RADICALI ROMA

La corsa dei «neochierici»: tutti con la Cei, ma nessuno vuole ammetterlo

  Allora. Pierferdinando Casini afferma  che è contro i Dico «non per motivi religiosi», ma «per ragioni  ideali«. Gianfranco Fini, che nella scorsa legislatura aveva una posizione aperta sulle unioni di fatto, afferma che bisogna votare  contro, perchè così cade Prodi. Berlusconi, dopo un innaturale silenzio, interviene e si convince che  ha ragione Fini. Lascerà libertà di voto ai senatori, ma spiega che nessun senatore del centrodestra aiuterà Prodi. Casini, a sua volta, lancia una frecciata a Fini: si vota contro, ma non per tornaconto politico  e per far cadere Prodi, sempre  e solo per “ragioni ideali”.

 

 

 

  Ognuno è libero di dare la spiegazione  che vuole per le scelte politiche, ma se c’è una deduzione da  fare, è che anche nel centrodestra la confusione abbonda. Non è una gran consolazione per Prodi, che ha i suoi guai su Dico e dintorni, e non è nemmeno una grande novità politica, visto che ormai le opposizioni, come dice il leader dell’Udc, sono due. L ‘impressione  è che nel caso specifico dei Dico, soprattutto nel campo dell’opposizione, sembra venir fuori anche un eccesso di ipocrisia tutta italica, che contribuisce a rendere molto provinciale un dibattito  così importante. Il succo è questo: come denunciano anche molti cattolici c ‘e una corsa a fare i «neochierici», per sfruttare politicamente  le pressioni della Chiesa, solo che nessuno vuole ammetterlo.

 

 

 

 Il fenomeno è diffuso, ma plasticamente  visibile soprattutto nel centrodestra. Tutti sono contro il disegno di legge sulle unioni di fatto, peraltro firmato anche dalla  cattolica Bindi, ma non c’è un leader che  voglia ammettere nemmeno  lontanamente che in questa contrarietà ha un qualche peso la Chiesa. Pressioni del Vaticano, richiami  del Papa, religione? «Non c’entrano niente», affermano alcuni. «Quelli del Vaticano sono  giusti allarmi», ammettono altri «ma noi rispondiamo alle nostre coscienze». «Non sono contrario per motivi religiosi – spiega infatti Casini – quelli competono solo alla  mia coscienza, non voterò contro perchè me lo chiede la Chiesa,  io obbedisco a un dovere civile, non smarrisco il senso della laicità  in politica».  Eppure nell’opinione pubblica, sia cattolica che laica, è diffusa e maggioritaria la convinzione che la Cei e il Vaticano abbiano esercitato  una pressione esagerata e sproporzionata rispetto a un disegno  di legge che se andasse in porto  equiparerebbe il nostro agli altri  paesi europei occidentali. Ieri lo diceva un’altra associazione cattolica, ”Noi siamo Chiesa”: «Aumenta  il disagio tra tanti cattolici per la quotidiana pressione della gerarchia cattolica, che fa intravedere futuri scenari  di indebolimento  ed addirittura di disgregazione della famiglia come conseguenza della ipotizzata nuova legge; e contemporaneamente crescono le vivaci reazioni di un area dell’opinione  pubblica che è sospinta su posizioni anticlericali, le quali a loro volta si trasformano spesso in ostilità o diffidenza nei confronti  di un approccio religioso ai grandi  interrogativi di senso».

 

 

 

 Dev’essere un destino tutto italiano  quello degli eccessi. E non a caso  la grande assente, in questo dibattito, è proprio l’Europa. In Spagna il conservatore Aznar ha proposto  una legge più ardita di quella  elaborata dal governo italiano. Le unioni di fatto sono in Francia, Germania, Olanda e altri paesi. Anche lì ci sono i cattolici (in  Francia e Spagna sono la grandissima  maggioranza). Ci sono state battaglie molto trasversali, ma non risulta che i politici di fede cattolica  abbiano fatto barricate, nè che le abbiano fatte i vescovi. O lì i politici sono troppo laici, o lo sono  troppo poco da noi. Oppure, più semplicemente in Italia rende  politicamente più che altrove, schierarsi con la Chiesa. Un motivo ci sarà. Ma perchè non ammetterlo?