RADICALI ROMA

La Rosa nel pugno la chiama “legge Biagi” e per di più la difende

Per il centrosinistra che crede nella prospettiva della responsabilità di governo, è tempo di fare i conti con la legge Biagi. Per un parte della coalizione unionista l’obiettivo è quello di sfilare dalle mani del governo la legge Biagi con i suoi ottimi frutti e portarla a casa.“E mi sembra anche cosa buona e giusta”, dice Salvatore Buglio, deputato uscente dei Ds e candidato rosapugnone. “Biagi è stato candidato con i socialisti dello Sdi contro Giorgio Guazzaloca, ma non importa, qui non si fa questione di appartenenze politiche: piuttosto si riconosce che, ed era già ovvio tre anni fa, la legge funziona. Questi si accorgono soltanto adesso, dopo che ha superato la prova sul campo, di quanto i giudizi sulla legge del 2003 fossero immotivatamente drastici e la diffidenza ingiustificata. Ma figurarsi, a Biagi, ammazzato dalle Br, gli hanno perdonato a denti stretti di aver lavorato con il governo Berlusconi”. Poco più di tre settimane al voto. E il processo di appropriazione da parte della componente più liberale dell’Unione è partito con il convegno organizzato ieri dalla Rosa nel pugno, con Francesco Giavazzi, Tito Boeri, Enrico Cisnetto, Enzo Mattina, Marco Pannella, Enrico Boselli, Emma Bonino e anche Buglio, su Marco Biagi – domani ricorre il quarto anniversario della morte del professore – e sul Libro bianco. Lo stesso spirito di Buglio si intercetta nei capannelli di ragazzi che non riescono a entrare – la sala è affollata – “non fosse per la legge del 2003, toccherebbero i soliti lavori a prospettiva zero, dietro il bancone del bar”. 

Il segretario dei radicali, Daniele Capezzone, spiega che l’obiettivo è fare chiarezza su quella bruttissima espressione contenuta dal programma dell’Unione, “superare la legge Biagi”. “Se vuol dire che dev’essere accantonata o eliminata, allora no, non ci stiamo. Ma se vuol dire, come intendiamo noi, che la legge Biagi del 2003 è soltanto la prima parte di una riforma più grande, un’anticipazione di quello che lui aveva pensato, allora sì”. E’ un riconoscimento implicito del buon lavoro fatto dal centrodestra? “Cancellare quanto fatto finora sarebbe un grosso errore. Anche in Spagna il capo del governo José Luis Zapatero non ha mai pensato di ritornare su quanto fatto dal suo predecessore di destra, José Maria Aznar, in economia. E’ naturale che da noi il centrodestra abbia applicato la legge al blocco sociale degli altri. Noi vorremmo che fosse allargata anche agli altri settori, e non puntata soltanto sui lavoratori. Ci vuole maggiore flessibilità nei servizi e negli ordini professionali”. 

Per questo l’apertura è stata affidata, in collegamento da Milano, a Francesco Giavazzi, estensore di quella riverita agenda liberale in cinque punti che ispira anche la Rosa nel pugno .“Ci vuole una terapia d’urto, mi è piaciuto Romano Prodi – concede il professore – quando ha usato proprio queste parole. Il sistema non ha bisogno di troppa concertazione, ma di uno choc salutare. La rana muore, se la mettete in una pentola d’acqua posta lentamente a scaldarsi. Ma se la gettate nell’acqua già bollente, schizza via con un salto e si salva”. Giavazzi ha spiegato che tipo di liberalizzazioni ha in mente. “E’ inutile investire tanto denaro nell’alta velocità, se poi scendo dal treno e alla stazione mi tocca aspettare un’ora per il taxi. Prima allora – è soltanto un esempio – sono da liberalizzare i taxi. Il compito dello stato non è elargire altro denaro – può mettere un milione di euro in Alitalia, e il giorno dopo non c’è già più – ma di dare nuove regole”. 

Tito Boeri, professore di economia alla Bocconi, e animatore del sito di economisti progressisti La voce.info, ha trattato il tema degli ammortizzatori sociali, da ripensare radicalmente. Se entrare e uscire dal lavoro fosse più facile di quanto è ora – questo è il suggerimento emerso dal convegno per chi chiede eccessiva tutela – il numero dei senzalavoro sarebbe inferiore e meno minaccioso per le casse dello stato. “Certo – dice ancora Buglio – gli ammortizzatori in vigore sono relitti del passato: prepensionamento, mobilità lunga. Bisogna capire come è cambiato il mondo del lavoro. E’ un fenomeno europeo. E come in Francia, dove gli studenti combattono la loro battaglia reazionaria ed egoistica contro il contratto di primo impiego. Altro che nuovo ’68! Questi non hanno capito nulla. Sono attaccati a concetti ammuffiti, il posto fisso per tutta la vita. Non è mica un caso che nelle banlieues, dove ci vuole poco a infiammare i giovani, nessuno sta prendendo parte alla protesta”.