RADICALI ROMA

La politica ha volutamente ignorato le ragioni dei 67 fisici della Sapienza

Essere uno dei docenti della Sapienza che avevano chiesto al Ma­gnifico Rettore di organiz­zare l’apertura dell’anno accademico in modo diver­so da quello proposto mi ha obbligato, negli ultimi gior­ni, a lunghe riflessioni. Al­cune considerazioni posso­no aiutare a trarre da que­sta vicenda un insegnamen­to: voglio sintetizzarle qui, perché le sento ben inqua­drate dal fondo con cui Paolo Franchi apriva il nu­mero del 16 gennaio del Riformista.
 
L’atto fortemente nega­tivo e inaccettabile della ri­nuncia del Vaticano alla vi­sita alla Sapienza è nato da due fatti reali: una lettera interna  in   cui  una  parte tangibile di un gruppo “disciplinare” di docenti, i “fi­sici”, chiedeva di non inaugurare  l’anno  accademico con il discorso di una su­prema   autorità  religiosa (ma che, natural­mente, la riteneva ospite rispettato dal momento in cui l’invito   era stato inviato), e una protesta con caratteri di forte  irriveren­za (ma in nes­sun momento, mi sembra, di violenza) di un piccolo gruppo di studenti.
 
A me non sembra che una possibile insipienza po­litica dei fisici sia la consta­tazione più importante da dedurre da quel che è suc­cesso, anche se personal­mente, tanto per essere chiari, la ritengo possibile. In modo elegante Lucia Annunziata notava che avremmo potuto ben perce­pire che la parola “incon­grua” avrebbe creato scal­pore. In modo molto più di­retto e molto meno condivi­sibile Massimo Cacciari, no­stro collega accademico do­tato di un vocabolario ovviamente preso m prestito da altri lidi, ci accusa di “cretinismo politico” (e ca­pisce tanto poco del modo di pensare di un gruppo di scienziati di valore che dice di avere la sensazione che noi volessimo “spostare vo­ti a sinistra”: questa è ovvia­mente una considerazione assurda, e l’averla pronun­ciata denuncia un’ignoran­za completa del nostro mondo).
 
Una chiave di lettura generale, invece, che sor­passa di gran lunga la vi­cenda specifica e ha riferi­menti alla drammaticità di quel che sta succedendo in Italia, mi sembra sia conte­nuta soprattutto nell’atteg­giamento che la politica ha assunto verso i “67 fisici”. L’attacco è stato durissimo, e assolutamente sprezzan­te. Non si è mai distinto, per esempio, fra l’espressione di un dissenso acca­demico moderato e rispet­toso, e manifestazioni stu­dentesche che sono tutto un altro fenomeno. I 67 hanno sempre dichiarato di essere assolutamente con­tro ogni violenza, anche verbale, e contro ogni disturbo, ogni prevaricazione, ogni manifestazione che non fosse pienamente legit­tima e tollerante: ma tutto questo è stato sempre e del tutto ignorato. Sembra che la politica, individuando (probabilmente giustamen­te) una situazione difficile e pericolosa, abbia deciso che fosse necessario inter­venire sull’immediato: que­sto si chiama in inglese “damage control”, e ha previ­sto in questo caso il massa­cro mediatico dei 67, fra i quali molti scienziati di prestigio enorme.
 
Questa mi sembra la chiave di lettura forte: la politica italiana non è riu­scita a mettersi in rapporto con una parte di eccellenza del paese. Era una parte che nel caso specifico forse sbagliava, ma certamente esprimendo in tutta one­stà una visione del mon­do.  Questo  fenomeno  è molto diffuso, ed è alla ra­dice di molti dei problemi del paese. È ovvio, inevita­bile e appropriato che la politica debba risolvere i problemi dei prossimi quindici giorni. È grave  invece se la visione di medio o lungo termine viene persa: questa mi sembra, purtroppo, la situazione oggi in Italia. Il disa­stro è già con noi, ha le sue basi anche nella dele­gittimazione di vari settori della “classe dirigente” (fra questi annovero i fisici ma anche i magistrati, per mol­ti dei quali, indipendente­mente  dal  valore  dell’in­chiesta in questione, deve esser ben triste assistere a certi pomeriggi di applausi entusiasti in cui il nostro Parlamento  decide   di  in­dulgere). Un paese che non riesce   a  utilizzare  le   sue competenze è un paese che non ha speranze di tenere il  passo  con  il  resto  del mondo.
 
