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L'Espresso – Ostia: Il lido è un affare, ma solo per i gestori Affitti ridicoli allo Stato e ricavi milionari

di Gianfrancesco Turano

Come ogni estate riemerge il problema dei costi delle concessioni ai gestori dei bagni, in media appena 3mila euro annui. Un trattamento di favore che l’Europa ci chiede di cambiare ma che la potente lobby dei balneari difende. E di cui godono anche molti vip

Arriva l’estate e puntualmente la questione delleconcessioni marittime finisce sott’acqua. Di rinvio in rinvio, di proroga in proroga, l’affittopoli da spiaggia si è salvata anche dalla furia riformatrice del governo Renzi. La prossima data utile per risolvere il caso con una nuova legge è il 15 ottobre 2014. Ma occhio a scommetterci perché prima c’è stato il 15 aprile 2014 e prima ancora una lunga serie di impegni solenni di esecutivi vari. Tutti solennemente e variamente mancati.

Così anche nel 2014 lo Stato incasserà dai canoni del demanio marittimo una cifra in calo rispetto ai 102,6 milioni del 2012 e ai 102,1 milioni del 2013, contro un giro d’affari stimato prudenzialmente in 2 miliardi di euro annui. Inoltre, per il secondo anno consecutivo, il governo ha inserito nel decreto sull’Irpef, quello degli 80 euro in busta paga, una norma che consente ai 32 mila imprenditori del settore di versare l’affitto a fine stagione (15 settembre), anziché all’inizio.

È un altro successo della lobby dei balneari che schiera un vasto assortimento di sigle sindacali (Federbalneari Confindustria, Assobalneari Confimprese, Cna-Balneatori, Fiba Confesercenti, Sib-Fipe Confcommercio) e soprattutto appoggi bipartisan fra i politici nazionali e locali.

Ne sa qualcosa il democratico Gabriele Cascino. L’assessoreligure all’urbanistica è partito con un’operazione trasparenza svelando tutti i canoni d’affitto di lidi e stabilimenti della regione che è la seconda per gettito (11,5 milioni di euro di canoni) dopo la Toscana (13,2 milioni). Insieme alla pubblicazione dell’elenco, Cascino aveva promesso di aumentare gli affitti del 100 per cento. Ma si è dovuto ricredere dopo una serie di attacchi arrivati sia dall’opposizione sia dall’interno della sua giunta. Alla fine, ha faticato a portare a casa un ritocco del 25 per cento.

Resta l’insoddisfazione civica di notare che, in località comePortofino, una lista di vip gode di accessi a mare privati, attracchi o piattaforme per una spesa di poche migliaia di euro. Fra loro, i fratelli Marco e Raffaele Tronchetti Provera, l’ex Pirelli ed ex vicepresidente Telecom Carlo Buora, Evelina Recchi della famiglia di costruttori torinesi, l’industriale tessile Pier Luigi Loro Piana e lo stilista Stefano Gabbana. Sono canoni legati al possesso di un’abitazione e i vip con villa a Portofino non guadagnano con le loro concessioni. Ma il ripetitore Telecom Italia del golfo del Tigullio paga un affitto di 1722 euro annui e non serve certo per le gite in yacht.

Nell’altra località di lusso del Levante, Santa Margherita Ligure, l’affitto più alto lo paga il Lido Punta Pedale (7500 euro) seguito dall’hotel Regina Elena (6000 euro). Altri quattro stelle come il Metropole e il Continental pagano 3614 e 1989 euro. Con l’aumento varato dalla giunta ligure entreranno in cassa 1,5 milioni di euro in più che saranno reimpiegati per la manutenzione delle spiagge. I sindacati dei balneari hanno accettato la mediazione finale senza smettere di protestare per una serie di balzelli che ritengono ingiustificati a livello nazionale. Fra questi, un’Iva portata al 22 per cento contro il 10 per cento di altri settori turistici e il pagamento di Ici e Imu che, secondo i rappresentanti della categoria, competerebbe al titolare della proprietà immobiliare e non al concessionario.

