Gli embrioni clonati riescono a riprogrammare se stessi con successo per assomigliare a embrioni fertilizzati naturalmente. Lo rivela una ricerca pubblicata sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences“.
Sin dalla nascita della pecora Dolly, nel 1997, gli scienziati hanno provato a clonare molte specie di animali utilizzando nuclei di cellule adulte, una tecnica chiamata trasferimento nucleare di cellule somatiche, ma ottenendo spesso risultati insoddisfacenti. Per spiegare l’inefficienza della tecnica, era stato ipotizzato che il nucleo adulto della cellula non venisse completamente riprogrammato fino a tornare al suo stato embrionale. Ora Xiangzhong Yang dell’Università del Connecticut e colleghi hanno però dimostrato che non è così.
I ricercatori hanno confrontato i profili dell’espressione genica di embrioni di mucca creati mediante trasferimento nucleare (NT), inseminazione artificiale (AI) o fertilizzazione in vitro (IVF). Una settimana dopo la clonazione, i profili degli embrioni NT risultavano drasticamente differenti di quelli delle loro cellule donatrici e assomigliavano a quelli degli embrioni AI, persino più di quanto non facessero gli embrioni IVF. Le differenze trovate (in meno dell’un per cento degli oltre 5000 geni analizzati) erano circa le stesse che si presentano fra embrioni AI non imparentati geneticamente.
La scoperta dimostra che gli embrioni clonati sono soggetti a una riprogrammazione nucleare significativa dopo il trasferimento nucleare, e che i problemi associati con la clonazione potrebbero verificarsi durante il successivo sviluppo embrionale.
Sadie L. Smith, Robin E. Everts, X. Cindy Tian, Fuliang Du, Li-Ying Sung, Sandra L. Rodriguez-Zas, Byeong-Seon Jeong, Jean-Paul Renard, Harris A. Lewin, Xiangzhong Yang, “Global gene expression profiles reveal significant nuclear reprogramming by the blastocyst stage after cloning“. Proceedings of the National Academy of Sciences (2005).
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