Il 2019, per Roma e per i romani, è stato l’anno in cui a tutti i problemi (manutenzione delle strade e del verde urbano, gestione dei migranti, gestione dell’emergenza abitativa e dei campi Rom, Sinti e Camminanti, gestione del Trasporto Pubblico Locale, gestione delle municipalizzate) esplosi negli anni precedenti e, in particolare in quelli gestiti dalla giunta Raggi, si è sommato quello causato dall’incapacità di gestire l’azienda municipale AMA e il ciclo dei rifiuti in modo ambientalmente ed economicamente sostenibile.
La crisi del 2019 è stata annunciata dall’incendio dell’impianto per il trattamento meccanico biologico (TMB) dei rifiuti indifferenziati, collocato al salario, avvenuta all’alba di martedì 11 dicembre 2018. Un impianto realizzato laddove negli anni ’90 c’era la fabbrica dell’Autovox, un’azienda elettronica che produceva autoradio. Il suo fallimento creò 2 problemi: quello degli operai rimasti senza lavoro e quello dell’impiego di un sito industriale. La soluzione, trovata negli anni 2000, fu quella di realizzare in quel sito un TMB AMA che avrebbe dato lavoro a 200 operai e trattato circa 700 tonnellate al giorno di rifiuto indifferenziato e un deposito per la trasferenza, ossia per lo stoccaggio provvisorio, di almeno 1.000 tonnellate da trasferire in altri impianti fuori Roma. Tonnellate che secondo Belluomo, sindacalista USB in AMA, sono diventate anche 10.000. L’impianto purtroppo era collocato in un quartiere densamente abitato che da quel momento fu inondato da miasmi insopportabili e dannosi per la salute dei residenti che reagirono chiedendo per anni la chiusura dell’impianto. Proprio per questo, durante la campagna elettorale, Virginia Raggi ne aveva promesso la chiusura in tempi brevi sorvolando sul fatto che essa sarebbe stata possibile a valle della realizzazione di un nuovo impianto altrove o di una riduzione, per 700 tonnellate almeno al giorno, della quantità di rifiuti indifferenziati raccolti quotidianamente, circa 3.000 tonnellate. In altre parole l’indifferenziato sarebbe dovuto diminuire del 30%. Obiettivo ambizioso considerando i tempi per la delibera e realizzazione di un nuovo impianto o della riduzione dell’indifferenziata. Ma si sa in campagna elettorale si sparano grosse!
Dopo quell’incendio AMA fu costretta a trovare destinazioni per le 700 tonnellate non più trattate al Salario ma anche per tutte le tonnellate rimaste nel sito del salario. E questo ha portato al sovraccarico degli altri TMB (Malagrotta 1, 2 e Rocca Cencia), all’impiego dei tritovagliatori di Ostia e di Rocca Cencia di proprietà Colari-Porcarelli.
In questa situazione, maturata tra la fine del 2018 e i primi mesi del 2019, Radicali Roma, per merito del suo massimo esperto, Massimiliano Iervolino, mette a punto la Proposta di Delibera di iniziativa popolare Ripuliamo Roma. Si tratta di un piano industriale per mettere AMA nella condizione di chiudere il ciclo dei rifiuti nell’ambito del territorio del comune di Roma Capitale con enormi vantaggi per l’ambiente, visti i 163 T.I.R. al giorno che lasciano la capitale per rientrarvi a fine missione, e per le tasche dei contribuenti.
La proposta, illustrata sul sito ripuliamoroma.it, chiede che AMA
- realizzi impianti per il trattamento della raccolta differenziata;
- effettui il “revamping”, ossia la riconversione dei TMB di sua proprietà in Fabbriche dei materiali che, a differenza degli attuali TMB, non producono più il Combustibile Da Rifiuti (CDR) destinato all’inceneritore di San Vittore;
- Incrementi il tasso di raccolta differenziata attraverso l’uso di cassonetti intelligenti per l’indifferenziato (Tariffa Puntuale), la diffusione del porta a porta e le domus ecologiche;
- Acquisti i TMB di Colari presenti sul territorio comunale, effettuandone il revamping;
- E infine che realizzi, sempre sul territorio comunale, una Discarica di servizio dove depositare la FOS (Frazione Organica Stabilizzata) e gli scarti.
