RADICALI ROMA

Lavavetri, la Roma dei clan

Si dividono Roma, alla maniera dei clan. E’ una vera e propria emergenza, forse spesso sottovalutata, quella dei lavavetri, una realtà dietro alla quale si nasconde un racket da milioni di euro e che è oggi alla ribalta delle cronache per il provvedimento preso dal sindaco di Firenze: qui chi viene pizzicato ai semafori con spazzola e secchio rischia fino a tre mesi di reclusione.

RACKET ROMENO – Una volta i lavavetri di Roma erano soprattutto marocchini e polacchi. Oggi invece sono in gran parte romeni e zingari (0% circa), molti ragazzi e bambini, a monopolizzare i semafori della Capitale armati di spugna e secchio. Sono suddivisi per clan familiari e negano che dietro di loro ci sia un racket.

DOVE – Le zone della città dove è più frequente trovare all’opera i lavavetri sono l’Eur, piazza della Radio, Porta Maggiore, piazzale del Verano e il quartiere Prati. Cominciano a lavorare al mattino verso le 7 e finiscono dopo le 18. Cercano così di sfruttare le ore di punta del traffico per incrementare i guadagni, che possono andare dai 15 ai 35 euro al giorno.

LE REAZIONI – ”Ci vuole un’armonizzazione delle norme nazionali. Bisogna anche considerare che spesso dietro il fenomeno dei lavavetri c’è uno sfruttamento del lavoro minorile, qui, come per lo sfruttamento della prostituzione c’è un racket ed è quello che bisogna colpire”. E’ il commento del sindaco di Roma Walter all’ordinanza del Comune di Firenze. Anche per il prefetto Achille Serra il problema va visto a livello nazionale, mentre l’assessore alla Sicurezza del Comune Jean Leonard Touadi annuncia giro di vite in centro con l’impiego dei vigili urbani. Per il presidente della federazione romana di An Gianni Alemanno la soluzione giusta è quella adottata da Firenze che si porrebbe come modello anche per la Capitale. Il consigliere di Forza Italia al Comune di Roma, Fabio De Lillo, si spinge oltre e annuncia: “Presenterò una bozza di delibera per imitare modello fiorentino”. Il portavoce romano de La destra, Fabio Sabbatani Schiuma, mette invece l’accento forse sul problema più spinoso, quello dei minori costretti a “lavorare” come lavavetri sin da piccolissimi e spinge per proibire accattonaggio dei minori. Anche la comunità di Sant’Egidio dice la sua e mette i sindaci sul chi va là dicendo un no secco alle leggi fai da te e ponendosi così sulla stessa linea di Serra e Veltroni.

LA LEGGE – Sul fronte delle norme a disposizione oggi c’è l’ art. 155 del Testo Unico di Pubblica sicurezza; l’art. 671 (accattonaggio) e l’art. 600 (riduzione in schiavitu’) del codice penale. ”Sono questi gli articoli che generalmente vengono applicati quando fermiamo queste persone – spiega il comandante dell’VIII Gruppo e del Gruppo sicurezza urbana della polizia municipale della Capitale Antonio Di Maggio. – Solo nel caso della riduzione in schiavitù si può però precedere all’arresto, negli altri casi c’è la denuncia in stato di libertà. Diverso è il trattamento quando c’è violenza e minaccia, in questo caso ricorre il reato di rapina o estorsione”.

MINORI – I molti bambini e minori che vivono col secchiello in mano ai semafori ”una volta individuati dagli agenti vengono trasferiti al centro di accoglienza di via Vinovo, o consegnati ai genitori nei campi dove vivono. ”In questo caso – spiega ancora Di Maggio – scatta però la denuncia (art. 671 cp) nei confronti dei genitori, o degli adulti che li sfruttano. In alcuni casi abbiamo anche applicato il reato di riduzione in schiavitù procedendo all’arresto degli adulti”.