La recente pubblicazione di Le voci della laicità a cura di Raffaele Carcano (edizioni EDUP) ha fornito lo spunto per due giornate di dibattito e confronto nell’XI Municipio, un’area notevolmente sensibile rispetto a queste tematiche.
Il Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli ha ospitato il 2 aprile la presentazione di questo libro; un incontro organizzato da Andrea Maccarrone (direttivo del circolo Mieli) al quale sono intervenuti Giulio Cesare Vallocchia presidente dell’associazione NoGod (www.nogod.it), Mario Staderini (www.staderini.it), responsabile della “campagna otto per mille” dell’associazione anticlericale.net ed esperto di finanziamenti alle confessioni religiose, il curatore della pubblicazione Raffaele Carcano (www.uaar.it) e alcuni degli autori dei contributi.
I grandi temi della laicità, oggi attuali più che mai nel dibattito sociale e politico del nostro paese, sono affrontati da autrici e autori impegnati in 22 associazioni laiche che compongono la Consulta per la libertà di pensiero e la laicità delle istituzioni istituita in Campidoglio nel 2004. Tra queste anche il Circolo Mario Mieli, da sempre in prima fila su queste tematiche.
La varietà di esperienze e sensibilità che hanno contribuito alla composizione di questo prezioso volume garantisce una lettura piacevole e istruttiva e riporta la questione della laicità alla dimensione quotidiana, che tocca tutti noi, donandole al contempo profondità storica e culturale.
Anche nel pomeriggio di lunedì 3 aprile il dibattito sulla laicità ha avuto un ruolo di primo piano. La sala consiliare dell’XI Municipio in via Benedetto Croce 50 ha infatti ospitato l’iniziativa, promossa dal circolo di Roma UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti), Laicità e Diritti Umani.
Dopo il saluto della Delegata alla Cultura Carla Di Veroli e la proiezione del documentario 2500 anni di libero pensiero si è aperto il dibattito sui temi della laicità, interrotto per qualche momento da inopportune derive femministe.
Abbiamo chiesto a Raffaele Carcano come è nata l’idea di scrivere Le voci della laicità?
Si può dire che questa pubblicazione sia nata dall’esigenza, manifestata con forza anche dalla Consigliera Franca Eckert Coen, di lasciare un segno tangibile di quello che è stato il lavoro della Consulta Laica di Roma.
Che cosa è la Consulta Laica?
La Consulta per la libertà di pensiero e la laicità delle istituzioni nasce da un protocollo d’intesa firmato dalla Consigliera Delegata del Sindaco alle Politiche della Multietnicità e le seguenti associazioni laiche: Associazione Democratica “Giuditta Tavani Arquati”, Associazione Nazionale del Libero Pensiero “Giordano Bruno”, Democrazia Laica, Italialaica.it, Liberauscita, NO GOD – Atei per la Laicità degli Stati, Società Laica e Plurale, UAAR – Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti.
Le associazioni firmatarie sono impegnate nella difesa della libertà di pensiero e della laicità – valore fondamentale costituzionalmente affermato – e nella promozione di iniziative tese a renderne praticabili tutte le potenzialità.
La Consulta promuove alcune importanti attività tra cui seminari sulla libertà di pensiero e la multiculturalità, eventi culturali attinenti alla libertà di pensiero, visite guidate ai luoghi e ai monumenti significativi nella storia della libertà di pensiero e della laicità, attenzione alla correttezza delle notizie attinenti ai temi di interesse della Consulta, rapporti con realtà similari sia in Italia che all’estero.
Abbiamo fatto alcune domande anche a Mario Staderini, che ha dato il suo contributo alla stesura di Le voci della laicità con il capitolo intitolato I mercanti nel tempio.
Mario potresti spiegarci cosa è e come funziona l’otto per mille?
È un sistema figlio del Concordato attraverso il quale ogni anno quasi 1 miliardo di euro dell’Irpef degli italiani viene sottratto alla fiscalità generale per essere destinato alla diretta gestione di sette soggetti: cinque confessioni cristiane (la Chiesa Cattolica, gli Avventisti, i Valdesi, i Luterani, le Assemblee di Dio in Italia), l’Unione comunità ebraiche, lo Stato. La ripartizione del denaro pubblico, anche di chi non firma per nessuno, avviene in percentuale alle preferenze espresse dai contribuenti al momento della dichiarazione dei redditi.
Quindi, chi non firma, versa comunque il suo otto per mille?
Esatto. E sono la maggioranza: oltre il 60% dei contribuenti non esprime scelta, ed i loro soldi finiscono li dove hanno deciso quelli che hanno firmato. Del 40% di coloro che esprimono una scelta, l’88% firma per la Chiesa cattolica. È così che negli ultimi tre anni la Conferenza episcopale del Cardinal Ruini ha ricevuto 2 miliardi e 878 milioni di euro, mentre le altre confessioni religiose tutte insieme non hanno superato i 50 milioni di euro.
In pratica, se fosse ripartito solo l’8 per mille di chi firma, lo Stato non donerebbe 600 milioni di euro l’anno; grazie a questo trucco legislativo, le chiese si prendono il denaro anche di chi non vorrebbe darglielo.
Il meccanismo è ancora più perverso: anche chi esprime una scelta, mettiamo per la Chiesa Valdese, viene costretto a finanziare tutte le altre confessioni. La destinazione infatti non è nominativa, nel senso che i soldi di chi firma vengono comunque ripartiti in percentuale alle scelte degli altri: un ateo, dunque, è obbligato a finanziare le chiese, cosi come i fedeli di una chiesa finiscono con finanziare “i concorrenti”. Alla faccia della libertà religiosa.”
Come vengono utilizzati questi soldi?
I fondi assegnati devono essere spesi per scopi predeterminati dalla legge e che vanno dal sostentamento al clero agli interventi caritativi, dall’edilizia di culto alle calamità naturali. Alcune confessioni religiose, come le Assemblee di Dio, i Valdesi e gli Avventisti, impiegano il denaro pubblico esclusivamente per interventi sociali ed umanitari. Altre, come la Chiesa cattolica e i Luterani, hanno scelto di spendere il denaro per stipendiare il clero e per costruire edifici di culto. Nel 2004 la CEI ha destinato 762 milioni di euro per culto e clero, mentre 190 sono andati ad interventi caritativi.
Invece il “cinque per mille” come viene destinato?
Il cittadino può tranquillamente decidere di non destinarlo e in quel caso il cinque per mille della sua Irpef rimane nel bilancio generale dello Stato, se invece decide di destinarlo può scegliere tra le seguenti categorie: le associazioni non profit, la ricerca scientifica, la ricerca sanitaria e le iniziative sociali del comune di residenza. Basta indicare direttamente il codice fiscale dell’ente che si intende sostenere al momento della dichiarazione dei redditi.