RADICALI ROMA

«Laziogate»: Storace rinviato a giudizio

ROMA – La Procura di Roma ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio dell’ex ministro della Sanità, Francesco Storace e di altri nove indagati, tra cui Nicolò Accame, già braccio destro dell’allora governatore del Lazio. A sollecitare il processo degli indagati sono il Procuratore aggiunto Italo Ormanni ed il sostituto Francesco Ciardi. Storace era indagato per il reato di associazione a delinquere nell’ambito dell’inchiesta della procura di Roma sul cosiddetto «Laziogate».

L’ACCUSA – A Storace, in particolare, si contesta il reato di concorso in accesso abusivo in un sistema informatico in relazione alla violazione dell’anagrafe del Comune di Roma. Nell’inchiesta riguardante il presunto boicottaggio della lista Alternativa Sociale, di Alessandra Mussolini, in occasione delle elezioni regionali del 2005, oltre a Storace e ad Accame, sono coinvolti Dario Pettinelli, ex collaboratore dell’esponente di An; il consigliere comunale di Roma Fabio Sabbatani Schiuma (An) Pierpaolo Pasqua e Gaspare Gallo, i due detective arrestati a marzo dello scorso anno dalla Procura di Milano; Mirko Maceri, ex direttore tecnico della società Laziomatica; Nicola Santoro, figlio del giudice che decretò l’esclusione dalle amministrative del 2005 della lista Alternativa sociale; l’ex presidente della federazione di Roma di An, Vincenzo Piso; e Tiziana Parreca, persona vicina all’entourage di Storace.
LA REAZIONE «Non c’era alcun dubbio». Così il senatore di An Francesco Storace commenta la decisione della procura di Roma di richiederne il rinvio a giudizio in merito al cosiddetto Laziogate. «Ora -annuncia l’ex ministro- andrò davanti al Gup e dimostrerò carte alla mano la mia estraneitá all’accusa residua». «Resta un solo rammarico: gli inquirenti – sottolinea Storace – ci hanno messo otto mesi dalle mie dimissioni da ministro per rinunciare, con l’archiviazione, ad ogni ipotesi di spionaggio, diassociazione a delinquere, di manipolazione delle firme della Mussolini. L’unica cosa rimasta è un’inesistente istigazione a verificare la prova di un reato contro la democrazia, peraltro consegnata alla magistratura. Mi fecero dimettere da ministro, qualcuno, di qui a poco – conclude Storace – dovrá dimettersi da altro».