Un primo esempio: i re­centi casi di intercettazioni telefoniche, complessi cer­to, con tante questioni di attendibilità, mostrano però in modo inequivocabi­le che, in modo diffuso nel paese, i medici che dirigono la nostra sanità vengono scelti perché amici, cugini, sodali («ma non lo teniamo un neurochirurgo no­stro?»). Mai perché bravi e competenti, mai perché i migliori. Eppure un medico bravo ti guarisce e un medi­co incompetente ti ammaz­za: è una questione, sul se­rio, di vita o di morte. Ma per molti politici questo problema non c’è, e di fronte all’ennesima esposizio­ne di un costume non solo incivile ma sostanzial­mente criminale si sceglie di applau­dire l’invettiva contro chi questa situazione devastata e de­vastante ci presenta. L’e­sempio mi sembra vicino a quello dei “fisici” perché di nuovo i medici sono, sanno e possono essere “grandi scienziati”, che migliorano il percorso dell’umanità e salvano le nostre vite. Ma in parte d’Italia il medico di grande valore non ha spa­zio e non può avere voce: il capo, scelto dai politici, è il sodale, e lui sceglierà i suoi sottoposti con gli stessi criteri. «Ma non lo teniamo un pediatra nostro?», e muoia il bambino, gettato via con tutta l’acqua calda. Se la “democrazia minima” de­scritta da Diamanti è certa­mente un problema per il paese, cos’è questa se non una “democrazia infinitesi­male”, in cui pochissimi de­tengono il potere di scelte che esercitano in modo de­vastante? Una democrazia tanto piccola da poter esse­re vista solo come il risulta­to di un processo di limite, tanto lontano da non avere, di democratico, quasi più nulla?
 
Conviene poi tornare al problema della tecnologia. L’approccio del nostro pae­se al problema energetico è il figlio malato della stessa impostazione, ed è devasta­to dal fatto che non si riesce a riconoscere settori di per­sone con competenze speci­fiche che siano ascoltate e riconosciute. Se si guardano i nomi dei 67 si trovano vi­sioni diverse rispetto al pro­blema dell’energia nuclea­re, ma si trovano certamen­te enormi competenze e ri­gore. Eppure la politica non riesce a congiurare con i 67, così come con i medici ec­cellenti, per dare al paese modo di crescere: sceglie in­vece la demagogia. Oggi il problema dell’energia si sta ponendo in tutto il mondo, e l’Europa sta cambiando alcune delle sue scelte. An­che in Italia il governo si muove: di nascosto, però (e questo, nell’avvitamento che sto cercando di descri­vere, è anche necessario, o non si riuscirebbe a fare nemmeno un passetto), con piccoli atti che avranno il merito, forse, di non lasciar­ci proprio nei guai. Però questo modo di procedere non ci consentirà mai di es­sere innovatori, leader, ri­cercatori di avan­guardia: questo non può essere fatto senza dibat­tito pubblico, sen­za sinergie oneste fra politica, indu­strie, ricerca, e senza una politica che serva a fare crescere e non a difendere una prassi disastrosa.
 
L’ultimo esempio, dav­vero drammatico, è quello dei rifiuti. Non devo dire molto per mostrare che sia­mo nella stessa categoria. Demagogia facile, in cui la gerarchia cattolica ha avuto responsabilità stranamente (ma non troppo) vicine a quelle di un ecologismo davvero d’accatto, compe­tenze tradite, denari distri­buiti con enorme abbon­danza senza alcuna ricadu­ta vera. E qui il dramma è tanto forte che l’incapacità a risolverlo diventa insoste­nibile. Di nuovo, insomma, la politica non è riuscita, nel caso dei rifiuti, a finaliz­zare un progetto globale e a mettere in atto i mezzi che consentano di realizzare questo progetto. Di nuovo, si tratta di una questione vi­tale in cui è necessaria la si­nergia fra conoscenze tecnologiche avanzate e coinvolgimento dei cittadini in un progetto credibile. Ov­viame
nte, di nuovo, in Italia stiamo registrando un falli­mento epocale.
 
Non so legare queste considerazioni a proposte concrete per cambiare: so però che le parole di Fran­chi sulla laicità mi hanno portato sin qui, e ho la net­ta impressione che questo corto circuito non sia stato casuale.   

NOTE

Professore di Fisica Teorica all’Università di Roma “La Sapienza”