RADICALI ROMA

La Commedia di Candido

Al Manzoni di Roma “ La Commedia di Candido”

di Lucio De Angelis

Il settecento è stato un secolo in cui la crisi dei valori, dei sistemi, delle tradizioni, fu totale.

Epoca inevitabilmente geniale, il settecento è stata la culla dei nostri sistemi politici.

Dobbiamo tutto a “tre padri dell’Europa moderna” Denis Diderot, Jean-Jacques Rousseau e Voltaire, che hanno posto le basi della politica. Le basi della morale. Le basi dell’estetica, della filosofia, della cultura nel senso più ampio del termine, essendo stati per l’appunto loro quelli che hanno promosso l’ideologia del progresso che tuttora spinge l’Occidente.

Dall’oscurantismo e dai dogmi alla nuova apertura di un orizzonte umano consapevole. Di tutta questa rivoluzionaria mutazione i tre filosofi sono stati i capostipiti. Se siamo come siamo, in parte è colpa loro. Oppure merito loro.

Le differenze tra i tre sono talmente nette e marcate che si spiega il perché di tutto quel proliferare di caricature che per decenni misero alla berlina le più famose “personalità” del settecento europeo. Voltaire è disegnato quasi sempre fra nuvole di cipria e circondato di cagnolini, Rousseau ringhia con ciglia nere e cipiglio torvo, mentre Diderot sbaciucchia graziose manine femminili a destra e manca. Tre personaggi incredibili. Tre nomi dalla fama colossale destinati ben presto a trasformarsi in altrettanti titoli di capitoli sui libri di scuola. Diderot. Rousseau. Voltaire.

Dietro l’abbagliante riflesso della loro importanza, ci sono gli però gli uomini spiati da Boswell in un suo libretto. Le loro manie, le loro inezie, le loro minuzie. O forse no: le loro esistenze, semplicemente.

Per Stefano Massini, autore de “La commedia di Candido”, in scena al Manzoni di Roma fino al 21 febbraio, la tentazione per trarne l’oggetto della pièce è stato subito irresistibile.
I mondi paralleli di Diderot, Rousseau e Voltaire avrebbero potuto animare una struttura in tre quadri simmetrici, ambientati nelle rispettive abitazioni. L’idea è stata invece quella di rappresentare con ironia graffiante, senza nessuna riverenza, il microcosmo dei tre celebri filosofi. Portare il pubblico dentro un gioco di continue comparazioni, impliciti confronti, in un catalogo di piccolezze quotidiane e comportamenti “privati”, possibilmente senza rendere le battute dei personaggi una versione in dialogo delle loro elucubrazioni filosofiche.

Immaginatevi una donna formidabile. Il suo nome è Augustine. Questa donnafa la serva ed è un terremoto di invenzioni, uno scrigno di trovate: ogni momento ne tira fuori una. Forse perché un tempo faceva l’attrice, sui palcoscenici più malfamati del 1700 parigino.

Ora, immaginatevi che questo portento di donna finisca dentro una storia mille volte più grande di lei. Più precisamente: immaginatevi che finisca in un triangolo impazzito fra quei tre signori di mezza età non proprio sconosciuti.

Perché il caso vuole che Voltaire stesse terrorizzando il mondo dalla sua villa di Ginevra, minacciando di dare alle stampe un certo libretto satirico – piuttosto cattivo – in cui in un colpo solo avrebbe messo alla berlina tutti i potenti del suo tempo, tutti i valori, tutti i suoi colleghi. Insomma: tutto quanto. Questo simpatico libretto si sarebbe chiamato “Candido”.

