RADICALI ROMA

"La vera libertà. Democrazia americana"

di GIORGIO LAGO
Ha appena scritto Ferdinando Camon che la democrazia americana si considera «perfetta». È vero; scava e scava, al fondo della democrazia a stelle strisce si trova sempre l’orgoglio della cittadinanza, che a mio parere rappresenta il vero pilastro dell'”essere americani”. Grosso modo è andata così. La rivoluzione liberale fece la Costituzione americana; il suo testo è diventato cultura e la cultura si è fatta costume.
Un secolo fa un giudice della Corte suprema degli Stati Uniti usava non per nulla un?espressione quasi religiosa: «Ognuno di noi è un prete», con ciò intendendo spiegare che la cabina elettorale era la vera chiesa del sistema americano. Nella vaccinata Europa gli avrebbero riso in faccia senza esitazione; in America si anticipava così il sogno, ricorrente e un po? messianico, di esportare la democrazia come il miglior prodotto Made in Usa. Rock, jeans, Coca Cola, jeep, dollari e democrazia.
D’altra parte, se c’è invece un Paese che ignora la cultura coloniale questo è proprio l’America, come ha chiarito ? ieri sul Corriere ? anche il politologo Giovanni Sartori. Il professore ricorda un dato storico, e cioè che gli americani non conquistano un territorio che sia uno da 150 anni, per poi aggiungere: «Il loro istinto, essendo ex colonie, è visceralmente anti-coloniale». La stessa crescita degli Usa si fonda sull’immigrazione, non sulla conquista all’europea.
In piazza a Baghdad il tema è questo, basta leggere ora i titoli dei giornali e dei tg. Democrazia e Islam; liberazione e/o occupazione; Occidente e mondo arabo; gruppi religiosi e libertà laica. Per passare per politicamente corretti occorrerebbe negare dalla mattina alla sera che ci possa essere anche una sola traccia del cosiddetto “scontro di civiltà”, ma tutte le parole che in queste ore stanno in prima pagina dimostrano al contrario che quell’ombra resta più che mai in agguato e che con essa diventa impossibile non fare i conti. Sarà bene saperlo, che la democrazia è in minoranza nel mondo. È il bene politicamente più a rischio. Noi italiani per esempio ne godiamo soltanto perché abbiamo perso la guerra mondiale. La nostra democrazia è stata sganciata assieme alle bombe americane. Senza sconfitta militare non avremmo vinto civilmente. Altro che “week-end” all’occidentale: avremmo celebrato ieri il sabato fascista e stamattina la pasqua nazista. Altro che Europa allargata a 25 paesi: l’infinita via crucis del Reich totalitario non ce l’avrebbe tolta nessuno.
Il segreto della democrazia è la memoria. Ricordare sempre, ricordare tutto, ricordare chi. Ho letto ieri su “Repubblica” il racconto di Tony Blair sulle sue ultime drammatiche settimane (che, detto fra parentesi, lo hanno reso più grande di prima, senza dubbio il leader più interessante sulla scena mondiale). Il premier inglese rivela una telefonata avuta con Aznar, primo ministro spagnolo, impegnato con lui nel sostenere l’America nell’operazione Iraq.
Di fronte alla guerra, Aznar confessa a Blair: «Posso contare sul sostegno del solo 4 per cento degli spagnoli». Gli replica Blair: «Accidenti! Ancor meno di quelli che credono che Elvis Presley sia ancora vivo».
C’è tutto della democrazia in questo scambio telefonico. La misura del consenso e, assieme a essa, la solitudine di un leader democratico, ma legittimato, proprio dal voto popolare, a scegliere anche contro i sondaggi, contro la piazza, contro la sua opinione pubblica, contro i media, contro le sue chiese.
C’è tutto. In Aznar, la complicata superiorità della democrazia e, in Blair, perfino lo humour tipicamente liberale degli statisti inglesi. La democrazia è un esercizio il più delle volte ingrato. La libertà è avere sempre un?altra possibilità.
A questo proposito, i nostri anti-americani di turno ignorano un dettaglio grande come una casa: che è sempre la stessa America a mettere i materiali più forti a disposizione dell’anti-americanismo! Non è un gioco di parole né un paradosso. Il fatto è che gli Stati Uniti sono la democrazia che più discute e ridiscute radicalmente se stessa.
Ha il mito patriottico della bandiera a stelle e strisce, ma non considera reato bruciarla in piazza. Per questo, forse, soltanto gli americani possono permettersi davvero il lusso di sembrare anti-americani senza esserlo. Gli americani sono i primi a non risparmiare niente alla loro amatissima America. l’inno nazionale incorpora geneticamente la libertà della contestazione, dai campus universitari del Sessantotto fino al rigetto No-global. Il modello di vita americano tiene insieme gli States; la libertà di vivisezionarlo senza limiti finisce per rafforzarlo. Questo il bello.
Noi giornalisti discutiamo da anni sull’eclissi del cosiddetto giornalismo d’inchiesta in Italia. In America non ne discutono; lo fanno, anche a costo di buttar giù un loro presidente o di pubblicare i documenti più segreti del Pentagono.
Dal Vietnam all’Iraq, è sempre stato così da trent’anni a questa parte.
l’America svela l’America, fino al masochismo. La democrazia porta la croce dei propri errori mettendosi da sé in piazza, con la sua stampa, con il suo cinema, con i suoi libri, con le sue canzoni.
Dal Cacciatore a Platoon, da Apocalypse now a 4 Luglio, è il grande film americano che si carica sulle spalle i 52 mila soldati americani morti in Vietnam. Sono americane le più belle e radicali voci della pace, da Joan Baez a Bob Dylan, da Jim Morrison a John Lennon che, inglese, compone a New York la incantevole “Imagine”.
E sono americani, da Vidal a Chomsky, gli scrittori che bombardano a tappeto i governi americani, ora per le tentazioni di egemonia, ora per la cultura dello spreco, ora per la pressione di interessi non abbastanza visibili.
Soltanto una grande maiuscola democrazia può considerare costituzionale tanta auto-dissacrazione. Soltanto i grandi paesi sanno generare gli anticorpi.
Dopo 30 anni di macelleria dispotica, soprattutto i giovani di Baghdad non possono ancora sapere che è molto più facile accordarsi sul prezzo del petrolio che sulle fatiche della democrazia. E che il loro diritto di gridare adesso «Americani tornate a casa» è un diritto appena importato dagli americani. La bomba più intelligente è questa.