Le ultime, severissime parole del Papa non hanno fatto breccia, da palazzo Chigi non sono arrivati contrordini e dunque è deciso: al “conclave” di Caserta arriverà anche un corposo dossier sui diritti civili. Oltre alle unioni di fatto, sulle quali liberamente discuteranno ministri e leader di partito, saranno presentati tre provvedimenti fortemente innovativi: la definizione per legge – e per la prima volta in Italia – di “quote rosa” nelle liste elettorali e in alcuni enti pubblici; l’attribuzione da parte dello Stato di marchi di qualità ad aziende private che si distingueranno nella promozione delle donne; una nuova disciplina sulla trasmissione dei cognomi ai figli, con la fine del secolare primato dei papà sulle mamme. Nel giorno in cui il Pontefice è tornato a farsi sentire – una volta ancora e con parole più forti che mai – sulla questione delle unioni di fatto, nei palazzi della politica progressista si è lavorato quasi soltanto alla preparazione del seminario a porte chiuse di Caserta. E per uno dei tanti paradossi dell’Unione, il dossier-diritti si preannuncia uno dei terreni di più incisiva innovazione da parte di un governo che era nato con una complicatissima alchimia tra cattolici e laici, un esecutivo nel quale convivono un presidente del Consiglio «cattolico adulto» e almeno cinque formazioni (Partito radicale, Sdi, Rifondazione comunista, Pdci, Verdi) dichiaratamente laiche; personalità vicinissime al cardinale Camillo Ruini (Paola Binetti, Luigi Bobba, Renzo Lusetti) e personaggi come Marco Pannella.
Il dossier sarà portato al tavolo di Caserta dalla ministra per le Pari Opportunità Barbara Pollastrini, una dirigente ds con un passato (giovanile) da militante di “Servire il popolo”, arrivata al governo con la fama di femminista dura e pura e che invece sta affrontando i dossier di sua competenza con un pragmatismo che, sinora, ha impedito all’ opposizione non soltanto di cavalcare temi così delicati, ma anche di dividere l’Unione. La ministra chiuderà il dossier domani sera, ma quel che conta è già pronto. Nella sua cartellina – perché non si sa mai – ci sarà la bozza del ddl sulle unioni di fatto, che era stato preparato dal professor Stefano Ceccanti, che non era dispiaciuto al leader di An Gianfranco Fini e sul quale sta lavorando il ministro della Famiglia Rosi Bindi per il necessario concerto sul testo finale da portare al Consiglio dei ministri prima del 31 gennaio. I leader sono d’accordo di non parlare dettagliatamente della questione ma per sommi capi, ribadendo i punti cardine sui quali c’è l’intesa: riconoscimento delle unioni di fatto con tutela dei singoli e non delle coppie; non si renderà necessaria la registrazione per i principali diritti e doveri come assistenza sanitaria e previdenziale, successione nel contratto di locazione, benefici connessi al rapporto di lavoro; per i gay né matrimoni né possibilità di adottare figli.
Nella bozza sulle quote rosa che sarà presentato a Caserta si prevede che un terzo dei candidati eleggibili alle elezioni politiche sia donna, grazie ad un escamotage di questo tipo: nelle liste non potranno essere presenti «più di due candidati consecutivi dello stesso genere». Al conclave sarà illustrato anche un provvedimento “licenziato” poche ore prima di Natale, d’intesa con la Giustizia e la Famiglia: dopo il matrimonio la donna non solo terrà il proprio cognome, ma ai figli verranno trasmessi i cognomi di entrambi i genitori. L’ordine dei cognomi – prima quello di papà o quello dì mamma? – sarà stabilito al momento del matrimonio per gli sposati, al momento della nascita per i conviventi e in caso di disaccordo si provvederà a sorteggio. Quando il figlio a sua volta diventerà padre, deciderà lui quale trasmettere tra i due cognomi a suo tempo ricevuti.