Dichiarazione di Riccardo Magi, Presidente di Radicali italiani, consigliere comunale a Roma.
Sul tragico episodio di Boccea, come avviene costantemente in tutta Italia, assistiamo da ore alla solita becera strumentalizzazione di certi politici e certa stampa: veri e propri imprenditori del l’intolleranza che oggi, alla vigilia di una scadenza elettorale, ricordano gli imprenditori che brindavano la notte del terremoto dell’Aquila.
Se volessero davvero rendere un servizio ai propri lettori ed elettori, spiegherebbero loro, dati alla mano, che ogni anno purtroppo centinaia di persone muoiono a causa di pirati della strada. La Capitale poi conta un numero di vittime ogni centomila abitanti che è doppio o triplo rispetto ad altre capitali europe e superiore anche rispetto alle altre città italiane. Nel nostro paese il 76% dei pirati della strada è italiano e l’11% delle vittime è straniero, come la donna di origine filippina morta ieri a Roma, i ragazzi rumeni uccisi a Trapani e Palermo l’uomo africano ucciso a Rosarno.
Le colpe di un gesto di tale gravità non possono dunque ricadere sull’intera comunità degli autori della strage.
Parlare di ‘emergenza rom” (a Roma 7000 cittadini, lo 0,002 per cento della popolazione, molti dei quali italiani), è chiaramente una menzogna, resa possibile solo dal combinato disposto di interessi politici ed economici, emersi con chiarezza nell’inchiesta su Mafia Capitale.
La soluzione delle “ruspe”, che di quell’emergenza creata ad arte rappresenta il complemento perfetto, è il solito colpo di coda di una politica avariata che determina in ogni periodo pre-elettorale un drammatico ‘gioco dell’oca’ di insediamenti da un quartiere periferico all’altro, o l’inaugurazione di piani emergenziali con la costruzione di enormi campi o centri di raccolta, come quelli inaugurati dal ministro leghista Maroni. Nel corso del 2014 a Roma sono stati documentati 34 sgomberi forzati, per una spesa stima di 1.315.000 euro. Il risultato è sotto gli occhi di tutti. La parola d’ordine ‘mandiamoli a casa loro’ di fronte a cittadini italiani o divenuti apolidi a seguito delle guerre nei balcani, non vuol dire assolutamente nulla e come tale lascia di fatto la situazione invariata negli anni.
La verità è che la chiusura dei campi rom non è un punto programmatico della Lega o di Fratelli d’Italia, ma è un obiettivo fissato dalla Commissione europea e recepito nel 2012 dal Governo con la Strategia nazionale di inclusione. La questione, dunque, non è se, bensì come. Per superare la politica dei campi basta confrontarsi con altre città europee, dove modelli alternativi sono stati realizzati con successo anche grazie a quei fondi strutturali di cui il nostro Paese non fa nemmeno richiesta. È ora di affrontare questo problema come si affrontano nelle grandi città i problemi abitativi dei baraccati, degli indigenti, al di là della loro etnia.