La “Rosa nel pugno” è solo un espediente elettorale di Pannella e Boselli o il nucleo politico per la costituzione di un partito liberalsocialista? Non mi sfugge il fatto che il futuro sarà condizionato dall’oggi, cioè dal successo elettorale delle liste della “Rosa” che io mi auguro ci sia. Tuttavia un progetto ambizioso, come la costruzione di un partito, che abbia consistenza e ruolo nel panorama politico italiano, deve fondarsi su basi politico-culturali forti che rispondano a esigenze e interessi generali. Nel caso di cui parliamo, trattandosi di una forza che si colloca a sinistra, occorre verificare, in rapporto alla presenza di altri partiti, pensiamo soprattutto ai Ds, quale ruolo vuole esercitare la “Rosa” in quell’area.
A questo proposito comincio il mio ragionamento ricordando che la crisi esistenziale del Psi, consumatasi nei primi anni Novanta, ha condizionato negativamente l’evoluzione della sinistra ex comunista e la stessa vicenda politica italiana dell’ultimo decennio. La caduta del muro di Berlino e il crollo del socialismo reale, in Italia, non furono colti come occasione per avviare un processo di unificazione della sinistra sul terreno del socialismo democratico che aveva vinto la storica competizione con il comunismo. Craxi, nel 1989, anziché sfidare su questo terreno il Pci di Occhetto, preferì continuare la vecchia politica governativa accompagnando la Dc sino al disastro conclusivo di Tangentopoli. Occhetto, in quell’anno, fece la svolta della Bolognina senza indicare approdi, galleggiando, diffidando della socialdemocrazia europea e incoraggiando la campagna distruttiva del Psi di Craxi. Un disastro. La diaspora socialista, infatti, non ha certo rafforzato i Ds, li ha, anzi, indeboliti politicamente ed elettoralmente. Il Psi, nel lungo e duro duello col Pci, aveva esercitato un ruolo importante nel processo evolutivo del partito, da Togliatti a Berlinguer, e costituiva una sponda per la componente riformista di quel partito. Il suo dissolvimento infatti coincide con la crisi di quella componente. E coincide con il fallimento del tentativo fatto dai riformisti del Pci insieme a un folto gruppo di socialisti, all’inizio degli anni Novanta, col ”Movimento per la sinistra di governo”, di avviare un processo di unificazione a sinistra su basi socialdemocratiche. Cosa è avvenuto dopo è abbastanza noto: i tentativi abortiti del Pds di convogliare nelle sue file la cosiddetta sinistra sommersa, il fallimento della Cosa 2 che inglobò nei Ds (senza più la P) un gruppo di socialisti, l’approdo nell’Ulivo, e le oscillazioni del partito di D’Alema e Fassino tra il socialismo democratico e l’ulivismo sino al progetto prodiano del partito democratico.
Non credo che questi transiti e gli approdi progettati aiutino la sinistra a qualificarsi come forza coerentemente riformista, liberalsocialista, laica e garantista, sulla scia che ha caratterizzato il revisionismo socialdemocratico europeo, da Blair a Zapatero. Temo che il cosiddetto partito democratico con l’ambizione di essere una sintesi di ciò che oggi è il centrosinistra sarà invece, ancora una volta, un soggetto senza un profilo politico netto, cioè né carne né pesce. A questo punto del mio ragionamento debbo ricordare il ruolo che il partito radicale ha esercitato nell’ambito della sinistra italiana. Giustamente gli attuali dirigenti dello Sdi ricordano i momenti in cui i socialisti condussero con i radicali battaglie civili comuni: il divorzio con Loris Fortuna, l’aborto, le liste comuni al Senato nel 1987. Ricordano cioè i momenti in cui l’anima laica, libertaria e garantista del Psi è emersa rispetto a momenti in cui prevaleva invece il rapporto, costi quel che costi, con la Dc. Ma i radicali sono stati anche una spina e un riferimento per il Pci, da Togliatti a Berlinguer, con momenti di aspra conflittualità ma anche attraverso un confronto soprattutto sul terreno dei diritti individuali e civili che, a mio avviso, ha costituito nel tempo uno stimolo per la crescita politica e culturale di tanti militanti comunisti. Dopo la svolta occhettiana le cose su questo terreno non sono sostanzialmente cambiate e il rapporto tra Ds e radicali è stato sempre segnato da momenti di conflittualità e momenti di convergenza senza mai trovare una sintesi comune. Anzi è prevalsa sempre la reciproca diffidenza.
Lo Sdi e il suo ristretto gruppo dirigente in questi anni ha atteso da una parte a mantenere il filo della continuità con la storia e la tradizione socialista (collocandosi sempre nettamente a sinistra), dall’altra, anche a causa della sua debolezza, ha fatto diverse alleanze elettorali e ha mantenuto una forte propensione a un rapporto privilegiato con Prodi, anche nella prospettiva del partito democratico. Intanto, faccio notare che proprio i radicali rivendicano, a ragione, la primogenitura nell’indicazione di un partito democratico all’americana come sbocco di una unità di forze laiche e socialiste. Il che è cosa diversa del partito prodiano che ha nella componente cattolica della Margherita uno dei riferimenti essenziali. Voglio dire che anche sulla prospettiva socialisti e radicali convergono sul partito democratico ma con una qualità e sostanza politico-culturale molto ma molto diversa. Insomma, la “Rosa nel pugno” ha raggiunto oggi una unità politico-elettorale sul terreno della laicità, ma c’è da chiedersi se può costituire un punto di riferimento per una battaglia laico socialista dentro la grande famiglia del socialismo europeo. Questo è il nodo che i leader della ”Rosa” dovrebbero sciogliere per delineare un futuro. Ed è una scelta che può influire sul processo più complessivo di unità della sinistra e del centrosinistra. A mio avviso la ”Rosa” può svolgere nella sinistra un ruolo se avrà un’anima liberalsocialista forte in grado di costituire uno stimolo sui processi di ricomposizione della sinistra. Qualche dubbio sorge se pensiamo al distacco dal centrodestra del gruppo dei socialisti che fanno capo a Bobo Craxi, il quale non si è unificato con lo Sdi rivelando così un limite politico della “Rosa” come forza aggregante della stessa area socialista. Tuttavia io parto dal convincimento che i risultati elettorali (ricordiamoci che si vota con la proporzionale) rimetteranno in discussione tutti i progetti che riguardano i partiti che sono in entrambi gli schieramenti. Dopo il voto nulla sarà come oggi. A mio avviso si aprirà, comunque vadano le elezioni, una nuova fase per tutti i partiti. Penso che in questo quadro magmatico l’affermazione della ”Rosa nel pugno” può costituire un fatto molto positivo. Anche perché i temi che ha messo al centro della sua campagna elettorale saranno inevitabilmente al centro del rimescolamento politico a cui ho accennato. Soprattutto a sinistra, anzi nel centrosinistra.