di Filippo Facci
I voti della Rosa nel pugno non sono né tanti né pochi: sono i voti che sono mancati al Polo perché potesse vincere. Se preferite, sono i voti che lo hanno fatto perdere. Quei commentatori che ora si compiacciono di un voto radicale giudicato comunque inferiore alle aspettative (forse le loro) personalmente mi paiono stucchevoli, e fanno il paio con chi ha fatto di tutto per mortificare ogni pulsione libertaria che pure nel centrodestra c’è, e continuerà a esserci. La sostanza è che a sinistra hanno Emma Bonino e noi Bruno Tabacci: quest’ultimo lunedì pomeriggio ha detto che Berlusconi era la causa dell’insuccesso del centrodestra, fate vobis. Un Paese diviso non è necessariamente un male: una tensione sociale e politica può anche essere benefica a fronte dell’inclinazione italica al compromesso e alla mediazione, può evidenziare le contraddizioni, smuovere le acque limacciose del consociativismo caro ai democristiani: ciò che resta impensabile, come invece è stato fatto, è pretendere di bipolarizzare e spaccare il Paese anche su tutte le questioni civili ed etiche (dal divorzio breve alla procreazione assistita, dalle pillole abortive sino ai pacs) che implicano piuttosto una comprensione delle mille sfumature che colorano un Paese. Sia il Polo che l’Unione hanno argomenti per dire di aver vinto le elezioni, ma forse sarebbe più utile capire in che misura le hanno perse.