La lievitazione dei costi della politica è un elemento fondamentale innanzitutto della questione meridionale, ma costituisce anche un problema nazionale. Giorgio Napolitano, iniziando ieri una visita di due giorni in Puglia, non ha fatto esempi precisi, ma è più che probabile che, assieme ad altri, avesse in mente almeno due casi, uno locale e uno nazionale. A Taranto si sta allargando sempre di più lo scandalo degli «stipendi d’oro» al Comune, che ha concorso a determinare un buco di bilancio di 420 milioni di euro, cifra che oltretutto continua a gonfiarsi: mazzette e tangenti a parte, vi erano alcuni dirigenti comunali che si assegnavano stipendi di oltre 20 mila euro al mese. Sul piano nazionale, sono ancora fresche di stampa le polemiche sulla liquidazione d’oro, oltre sette milioni, dell’ex-amministratore delegato delle ferrovie. Ma si tratta, ovviamente, solo di due esempi di un fenomeno molto più esteso.
E così, prendendo ieri la parola alla Fiera del Levante, il presidente della Repubblica ha detto che «vanno seriamente considerate innegabili esigenze di razionalizzazione e semplificazione, di fronte a duplicazioni e confusioni di responsabilità e di poteri, a moltiplicazioni di istanze decisionali e di enti derivati e quindi di incarichi elettivi e non elettivi retribuiti in modo ingiustificato». Esiste quindi, innanzitutto, un problema di sovrapposizioni istituzionali e operative, che spiega però solo in parte il disgustoso fenomeno pubblico di «incarichi elettivi e non elettivi retribuiti in modo ingiustificato». L’accenno a incarichi «non elettivi» era proprio volto a includere casi di nomine pubbliche strapagate, come, appunto, quello di Enzo Catania. «Combattere fenomeni di spreco da congestione istituzionale e in special modo di dilatazione del costo della politica – ha insistito Napolitano – è parte importante del discorso sull’efficienza dell’azione di governo e amministrativa in particolare nel Mezzogiorno». Insomma, un’azione di governo efficace impone «una corretta utilizzazione delle risorse pubbliche».
Entrando nel merito della questione meridionale intesa nel senso più generale, Napolitano ha osservato che «non ha senso» cancellare questa espressione come esempio di «vecchia retorica», coltivando invece «la nuova retorica della “questione settentrionale”».
Rilanciare lo sviluppo nel Mezzogiorno comporta, oltre che l’erogazione di investimenti in trasporti e infrastrutture, prevedere per il Sud una «fiscalità di vantaggio». E’ per questo che le auspicabili «larghe intese» sulle necessarie riforme istituzionali devono produrre innanzitutto risultati per quanto riguarda «l’indirizzo federalista sancito dalla Costituzione con la riforma del suo Titolo V». Il presidente della Repubblica ritiene «un compito urgente e ineludibile» attuare «le prescrizioni dell’articolo 119» della Costituzione e, a questo fine, invita il Parlamento non solo a dotare di una legge attuativa la riforma del Titolo V realizzata nel 2001, ma anche a rendere più radicale quella stessa riforma.
La giornata barese di Napolitano è iniziata con un incontro molto significativo, quello con i parenti dei due operai morti sul lavoro a Monopoli lo scorso 18 agosto. Il Presidente è già intervenuto più volte sul tuttora dilagante fenomeno delle morti bianche e ieri ha rinnovato «un appello perché si proceda ispettivamente contro, e molto più a fondo, nella lotta contro il lavoro sommerso e non garantito». E ha invocato «più lavoro legale e garantito contro fenomeni di spaventosa regressione che calpestano i diritti e mettono in pericolo la vita dei lavoratori». Si trattava di un riferimento alla piaga «certamente inaudita e assurdamente regressiva, del caporalato, dei lavoratori stranieri, degli immigrati».
Prima di recarsi a un concerto nella basilica di San Nicola, Napolitano ha voluto compiere una visita anche alla libreria Laterza, la casa editrice di Benedetto Croce, che diventò punto di riferimento decisivo per la formazione delle coscienze antifasciste del Sud. Oggi il convoglio presidenziale si sposterà a Lecce.