forse l’unico vezzo lettera­rio che si concede per non esse­re da meno nel dibattito pubbli­co. Bobba ha vissuto la sua giovinezza nei vivaci e controver­si anni Settanta, animando il foglio Acido solforico del suo li­ceo classico, organizzando ci­neforum, impegnandosi nel col­lettivo dei giovani democratici della zona. A 18 anni esce per la prima volta dai confini della sua parrocchia, attratto da due grandi comunità monastiche, prima Taizè e poi Bose, che gli aprono il cuore e lo spi­rito. Questa tensione lo spinge a un maggior impegno nelle Acli. Sarà questo il trampolino di lancio che lo porterà a Ro­ma, dove sarà chiamato nel tempo a ricoprire importanti incarichi, prima come segreta­rio di Gioventù aclista, in segui­to come Presidente delle Acli dal ’98 al 2006. Da responsabi­le di questa grande organizza­zione si è sempre speso per fa­vorire un maggior dialogo con la chiesa e per riscoprire la «di­stinzione cristiana». L’intento non è mai stato di alzare gli steccati, quanto di affermare un modo nuovo dei cattolici di stare in politica.

 

 

 

Siamo al cuore della sfida dei teo-dem. C’è in Italia una grande allergia al fatto che i cattolici si pronuncino in quan­to tali sui temi politici e sociali. Finita la De, c’è paura di vede­re riuniti i cattolici attorno a qualche obiettivo politico; e ciò soprattutto a sinistra, dove molti pensano di avere un’esclusiva. I teo-dem non ci stanno a lasciarsi confinare nell’angolo e lottano con forza contro due derive oggi preva­lenti. Anzitutto, contro l’idea che i temi della vita, della fami­glia e della scuola siano monopolio della destra e che possa­no essere trattati solo in una prospettiva di conservazione. I cattolici non sono necessaria­mente dei moderati. Già Paolo VI invitava i cristiani a essere degli scompaginatori della sta­gnazione, non dei condannati alla moderazione. Spetta ai cattolici far sentire alta la loro vo­ce per coniugare i diritti indivi­duali con le responsabilità so­ciali; e ciò mentre molta sini­stra sembra succube di posizio­ni radical-libertarie in fatto di etica e di costumi.

 

 

 

L’altra deriva contro cui i teo-dem combattono è la ridu­zione del cristianesimo a reli­gione civile. Con ciò essi non in­tendono chiudere la bocca agli atei devoti, che pur sostengo­no da posizioni laiche i valori religiosi. Ma prendere le di­stanze da quanti, nel richiama­re i valori della tradizione, fan­no della fede più una religione d’ordine che un principio di conversione. Per i teo-dem, dunque, il «posto dei cattolici» è farsi carico della questione antropologica nel dibattito pubblico, soprattutto nel cen­tro-sinistra in cui sono colloca­ti, ma anche nella destra sensi­bile a questi temi. Il richiamo alla distinzione non implica pe­rò il ritorno a un partito cristia­no. Non si rinuncia al dialogo, ma sui temi eticamente sensi­bili è bene mantenere ferme le posizioni. Sulle questioni vitali è anche possibile far emergere un bipolarismo etico che scom­pagini gli equilibri politici di sempre.

 

 

 

Ecco servito il manifesto dei teo-dem, che sembra co­munque più una carta dei valo­ri che un vero progetto politi­co. Come queste istanze possa­no essere difese e proposte in una società pluralistica, come passare dai principi alla con­creta mediazione politica, è un’altra pagina che deve anco­ra essere scritta.