Dall’Afghanistan all’Italia, passando per l’America Latina la “lotta alla droga” è ogni giorno immolata sull’altare della demagogia e dell’irrazionalità. Mentre in Afghanistan la war on drugs segna il passo, ipotecando drammaticamente il futuro del paese, in Italia il governo sfrutta le Olimpiadi per far passare al Senato un provvedimento sulla droga a dir poco punitivo ed illiberale. Un provvedimento adottato nel peggior modo possibile: un vero e proprio articolato di legge di 37 pagine fatto passare per “maxi-emendamento” e approvato con un voto blindato grazie alla fiducia imposta dal governo. Se per aver fumato uno spinello sarà sospesa la patente o il passaporto, è concretissimo prevedere che il successivo decreto indicherà la detenzione dell’equivalente di 5 o 6 spinelli come quantità superiore ai limiti massimi sufficienti a far scattare la reclusione dai 6 a 20 anni e multe da 26 mila a 260 mila euro. Calcolando che in Italia sono circa 4 milioni i consumatori abituali o saltuari di cannabis, è semplicemente demagogico ritenere che questa misura possa essere realmente applicata, a meno che tra i grandi lavori promessi dal governo non si aggiunga in extremis anche la costruzione di svariati supercarceri. Insomma, a varie latitudini mafie e cartelli internazionali hanno buoni motivi per brindare alla propria salute.
Per fortuna in Europa si comincia a sentire una musica diversa. Il Parlamento europeo, nella seduta plenaria di gennaio, ha approvato una risoluzione sull’Afghanistan che puo aprire la strada ad un approccio del tutto nuovo nella lotta al narco-traffico mondiale. Il testo chiede ai partecipanti della conferenza internazionale sull’Afghanistan, che si apre martedì prossimo a Londra, “di prendere in considerazione la proposta di concedere licenze per la produzione di oppio per il mercato legale di medicinali, così come già avvenuto per altri paesi”, come India, Turchia, Australia, Francia e Spagna.
Questa proposta è stata inizialmente avanzata, durante un convegno a Kabul in settembre, dal Senlis Council, un’organizzazione indipendente con sede a Parigi. guidata da Raymond Kendall gia segretario generale dell’Interpol La risoluzione, proposta dal gruppo dei liberali europei e votata da tutti i gruppi politici, è radicalmente innovativa rispetto alla ortodossia della “guerra alle droghe”. In Afghanistan, questa cosiddetta guerra, basata essenzialmente sull’eradicazione e sulle colture alternative, ha ottenuto scarsi risultati. Secondo l’Unodc, (l’ufficio delle Nazioni unite per la droga ed il crimine,) l’Afghanistan ha prodotto 87% dell’oppio mondiale nel 2005 – circa 4.100 tonnellate – generando 2,7 miliardi di profitti illeciti, che ammontano a più del 50% del PIL. Il “2005 Afghanistan Opium Survey”, pubblicato in novembre, stima che il valore complessivo di questa produzione, una volta trasformata in eroina e distribuita sui mercati mondiali, può raggiungere oltre 40 miliardi di dollari.
In aggiunta, in anni recenti, piccoli laboratori per la trasformazione hanno cominciato a proliferare in Afghanistan, producendo l’anno scorso circa 420 tonnellate di eroina. L’aumento della produzione domestica di eroina ha creato un mercato di consumo locale che è in rapida crescita, favorendo la diffusione di Hiv/Aids in un paese con infrastrutture minime e servizi sanitari inesistenti.
Inoltre, i percorsi usati dai convogli dei trafficanti non si limitano più alla notoria golden route attraverso il Pakistan e l’Iran, ma si sono moltiplicati, soprattutto attraverso le ex repubbliche sovietiche, contribuendo così ad ulteriormente promuovere l’instabilità in un contesto politicamente già volubile.
La lotta internazionale al narco-traffico, così come condotta oggi, non funziona anche perché l’eradicazione e le colture alternative colpiscono l’anello debole della catena, i contadini, per i quali l’opzione di abbandonare la coltivazione del papavero è quasi impossibile visto i debiti contratti con i trafficanti che gestiscono l’accesso al credito e al mercato. E’ evidente che questa politica non solo non intacca, ma alimenta il potere della narco-élite che operano in un ambito di sostanziale impunità. Il rischio che corre l’Afghanistan è di vivere di una rendita illegale che alimenta la corruzione, mantiene i gruppi armati e rafforza l’instabilità a livello regionale. Questo potrebbe spingere l’Afghanistan ad allontanarsi da ogni forma di stato di diritto, disimpegnandosi dal contratto sociale con i propri cittadini che così faticosamente si sta tentando di stabilire.
Proprio a causa della grave minaccia che un’economia basata sull’illegalità pone alla stabilità e alla democrazia in Afghanistan, si dovrebbe iniziare a pensare alla coltivazione regolamentata del papavero per fini medici, in particolare per gli anti-dolorifici. Le Nazioni unite calcolano che sei paesi prescrivono da soli il 78% della produzione legale di oppiacei, che indica una crisi nell’approvvigionamento per gli altri 185 paesi membri dell’Onu. Sempre le Nazioni unite stimano che ci sono 45 milioni di persone con l’Hiv/Aids in paesi dove il sistema sanitario è pressoché inesistente, e che nei prossimi vent’anni ci saranno circa 10 milioni nuovi casi di cancro nei paesi in via di sviluppo. Potenzialmente, dunque, la domanda di produzione legale di oppio per antidolorifici,-morfina, codeina etc…è enorme. Per non sottolineare la insopportabile contraddizione per la quale , in un paese produttore di oppiacei , negli ospedali di Kabul la scarsita di morfina è pressoche totale e molte volte si opera “a vivo”
Mi auguro che i governi, le organizzazioni internazionali e le personalità che parteciperanno alla conferenza di Londra non ignoreranno l’invito del Parlamento europeo, poiché offre all’Afghanistan una via valida e praticabile ad una strategia anti-narcotici che si è dimostrata fallimentare. Riguardo allo sciagurato provvedimento italiano sono d’accordo con Enrico Boselli quando sostiene che la sua modifica debba rappresentare una priorità nel caso di vittoria del centro-sinistra. Per intanto, questo è l’impegno della rosa nel Pugno.