RADICALI ROMA

La relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziaria del Comune di Roma per gli esercizi 2004-2007, con proiezioni all'esercizio 2008

Anche alla luce della relazione della Corte dei conti recentemente pubblicata, e usata per fini così esplicitamente ed esclusivamente di polemica politica in questi settimane, ci appare necessario porre delle domande sulla complessa e grave vicenda del debito del comune di Roma.

EFFICIENTAMENTO ORGANIZZATIVO

Innanzitutto la relazione della sezione di controllo della Corte dei conti indica quali siano le aree di intervento dell’organizzazione interna in termini di metodo, di ordine, di trasparenza ma anche di merito, attinenti le capacità di costruzione degli equilibri di bilancio, per un’amministrazione che si trovi in una situazione di simili criticità :

– per quanto riguarda la gestione di cassa, la Sezione ha ritenuto che sarebbe quanto mai utile l’elaborazione di una specifica disciplina “sui conti degli agenti contabili interni” alla luce delle prescrizioni contenute in materia dal TUEL (art. 233) [p.341];

– in termini di prevenzione, appare inadeguata la “funzionalità del sistema dei controlli interni” [p.342] che implica un adeguamento e un potenziamento degli uffici della Ragioneria Generale, in termini di risorse umane e strumentali; altrettanto vale per l’Organo di Revisione economico-finanziaria (al 31/12/2006 il controllo interno non era ancora attivato e ne era annunciato per il 2007 un avvio “sperimentale” – E’ ancora così oggi??);

– appare indispensabile che la valutazione delle capacità manageriali del corpo dirigenziale (interno ed esterno) tenga in considerazione i risultati dell’attività di controllo di gestione che deve quindi avere frequenza sufficiente a garantire la possibilità di valutazione e intervento tempestivo;

– si ritiene necessario, in considerazione di quanto previsto dal d. lgs. 27 ottobre 2009, n.150, – recante norme sulla ”Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15 in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza nelle pubbliche amministrazioni” – che il Comune di Roma sperimenti un nuovo modello del sistema dei controlli interni presso le strutture aziendali dallo stesso partecipate o/e controllate; la Sezione ritiene altresì opportuno che venga introdotto un più efficace sistema di governo (governance), nei riguardi del complessivo sistema delle aziende e/o delle società controllate nonché di quelle istituzioni che, nell’ottica dei più recenti orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia europea, dovrebbero essere assoggettate da parte del Comune al c.d. “controllo analogo”.

In particolare la Sezione ritiene indispensabile:

a) che il complesso delle regole sinora posto in essere ai fini di una effettiva “governance” della rete delle società/organismi/enti sia sottoposto ad attento monitoraggio da parte della struttura amministrativa cui tale missione è stata conferita;

b) che venga migliorato, potenziando il Dipartimento XV, il circuito informativo tra il livello di governo dell’Ente (Segretario Generale / Direttore Generale / Ragioneria Generale) e la rete degli organismi, ai quali risulta esternalizzata la gestione dei servizi locali, al fine di assumere tempestive decisioni di copertura di spese determinate da eventi/situazioni imprevedibili, molti dei quali riferibili al ruolo di Capitale d’Italia cui l’Ente non può non assolvere;

c) che si pervenga in tempi rapidi alla redazione di un bilancio consolidato del “Gruppo Comune di Roma”;

d) che si effettui un costante monitoraggio degli incarichi di consulenza a soggetti o enti/società esterni, evitando il ricorso a tale forma di acquisizione dei servizi quando le competenze siano rinvenibili all’interno dello stesso committente.

Questi punti, qualora perseguiti nella direzione indicata nella relazione, segnerebbero una inversione di marcia rispetto alle condotte registrate nei precedenti cicli di gestione.

Chiediamo pertanto  se sia agito, si stia agendo, si intenda agire in questa direzione.

LA GESTIONE CONTABILE STRAORDINARIA

Sullo speciale regime di contabilità a due vie – “gestione straordinaria” e “gestione corrente” – che caratterizza da due anni il comune di Roma, alcune domanda si potevano già porre,  e le abbiamo poste, in riferimento alle norme specifiche emanate dal governo negli ultimi due anni:

E’ stata messa in atto l’attività di monitoraggio e di controllo sull’attuazione del piano di rientro, espressamente prescritta dall’art. 6 comma 1 del DPCM 5 dicembre 2008, che prevede la comunicazione trimestrale da parte dell’autorità commissariale dei flussi di cassa, degli incassi e dei pagamenti al Ministero dell’Interno e dell’Economia? In caso affermativo, cosa risulta  da tali relazioni sia stato messo in opera rispetto a quanto previsto nel piano di rientro?

