RADICALI ROMA

L'amnistia necessaria

  Sono passati tre anni da quando il Parlamento italiano accolse con un’ovazione Giovanni Paolo II che a Montecitorio implorava deputati e senatori affinché si impegnassero per l’amnistia. Tre anni dopo, con una solenne cerimonia, una targa commemorativa ha ricordato quella visita papale: ma dell’amnistia, nemmeno l’ombra. Sono passati cinque anni dal Giubileo, quando il Pontefice chiese un gesto di clemenza nei confronti dei detenuti nelle carceri italiane: molti applausi e apprezzamenti, ma nessun provvedimento; molte dichiarazioni, ma in pratica solo mediocri compromessi. Se non mancassero altre ragioni per sostenere lo sciopero della fame di tre giorni iniziato oggi da Marco Pannella per l’amnistia, basterebbe il richiamo della decenza che impone una minima corrispondenza tra le parole e le cose, tra la retorica dei discorsi e ciò che effettivamente esce dalle aule parlamentari. Milita insomma a favore dell’amnistia una ragione di dignità, oltre che l’urgenza di sanare una situazione esplosiva e anche incivile.

L’emergenza è tutta racchiusa in poche ma sconfortanti cifre. È rappresentata dalla denuncia del Consiglio d’Europa che nei giorni scorsi, per colpa dei processi che non si possono neanche celebrare, ha accusato l’Italia di innumerevoli violazioni della convenzione europea dei diritti dell’uomo a partire addirittura dal 1980. È raffigurata dal totale di otto milioni e 942.000 processi pendenti la cui durata media è di 35 mesi per il primo grado e di 65 per l’appello; dal record di detenuti (circa 60.000) mai raggiunto nella storia dell’Italia repubblicana; dalla percentuale di suicidi nelle carceri italiani che supera di ben 19 volte quelli che funestano l’Italia ogni anno; dall’80 per cento dei delitti denunciati in cui l’autore resta sconosciuto, fonte di un’iniquità di cui sono evidenti le ripercussioni sul modo con cui gli italiani registrano il malfunzionamento della giustizia. Dati e cifre inoppugnabili che vengono sistematicamente ignorati, generando un riflesso condizionato ostile a un’amnistia che certo non è la chiave risolutiva ma almeno riflette la consapevolezza sullo stato miserevole della giustizia e della condizione carceraria.

Si capisce che alla vigilia delle elezioni l’amnistia non risulta tra i provvedimenti più popolari all’interno di schieramenti politici visibilmente preoccupati dall’allarme sociale suscitato dalla criminalità che avvelena l’esistenza quotidiana dei cittadini. Ma allora, ci sarà mai un momento giusto per proporla e darne pratica attuazione? Non ci saranno sempre una scusa, un’emergenza, un episodio destinati a scuotere la sensibilità sociale e la psicologia collettiva capaci di suggerire al Parlamento di soprassedere e di far finta di niente? E del resto, provvedimenti e leggi che configurano una pseudo-amnistia selettiva e fonte di ingiustificabili privilegi non esasperano la sensazione di una giustizia opaca, inesistente, inaffidabile e iniqua? Non è detto però che lo spirito bipartisan, spesso invocato a sproposito e ipocritamente, stavolta non possa ispirare un’amnistia utile e giusta nello stesso tempo. È a questa elementare buona volontà che si rivolgono lo sciopero della fame di Pannella e la sua proposta di una Marcia di Natale. Lo accuseranno, come al solito, di velleitarismo. Ma è sempre la stessa accusa di chi non tollera di essere scosso dal proprio torpore.