E poi c’è il fattore recessione che colpisce tutte le fasce dell’offerta, dal piccolo lido all’impianto multifunzionale con centro benessere, discoteca, ristorante e kinderheim. Anche un prodotto glamour come il Twiga di Marina di Pietrasanta è in calo di incassi verticale. La società di gestione dei bagni versiliesi (Mammamia di Flavio Briatore, Daniela Santanchè e Giuseppe Blengino) è scesa da 4 milioni di ricavi nel 2011 a 2,7 milioni nel 2013 e da un profitto di 400 mila euro a una perdita di 40 mila.

Il Twiga è un caso esemplare dei guasti prodotti dal lassismo legislativo. Lo stabilimento ha una superficie di 4485 metri quadri e paga alle casse pubbliche un canone di 14 mila euro all’anno. Ma Briatore, che non è titolare diretto della concessione ma è in subaffitto, ne paga 300 mila a una società (Magnolia) che non pubblica bilanci dal 2008. Contro la subconcessione, una rendita parassitaria che gran parte degli stessi balneari è d’accordo ad abolire, non si è fatto nulla. Così come è rimasta sostanzialmente inapplicata la direttiva Bolkestein, autentica bestia nera dei balneari. Emessa dall’Ue nell’ormai lontano 2006 per favorire la concorrenza nei servizi, la direttiva è in attesa di applicazione da anni e ha già portato all’apertura di una procedura di infrazione contro l’Italia. L’Unione non ci ha multato perché ha accettato la promessa, fatta nel gennaio 2010 dall’allora governo Berlusconi, di una nuova legge sul settore che contemplasse anche la messa a gara delle concessioni. Il termine ultimo, fissato alla fine del 2015, ha avuto come unico effetto un blocco ancora più totale del settore. I politici non intervengono. Gli imprenditori fanno il meno possibile in termini di investimenti perché non hanno garanzie di restare titolari di concessione da qui alla stagione 2016.

E così si va avanti con affitti annuali medi di 3 mila euro a stabilimento e situazioni di sperequazione enorme. A Forte dei Marmi, dove solo tre stabilimenti sono inseriti nella fascia più alta, il Bagno Felice paga 6560 euro per 4860 metri quadri. A Punta Ala, l’Alleluja paga 5230 euro su 2420 metri e il Gymnasium 1210 euro per 2136 metri.

A Capalbio, lo stabilimento l’Ultima spiaggia versa 6.098 euro su una superficie di 4105 metri quadri, mentre il lido-ristorante Carmen Bay paga 3302 euro per 2172 metri. Di regione in regione le variazioni sono notevoli. Il Luna Rossa di Gaeta paga 11800 euro per 5381 mentre il Bagno azzurro di Rimini, che ha quasi la stessa superficie, versa 6700 euro.

La differenza dipende anche dalla quantità di parte edificata e non facilmente rimovibile. Più è alta, più sale il canone. CosìOstia, il paradiso del cemento, fa segnare affitti record come quello del Belsito (24832 euro su oltre 10 mila metri di cui 511 edificati). Il più ecologico Carrubo di San Felice Circeo, paradiso del windsurf, spende 1946 euro per 3038 metri quadri, quasi la metà del Delfino, sempre al Circeo, che occupa 5477 metri. Il Valle dei corsari a Sperlonga se la cava con 940 euro, l’incasso di qualche ora in un giorno festivo.
Da presidente del Consiglio, Enrico Letta aveva inserito la valorizzazione delle concessioni marittime fra gli obiettivi del suo programma “Destinazione Italia”. Uscito di scena Letta, la gestione del problema è rimasta al confermato sottosegretario all’Economia, il veneziano Pier Paolo Baretta, ex sindacalista della Fim-Cisl.

Anche il direttore dell’Agenzia del Demanio, Stefano Scalera è stato confermato nell’incarico da Matteo Renzi ma scade il 16 ottobre ossia il giorno dopo il termine fissato per risolvere la questione delle concessioni marittime. Lunedì 14 luglio è previsto un incontro interministeriale con i rappresentanti dell’Economia, degli Affari regionali, delle Infrastrutture e dell’Agenzia del Demanio per affrontare le linee guida della nuova legge e i nodi principali: le gare sulle concessioni e i criteri di calcolo dei canoni.

Nel frattempo, i balneari entrano nel vivo di un’altra stagione sotto il segno della crisi. Sperando che non sia la loro penultima estate.