Ancora sull’attuazione del piano di rientro:

Con che prioprità e in che misura sono state coperte le posizioni debitorie verso le imprese indicate nel piano di rientro come “prestazioni rese e non pagate” sia per la parte corrente che per la parte capitale, rilevando come, secondo stime recenti della CGIA di Mestre, il debito del comune nei confronti di imprese varie ammonterebbe a oltre 3 mld di debito?

Con che priorità, con quali risorse e in che misura si è provveduto al ripiano del disavanzo delle risorse vincolate verso la BDP e, particolare, verso la BEI?

Quale è lo stato attuale degli investimenti di mobilità pubblica a fronte dei quali tali finanziamenti sono stati erogati?

Si è proceduto ai lavori di aggiornamento e revisione, in corso dall’anno 1994, della banca dati dei crediti derivanti dal settore pubblicità (imposta pubblicità, canoni di locazione e TOSAP), quali azioni sono state predisposte per il loro recupero e in che misura tali crediti sono stati riscossi?

Altre domande, di carattere più generale, ce le offrono le valutazioni della Corte su cosa stia producendo il modo di procedere scelto dal governo e dal Parlamento, con gli interventi normativi e successivi emendamenti che si sono susseguiti dall’estate 2008 (dall’art. 78 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 118, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) ad oggi, nell’intento di affrontare la grave situazione debitoria del Comune di Roma.

La Corte riconosce che l’insieme di tali provvedimenti, cha hanno definito un sistema normativo assolutamente sui generis, “in deroga” e fortemente innovativo rispetto alla sperimentata e consolidata normativa del TUEL, aveva nell’intento di chi li ha concepiti (il governo in accordo con il sindaco Alemanno che, non va dimenicato, è stato commissario straordinario di governo per la la ricognizione e per la stesura del piano di rientro e per l’attuazione dellos tesso) le seguenti finalità:

– esigenza di trasparenza, data la complessa, e di non facile lettura, situazione debitoria dell’ente, anche alla luce della diffidenza per l’operato della giunta uscente;

– costruzione di una “rete protettiva” a tutela dei cittadini/azionisti, una rete che avrebbe isolato gli effetti delle gestioni precedenti ripetto agli equilibri ne medio-lungo periodo;

– l’avvio della liquidazione prioritariamente dei crediti per i quali esiste un titolo esecutivo nei confronti del comune prevedendo per esempio la liquidazione in tempi brevi, in misura non superiore al 90% del credito accertato, con esclusione di interessi e rivalutazione.

Rispetto a questi tre obbiettivi, il provvedimento del Governo può definirsi sostanzialmente insoddisfacente e la gestione straodinaria 2008-2010 in capo al commissario Alemanno inottemperante?

Su ciò anche la Corte sospende il giudizio:

“La Sezione, non essendo ancora in possesso di elementi informativi sufficienti al riguardo, non ha potuto effettuare particolari approfondimenti sugli effetti che tale disciplina ha prodotto sulla gestione ordinaria del Comune di Roma. Dalla lettura dei successivi interventi legislativi, la Sezione ha però potuto constatare che la speciale normativa, pur annunciando misure idonee a garantire il sollecito rientro dall’indebitamento pregresso, rischia di dimostrarsi assolutamente inadeguata alle esigenze poste alla base dell’intera operazione, il cui successo dipende unicamente dalla tempestiva attuazione del meccanismo previsto dalla stessa normativa, che dovrebbe poter consentire al Commissario Straordinario – quale organo di Governo – di procedere, tramite Cassa Depositi e Prestiti o altro Istituto di primaria importanza, all’attualizzazione del flusso di trasferimenti dallo Stato, previsti dal comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge 7 ottobre 2008 n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.