La proposta Ripuliamo Roma depositata il 12 aprile del 2019 si è conclusa con la consegna delle firme il 12 luglio. In poco più di 1 mese, vista la difficile situazione meteo dei mesi di aprile e maggio, sono state raccolte oltre 7.000 firme in calce ad una proposta che dovrà essere discussa in aula consiliare entro il mese di gennaio 2020.
Nel frattempo i nodi arrivavano al pettine con cassonetti stracolmi e inavvicinabili per i rifiuti depositati intorno anche quando venivano svuotati dai camion dell’AMA. Ratti, cinghiali ed altre specie animali si affollavano all’imprevisto banchetto. Iniziavano i primi allarmi per la salute dei cittadini costretti a tenersi in casa i rifiuti. Roma era stata trasformata in una discarica diffusa!
E il Comune? Cosa faceva l’ineffabile sindaca Raggi tra un bus incendiato e l’altro? Limitandoci al 2019, la sindaca era impegnata a non approvare il bilancio Ama 2017. Motivo? 18 milioni di euro per spese cimiteriali sostenute da AMA nel periodo 2008 2012. L’Amministratore Delegato di AMA dell’epoca, Bagnacani, aveva autorizzato la proposta di bilancio 2017 e l’aveva inviata al Comune per la firma finale.
Bagnacani era stato nominato a maggio 2017 dall’azionista unico Roma Capitale, rappresentato dall’assessore alla Sostenibilità Ambientale Pinuccia Montanari. Bagnacani proveniva dalla giunta 5stelle di Torino dove aveva ricoperto, per decisione della sindaca Chiara Appendino, un ruolo analogo per l’AMIAT, l’azienda che gestisce i rifiuti torinesi. Bagnacani, dunque, non nutriva ostilità pregiudiziali nei confronti della giunta capitolina eppure i suoi tentativi di venire incontro alle richieste della giunta furono tutti resi vani e il bilancio non fu approvato. La conseguenza di questa scellerata decisione ha paralizzato l’attuazione del piano industriale di AMA, i suoi investimenti, le sue attività e le sue assunzioni oltre alla motivazione del personale. Ed ha portato AMA a non rispettare le clausole contrattuali legate al suo servizio scatenando le ire dei cittadini con atti di aggressione ai danni di operatori dell’azienda che veniva vista come unica responsabile del disastro.
Ad aprile abbiamo saputo del colloquio, avvenuto tra ottobre e novembre 2018, tra la Raggi e Bagnacani, registrato da quest’ultimo e portato in Tribunale, in cui l’A.D.
sosteneva la correttezza del credito da 18 milioni vantato dall’AMA e la Sindaca che gli imponeva di cancellarlo perché se l’azionista afferma che la luna è piatta, non bisogna contraddirlo. Il motivo di tanta resistenza fu dichiarato dalla Raggi in un post su fb: impedire ai dirigenti di incassare i premi previsti nel contratto. Meraviglioso! Ma forse non era l’unico perché la legge Madia chiede che per le municipalizzate con 3 anni di passivo debba aprirsi un concordato fallimentare o una messa a gara del servizio. Ecco dunque il probabile obiettivo: far fallire AMA creando una bad company e una Newco per partecipare alla gara.
Il 18 febbraio 2109 Bagnacani e l’intero CDA venivano licenziati.
A giugno il nuovo CDA composto dall’avvocato Luisa Melara presidente, dal commercialista Paolo Longoni e dal geologo Massimo Ranieri nominato A.D..
