RADICALI ROMA

“L’Italia con il club dei dittatori per il seggio al Consiglio ONU”

L’Italia fa l’occhiolino all’alleanza dei dittatori che appoggia il Venezuela per un posto nel Consiglio di sicurezza dell’Onu e la politica estera del governo Prodi considera «il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici degli optional». Non ha peli sulla lingua Matteo Mecacci, rappresentante all’Onu del Partito radicale transnazionale e membro della direzione della Rosa nel pugno. Nell’intervista a Il Giornale spara a zero sull’astensione dell’Italia nel voto fra Guatemala e Venezuela, anche se le ultime notizie da New York indicano che si troverà un candidato di compromesso.

Quarantuno votazioni per il seggio nel Consiglio di sicurezza in rappresentanza dei paesi latinoamericani, e permane il braccio di ferro fra Venezuela e Guatemala con l’astensione dell’Italia. Perché critica così fortemente questa decisione?
«Perché la scelta politica dell’Italia è diversa da quella presa dai nostri alleati democratici, in particolare all’interno dell’Unione Europea dove siamo l’unico Paese che non si oppone alla candidatura di Chavez (il presidente venezuelano, ndr). Anche la Spagna di Zapatero, non certo filoamericana, ha votato per il Guatemala. In secondo luogo la candidatura del Venezuela è molto pericolosa per il rafforzamento del ruolo delle Nazioni Unite. L’obiettivo di Chavez è limitare la possibilità del Consiglio di sicurezza di intervenire sui dossier più delicati, dall’Iran, alla Corea del Nord, sul nucleare, fino alla Siria e alla Birmania».

Il Guatemala è il candidato caldeggiato dagli Usa, ma chi appoggia il Venezuela?
«Chavez fa parte di un’alleanza dei dittatori, con i quali stringe accordi commerciali e militari. Proponendosi come portavoce di questa alleanza nel Consiglio di sicurezza ha ottenuto i voti di Russia, Cina, Bielorussia, Siria, Iran, Vietnam e molti Paesi arabi».

Quali sono i motivi per i quali non vogliamo inimicarci l’alleanza dei dittatori?
«L’alleanza dei dittatori sta assumendo, per motivi economici ed energetici, un peso sempre maggiore. Da una parte l’Italia ha pensato di tutelare la propria elezione al Consiglio di sicurezza garantendosi il voto di questi Paesi, e dall’altra vuole ritagliarsi un ruolo e un’immagine di mediatore fra l’alleanza dei dittatori e l’Occidente, ma in realtà è una politica opportunistica senza prospettive».

Lei ha parlato di «ruolo distruttivo del Venezuela all’interno del Consiglio di sicurezza». Cosa intende?
«Il Venezuela potrebbe ostacolare le decisioni su tutti i dossier delicati, dato che da dopo l’Irak si segue la regola non scritta del consenso».

Cosa pensa delle dichiarazioni del ministro degli Esteri Massimo D’Alema che ha giustificato l’astensione dicendo che non possiamo votare contro un Paese dove vive una consistente comunità italiana?
«Mi sembra un argomento che non trova giustificazione. La presenza di una comunità italiana non può venire associata al governo del Paese che la ospita, tanto più se si tratta di un governo con un’impostazione autoritaria e antidemocratica. Forse D’Alema intendeva che ci sono interessi economici in gioco, e questo conferma che la politica estera del governo Prodi ha un’impostazione mercantilista, dove il rispetto dei diritti umani e dei principi democratici sono degli optional».

Il responsabile esteri dei Comunisti italiani, Iacopo Venier, ha apertamenete appoggiato l’elezione del Venezuela. La maggioranza è «ostaggio» delle frange estreme?
«Non direi ostaggio delle frange estreme, che esprimono posizioni anacronistiche intrise di antiamericanismo. Parlerei piuttosto di una realpolitik secondo la quale la deriva militarista e l’autoritarismo di Chavez, a discapito dei diritti umani, non pongono problemi».