Immaginatevi un caos senza precedenti. Diderot teme per la propria Enciclopedia. Rousseau ha i brividi, perché sa che Voltaire lo odia da sempre. I sovrani di mezza Europa tremano all’idea di essere svergognati. I gesuiti si preparano alla censura immediata. Ed ognuno di loro si precipita alla controffensiva: ciascuno per sé e Dio per tutti. Ma comunque tutti contro Voltaire. E tutti contro il “Candido”. La nostra Augustine si trova impelagata in questo turbinio. Le toccherà un’avventura rocambolesca – sempre sul filo del rasoio – fra le fisime di Diderot, le sontuose colazioni di Voltaire e il tinello fatiscente di Rousseau. Un vortice di travestimenti. Una carambola di finzioni. Un gioco di teatro nel teatro che si moltiplica all’infinito. Immaginatevi infine uno spettacolo colorato. Coloratissimo. Un susseguirsi di scene incalzanti dove si rincorrono – fioretti e sciabole – duelli di battute spietate, senza un attimo di tregua. Ma in questa favola-avventura di pieno Settecento fra filosofi e parrucche c’è molto che ci riguarda da vicino: dalla libertà di pensiero al riscatto femminile, dalla lotta contro le guerre ingiuste fino all’integralismo religioso. D’altra parte sono questi i temi del “Candido”. E chi non è d’accordo, se la prenda con Voltaire.

Insomma: immaginate uno spettacolo divertente su temi molto seri. Una commedia dove grandi domande sono travestite da sberleffi. Perché “non c’è miglior modo di pensare che farlo ridendo”: anche questa frase la scrisse Voltaire.

Nelle sue note Massini dichiara: “ho scritto un testo che è un ironico, graffiante, imprevedibile omaggio alla più grande invenzione di Voltaire. Chi si aspetta di trovare una celebrazione del testo originale resterà deluso. Mi sono infatti divertito a ritrarre in forma teatrale la faccia più scanzonata e irriverente dell’Età dei Lumi. Intorno alle pagine del “Candido” ruota quindi una macchina teatrale rocambolesca, una vera e propria avventura mascalzona che al tempo stesso immortala e deride la stagione dell’Illuminismo. I fatti sono veri: basta leggere “Visita a Rousseau e Voltaire” di James Boswell per darmi atto che ho inventato fino a un certo punto. Immaginate che in un’Europa innamorata di Voltaire inizi a girar voce di un nuovo pericolosissimo libretto dove il grande filosofo metterebbe alla berlina colleghi, Stati, Chiesa, Eserciti.

Trapela che il libretto si intitolerà “Candido”: di certo si sa solo questo. Nei salotti non si sparla d’altro, nei circoli letterari c’è attesa e i pensatori di ogni dove tremano all’idea che Voltaire li svergogni. Ma anche le segreterie di Stato, le Ambasciate e il Clero si mobilitano terrorizzati da quel che potrà scatenare la penna del pensatore di Ginevra. E’ in questo clima spionistico che ho collocato il mio testo, tutto giocato su un libro che dette scandalo ancor prima di essere pubblicato (sotto falso nome). Insomma: il “Candido” nacque come un libro scomodo. Pruriginoso. E forse è per questo che lo trovo irresistibilmente simpatico.

Candido” fu pubblicato nel febbraio 1759. Fu immediatamente condannato da molti Stati europei e proibito da ordini ecclesiastici e dal Consiglio di Ginevra. Messo all’indice come libro pericoloso. Il 2 marzo 1759 ne fu ordinata l’immediata distruzione. Questo in realtà ne moltiplicò a dismisura il successo, tanto che arrivò a contare 13 edizioni nel solo anno 1759, consacrandosi come uno dei principali trionfi editoriali europei dal tempo dell’invenzione della stampa.

Voltaire per proteggersi dalle accuse non ne riconobbe a lungo la paternità, diffondendolo come “manoscritto del dottor Ralph tedesco”. Il suo avversario Jean-Jacques Rousseau si vantò per circa un decennio di non aver mai letto il libro né di avere intenzione di farlo. In realtà, da alcune lettere e rimandi, sappiamo che lo aveva letto e con attenzione. Oggi “Candido” è considerato uno dei capolavori più moderni dell’intera età dei Lumi, e al tempo stesso una caricatura di acutissima cattiveria su tutto il mondo sociale, politico e culturale del 1700”.

La sempre brava Ottavia Piccolo è l’eclettica Augustine, affiancata da un Vittorio Viviani in pieno stato di grazia che è sia Voltaire che Diderot.

Si replica fino al 21 febbraio

OTTAVIA PICCOLO

in

La Commedia di CANDIDO

di Stefano Massini

con VITTORIO VIVIANI

regia di

SERGIO FANTONI

Teatro Manzoni Roma

fino al 21 febbraio 2010