RADICALI ROMA

Montecitorio, quando le spese sono «super segrete»

Primo punto all’ordine del giorno: «Impianto di videosorve­glianza facciata di Montecitorio». Si riunisce il collegio dei questori, tre in tutto, e delibera. Comunica­zione pubblica della decisione, tra­smessa all’archivio della Camera e consultatale da tutti: «II collegio de­libera sulla questione in oggetto». Delibera cosa? Non si sa. Su che ti­po di impianto? Non si sa. Quanto costa? Non si sa.

 

 

 

Altro punto all’ordine del giorno: «Le infrastrutture strategiche». Vo­lete sapere cosa sono? Impossibile. Almeno per gli atti di Montecitorio. I tre questori si riuniscono ancora una volta, uno di Forza Italia (Fran­cesco Colucci), uno dell’Ulivo (Ga­briele Albonetti), un terzo del Pdci (Severino Galante), e come sempre deliberano in modo unanime. Infor­mazione pubblica sulla decisione: «II collegio autorizza le spese per l’affidamento di un’attività di ricer­ca sulle infrastrutture strategiche». Punto.

 

 

 

Del Parlamento sappiamo quasi tutto. I bilanci raccontano quanto si spende, per quali settori la spesa viene suddivisa. Ma se volete cono­scere i dettagli di ogni decisione, do­vete rinunciare. Nel cosiddetto «Bollettino degli organi collegiali» ogni decisione viene divulgata co­me capolavoro di stringatezza, rias­sunta senza alcuna cifra, pubblicata senza mai riferimento a imprese, tipologie di lavori, numero e qualità dei beni acquistati. Del lavoro dei tre questori, così vengono chiamati i deputati che decidono, esistono i verbali delle riunioni e le delibere, ma sono interna corporis: «Atti che possono contenere notizie sensibili — così dice l’ufficio stampa della Ca­mera — e che quindi non vengono resi pubblici».

 

 

 

Sarebbe impossibile in un’azien­da quotata in Borsa, è impossibile per la maggior parte delle ammini­strazioni controllate dalla Corte dei Conti, è possibile per Senato e Camera. Verbali e delibere sugli ac­quisti sono segreti: «Si fa così dall’inizio della Repubblica — dice il deputato Galante—e mi rendo con­to che non è proprio il massimo del­la trasparenza, ma non possiamo farci niente, nessuno ha mai posto il problema. Se dobbiamo essere una casa di vetro, concordo, occor­rerebbe cambiare».

 

 

 

Negli anni non pochi hanno prote­stato, molti parlamentari hanno storto il naso, ma nessuno ha rite­nuto di dover correggere la proce­dura. Il risultato, almeno fra gli ad­detti ai lavori, è la fama che il Bollet­tino si è fatto: ermetismo parlamen­tare allo stato puro. Con le naturali code di voci, sospetti, insinuazioni: tre questori con troppi poteri; tanta segretezza per non attribuire pubblicità a decisioni che hanno an­che bisogno di riservatezza per po­ter essere adottate.

 

 

 

Di certo c’è l’effetto comico della vi­cenda, per usare un eufemismo. Volete sapere cosa compra la Camera, cosa mette dentro gli uffici, come li arreda, da chi ordina i mobili, per quale importo? Volete sapere troppo. Che sia 1 o 100 mila euro il collegio comunque au­torizza «alcune spese in tema di allesti­mento degli uffici». La delibera è ridot­ta a una riga e mezza. Volete sapere quali software girano sui computer dei deputati? Dovete accontentarvi del fat­to che «il collegio adotta alcune delibe­re in tema di servizi informatici».

 

 

 

L’unica cosa che viene comunica­ta con precisione è la data della se­duta, l’ora di inizio e di fine della riu­nione. Colucci promette: «Mi farò carico del problema». Ma prima ca­de dalle nuvole. Sapere qualcosa in più del «servizio di depolveratura del patrimonio librario», o della «somministrazione di lavoro a tem­po a determinato», o del «restauro del patrimonio artistico e dell’ac­quisto di nuove opere», o ancora di «una nuova rete idrica per alcuni pa­lazzi della Camera» (quali? boh), ri­marrà probabilmente ancora per molto impossibile. Per il momento, semplicemente, «il collegio delibe­ra in tema». O al massimo «autoriz­za la spesa».