Nella sostanza, in considerazione dell’oggettiva impossibilità da parte del Comune di Roma di poter legittimamente imbastire un’operazione di finanziamento senza incorrere nel divieto previsto dall’art. 119 Cost., il subentro dello Stato, per il tramite di un Commissario Straordinario – quale organo di Governo – nella gestione del ripiano del debito pregresso del Comune di Roma consentirebbe di assumere una specifica funzione di garanzia, sottraendo alla disponibilità del Comune medesimo le entrate derivanti dallo “status” di Roma Capitale per un ammontare annuo di 500 milioni di euro per il tempo necessario alla completa attuazione del piano di rientro.

L’ulteriore dilatazione dei tempi di attuazione della speciale disciplina prevista per il ripiano del debito pregresso del Comune di Roma determinerebbe inevitabili ripercussioni sulla “gestione ordinaria” che, di fatto, si è vista costretta ad anticipare cassa alla “gestione commissariale” per procedere ad alcuni pagamenti imprescindibili, al fine di evitare l’interruzione di alcuni pubblici servizi, in tal modo continuando a peggiorare la propria liquidità e neutralizzando, di fatto, lo spirito di “soccorso” contenuto nel dettato normativo sopra commentato”.

IL COMMISSARIAMENTO DEL DEBITO

Sulla tempistica della relazione della Corte e della non-trasparenza della gestione commissariale di Alemanno:

Perché Alemanno che è stato commissario straordinario di governo alla ricognizione del debito, alla stesura e attuazione del piano di rientro, per due anni e fino ad appena un mese fa, ha omesso di mettere in luce e di portare a conoscenza della cittadinanza gli aspetti di criticità che emergono dalla relazione della Corte?

Troppi sono i rilievi sulla gestione di questi ultimi 7 anni per non provocare la domanda : perché molte delle osservazioni di grande portata critica, non sono emerse prima?

Molti sono infatti i punti critici che sarebbero dovuti entrare addirittura nell’ immaginario mediatico sol che, per esempio, fosse emerso, con minima tempestività, l’ormai cinquantennale questione del debito del Comune verso le proprietà private dei terreni espropriati in occasione delle olimpiadi del 1960 .

I DERIVATI INSABBIATI

Sull’utilizzo di strumenti di finanza “derivata” e le caratteristiche di questi (che oggi conosciamo grazie alla relazione) l’amministrazione non ha mai risposto a richieste di accesso agli atti formalmente avanzate; come valuta tali contratti derivati il sindaco e cosa intende fare a riguardo?

Riportiamo di seguito le conclusioni della sezione di controllo della Corte dei Conti sui contratti derivati stipulati dal Comune di Roma a partire dal luglio 2002 (e successive ricontratualizzazioni) fino al novembre 2007.

– Le operazioni in essere al momento sono 9 (5 sui mutui e 4 sulle obbligazioni City of Rome), nel rispetto del requisito di tipologia (interest rate swap di tipo plain vanilla) previsto dalla normativa.

Si tratta dunque di contratti in cui viene concordato con la banca uno scambio del tasso di interesse: la banca, cioè, pagherà il tasso di interesse originario sul mutuo al posto dell’Ente mentre l’Ente pagherà alla banca un tasso di interesse “derivato” ovvero collegato a una variabile diversa e spesso opposta a quella dell’originario, a seconda delle oscillazioni di tale variabile di norma identificabile nel tasso Euribor.

– La finanziaria 2007 specifica quali vincoli di FINALITA’ di tali contratti (già esclusa la finalità speculativa dalla finanziaria 2002) l’obiettivo di riduzione del costo finale del debito (funzione “economica”del derivato, da valutare in base alle informazioni disponibili al momento della stipula, non ex post in base ai risulati effettivi) e/o l’obiettivo di riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato (funzione “assicurativa” del derivato).

Poichè i due obiettivi sono teoricamente contrapposti (la funzione assicurativa può essere onerosa e dunque opposta alla riduzione del costo), si intende che l’Ente debba mirare a perseguire un ottimale rapporto tra costo e rischio, a seconda dell’obbiettivo che decide di privilegiare al momento della stipula.

La stessa finanziaria introduce anche il CRITERIO DELLA PROBABILITA’ nella valutazione di convenienza dei derivati.

