RADICALI ROMA

La spesa intoccabile

Ricordate la filosofia reaganiana dell’affamare la bestia-Stato? «Mettete un tetto alle tasse, basso possibilmente, perché questo è l’unico modo efficace di limitare la spesa pubblica ». Poiché il Paese non può tollerare un aggravio del disavanzo, alcune spese dovranno per forza essere tagliate affinché l’insieme possa stare sotto il tetto. E pazienza se, essendo il governo incapace di riqualificare la sua spesa, cioè fornire gli stessi servizi a minor costo, alcune spese utili, quelle più facili da sospendere o rimandare, dovranno essere tagliate in tutta fretta e molte spese inutili procederanno imperterrite. Presto o tardi i governi impareranno a fare economie. Molti esponenti della sinistra tradizionale (ma anche del centro e della destra «tassa e spendi», non pochi nel nostro Paese) seguono una filosofia opposta: «Partiamo dai bisogni di intervento pubblico (chi li definisce?). Da questi si risale all’ammontare della spesa e, se non ci deve essere disavanzo, anche all’ammontare delle imposte». Insomma, per i «reaganiani» — molto pochi nel nostro Paese — la variabile indipendente sono le tasse, e le spese si adeguano; per i «tassa e spendi» è vero l’opposto: la variabile indipendente sono le spese, e le tasse seguono, come l’intendenza di Napoleone.

Questa è una caricatura, ovviamente. Nel nostro circo politico-mediatico le posizioni sono più vaghe, e pochi hanno il coraggio di prendere una posizione dura come quella espressa due giorni fa dal ministro dell’ Economia. Se ci si riflette un attimo, non fa alcuna differenza quale variabile si assume come indipendente, purché questa sia definita con precisione. Padoa-Schioppa è partito dalle spese e ha detto: al momento la prossima Finanziaria prevede circa 20 miliardi di nuove spese. Non un euro del loro finanziamento deve provenire da un aggravio della pressione tributaria e tutto da risparmi di spesa in altri capitoli di bilancio: se questi non sono documentati in modo credibile, i 20 miliardi di nuovi impegni si riducono in proporzione. E ha aggiunto che fra pochi giorni presenterà un documento dove sono indicati con esattezza molti ambiti nei quali le spese possono essere sostanzialmente ridotte senza compromettere servizi o trasferimenti utili e giusti.

Se ci si riflette un altro attimo, questa posizione può essere resa facilmente compatibile con quelle assunte da Montezemolo o da Veltroni, i quali, senza compromettere equilibri di bilancio o servizi e trasferimenti «utili e giusti », vorrebbero anche ridurre la pressione fiscale. Basta spremere dal contenimento delle spese inefficienti qualcosa di più di quanto vuole ricavare il ministro dell’Economia: non solo i 21 miliardi previsti per la prossima Finanziaria e compatibili con un rapporto deficit/ Pil del 2,2%, ma qualche miliardo in più che può servire a ridurre le tasse. Sulle imprese, come vuole Montezemolo; sui proprietari di prima casa, come vuole Rutelli. Nessun contrasto, dunque, anzi una surenchère
in direzione rigorista: rispetto a chi vuole «anche » ridurre le tasse, Padoa- Schioppa è un realista e un moderato.

Lo è veramente? Siamo tutti ansiosi di leggere il documento della Commissione tecnica sulla finanza pubblica che indica come effettuare risparmi di spesa consistenti. Nel frattempo vorremmo motivare il nostro scetticismo, nella speranza che risulti smentito. Tagliare spese inutili senza compromettere quelle utili, per un importo di 20 miliardi e passa e nel giro di un anno, è un compito che definire difficile è puro eufemismo.

Anzitutto dovrebbero essere a uno stadio avanzato, nei ministeri e soprattutto nelle regioni e negli enti locali, delle
spending reviews e dei progetti di ristrutturazione organizzativa che consentano di separare il grano dal loglio, ciò che è utile ed efficiente da ciò che non lo è. Non ci risulta che sia così. E poiché le spese inutili sono difese da chi se ne avvantaggia con altrettanta tenacia delle spese utili, la determinazione che occorre per stanare questi interessi è molto forte, anche senza considerare che molte ristrutturazioni di servizi devono passare per via legislativa e la maggioranza è troppo fragile per procedere speditamente.

E poi dov’è la determinazione necessaria? Se dobbiamo giudicare dal recente passato, è difficile non essere pessimisti. Il governo ha avuto almeno due grosse occasioni di risparmio e le ha sprecate entrambe: ha aderito a un contratto collettivo per i dipendenti pubblici troppo oneroso, e senza reali contropartite in termini di efficienza. E ha risolto la questione delle pensioni concedendo troppo ai sindacati, che difendevano un «diritto» ad andare in pensione prima dei 60 anni che è difficile considerare prioritario, così sottraendo risorse a compiti di welfare
molto più urgenti e che oggi si ritrova puntualmente di fronte.

Crede veramente, il governo, che sia più facile imporre una cura di risparmi a tutto campo a ministeri ed enti locali? E farlo in modo intelligente e discriminato, evitando inefficienti misure di blocco del turn-over, di assunzione di personale precario, e i soliti «rimedi» cui ci hanno assuefatto i governi passati?