Il 7 agosto l’AMA approva il bilancio 2017 con 136 milioni di € di passivo dovuto alla svalutazione immobiliare dei locali che avrebbero dovuto ospitare il Centro Carni. Ma anche questo bilancio approvato è contestato dalla sindaca e quindi 100 giorni dopo il suo insediamento anche questo CDA si dimette. Ora regna come Amministratore Unico Stefano
Zaghis attivista della prima ora del M5S. Milanese, a digiuno di questioni legate alla gestione dei rifiuti, Zaghis si è occupato di finanza, marketing, comunicazione e vendite nel settore trasporti, immobiliare e nel turismo.
Riepilogando, da quando c’è la giunta monocolore M5S nell’incarico di A.D. di Ama si sono succeduti: Daniele Fortini, nominato da Marino, Alessandro Solidoro, Antonella Giglio, Lorenzo Bagnacani, Paolo Longoni, Stefano Zaghis.
In città l’estate è stata rovente per le condizioni climatiche, per i roghi dei cassonetti, per le proteste dei cittadini esasperati da una raccolta rifiuti bloccata per intere settimane. L’emergenza rifiuti col suo corollario di conseguenze sanitarie ha portato Roma sulle prime pagine dei giornali e nei titoli di apertura del telegiornali per intere settimane.
Ancora e sempre, come per l’individuazione delle zone bianche, la sindaca si è impegnata a scaricare responsabilità sulla Regione invece di cercare soluzioni. E così il 5 luglio 2019 scatta l’ordinanza della Regione Lazio per contrastare la crisi di raccolta e smaltimento dei rifiuti che da settimane affligge Roma. L’ordinanza impone all’AMA:
- entro una settimana, di provvedere alla raccolta dei rifiuti che giacciono in terra nelle strade in tutto il territorio di Roma.
- In 3 giorni la partecipata del Campidoglio dovrà dotarsi anche di 300 nuovi cassonetti stradali
- In 7 giorni sarà chiamata ad incrementare il suo parco mezzi per minimizzare il tempo di permanenza di rifiuti in strada.
Inoltre essendo il problema dei rifiuti in strada causato dalla carenza di impianti romani per il trattamento, l’Ordinanza della Regione impone a tutti gli impianti di trattamento rifiuti del Lazio di mettersi a disposizione della città di Roma per accogliere la spazzatura in eccesso. L’ordinanza scaduta il 30 settembre è stata rinnovata fino al 15 ottobre. Soli 15 giorni perché, è successo anche questo, i due Tmb di Malagrotta andati in manutenzione dal mese di maggio sono tornati in funzione dal 15 ottobre.
A questo punto sorge il problema della discarica di Colleferro che accoglie circa 1.000 tonnellate al giorno di FOS e scarti provenienti dalle lavorazioni dei TMB di Roma. Si tratta di un impianto a fine vita che dovrà chiudere inderogabilmente dal 1° gennaio 2020. Nello stato attuale della gestione dei rifiuti romani, una discarica di servizio è indispensabile checché ne pensi la sindaca Raggi e quindi una volta chiuso Colleferro o si fanno delle gare per mandare all’estero quegli scarti o si realizza una nuova discarica. Purtroppo la prima strada non è percorribile perché AMA con 2 bilanci (2017 e 2018) non approvati è considerata un’azienda inaffidabile. E nemmeno è percorribile la strada di utilizzare altri impianti nel Lazio. La situazione che potrebbe venire a crearsi nel giro di 1 mese è dunque estremamente critica.
Ed è solo di qualche giorno fa l’allarme dei pediatri romani che denunciano un incremento del 20% di infezioni, irritazioni e parassitosi nei bambini della Capitale costretti a vere gincane tra i rifiuti per recarsi a scuola o a giocare in parchi infestati da topi ed insetti. Anche i condomìni, come denuncia l’Anaci, hanno dovuto triplicare le disinfestazioni per topi e blatte. E il quadro si completa con la considerazione dei cassonetti fetidi, ulteriore ricettacolo di infezioni che sono diventati il 48% di tutti quelli in strada e delle strade sporche come denuncia l’Agenzia Comunale per il controllo dei servizi pubblici.