– E’ facoltà del commissario straordinario ex art. 2 DPCM 2008 rinegoziare i debiti e iderivati connessi. Ma il Comune fa sapere che la scarsa operatività commissariale in qeusto senso è dovuta alla inadeguatezza delle risorse finanziarie in termini di disponibilità di cassa, che non permette di procedere alla ridefiniziaone o chiusura dei contratti.

– Il debito originario si componeva per il 91% di mutui a tasso fisso (vs CDP) e 9% di mutui a tasso variabile. A fine 2007, il debito sintetico (cioè con derivati) si riconfigurava come per il 55% a tasso fisso diverso dal quello originario e il 45% a tassi variabili (diversi tassi diversamente variabili).

Il Comune pare avere privilegiato l’obiettivo di minor costo finale rispetto alla minore esposizione al rischio (legittimo, gli obiettivi sono infatti antinomici). Ma occorre valutare se le scelte siano state operate con dovuto criterio di probabilità e dovuta prudenza.

– l’Ente deve mettersi in condizioni di poter fare una corretta valutazione del prezzo, facendo ricorso a un consulente che non sia la banca stessa: non risulta che il Comune abbia adottato questa precauzione.

– occorre che l’Ente disponga di una rappresentazione corretta dei benefici e dei rischi dell’operazione, perchè il rischio sia ragionevole e bilanciato tra le parti (qualora non lo fosse, vanno previsti corrispettivi compensativi tipo upfront): in diversi derivati del Comune di Roma questa condizione non pare verificata e i corrispettivi non bilanciano i rischi.

– nella scelta delle controparti (banche) dovrebbe essere buona norma di un Ente effettuare uan valutazione comparativa tra diverse proposte e evitare di concentrarsi su un solo intermediario: nel Comune di Roma il 45% dei contratti derivati invece sono in capo a UBS (forte concentrazione)

– il margine a favore dell’intermediario, se la procedura di scelta dell’intermediario è stata corretta, dovrebbe essere in linea con i margini di mercato. Nel caso del Comune di Roma, date le dimensioni e il rpestigio, ci si aspetterebbe inoltre che le banche accettassero margini ridotti: nel rinnovo del 2004 verso UBS, che esponeva il Comune alla certezza di un maggiore esborso (il rischio quindi era molto sbilanciato in sfavore del comune) ci si aspettava il pagamento di un upfront elevato: dato che questo non è avvenuto, “probabilmente si è in presenza di corresponsione di commissioni implicite”

– occorre verificare che L’Ente abbia messo in atto sistemi di contabilità e di controllo atti ad evitare lo spostamento verso gli esercizi futuri dei flussi di cassa negativi, favorendo i primi anni e aggirando certi vincoli di bilancio

Nel complesso il comune di Roma ha osservato i requisiti formali e gli obblighi di comunicazione al MEF, ma diversi esempi (derivati del 2004 e  del 2007) dimostrano: 1. l’assenza di una adeguata valutazione dei rischi di evoluzione degli scenari di tasso di interesse e l’assenza di equilibrio nelle prestazioni corrispettive, 2. il pagamento di commissioni implicite, 3. lo spostamento di oneri su esercizi più lontani.

Non era difficile prevedere già al momento della stipula, come si è visto dall’analisi dei diversi derivati, che certe operazioni avrebbero dato origine a flussi finanziari netti a sfavore del Comune.

Vi è stao inoltre un eccessivo affidamento sulle infromazioni degli intermediari: ha pesato l’assenza di un advisor in posizione di terzietà, laddove si è riscontrata d’altro canto una eccessiva concentrazione su un solo intermediario: USB Ltd.

– Recentemente la sezione Lombardia della Corte ha rilevato che oltre a controllare il rispetto delle condizioni normative, il controllo deve verificare che le operazioni soddisfino i criteri di economicità, efficacia e efficienza nell’utilizzo di fondi pubblici.

In base a questi criteri non sembra potersi dare un giudizio di piena rispondenza a una sana e prudente gestione finanziaria. Non pare pertanto che la finanza derivata posta in atto dal comune di Roma abbia rispettato gli obbiettivi, fissati dalla legge, di riduzione del costo finale del debito e riduzione dell’esposizione ai rischi di mercato.

Perchè il sindaco Alemanno nelle funzioni di commissario non ha impugnato questi contratti per l’annullamento, denunciando le irregolarità che emergono nella negoziazione tra le passate amministrazioni e le banche?