Com’è possibile, a soli dieci giorni dalla parata, che improvvisamente venga negato un diritto sancito dalla Costituzione?»: è quanto si chiede il presidente nazionale di Arcigay, Aurelio Mancuso, commentandola decisione della questura di Roma di ritirare l’autorizzazione al Gay pride romano a concludersi in Piazza San Giovanni. «Se com’è stato riferito ciò è dovuto al fatto che all’interno dei palazzi Lateranensi si tiene durante la giornata un convegno internazionale, con un concerto conclusivo dentro la Basilica dice Mancuso – ciò si prefigurerebbe come un’inutile e incomprensibile provocazione politica. Cosa c’entra il Pride con un convegno clericale? Quali problemi d’ordine pubblico potrebbero sorgere tra una parata che sfila nelle vie di Roma e si conclude nella serata nella storica piazza e un’iniziativa della gerarchia cattolica dentro le mura della Basilica?». E ancora: «Esprimiamo la nostra solidarietà e chiediamo al ministero degli Interni di garantire il regolare svolgimento, così come autorizzato l’11 aprile, della manifestazione a Roma con la conclusione in Piazza San Giovanni, così come di tutti gli altri Pride previsti in questo periodo, da quello concomitante a Milano il 7 giugno a quello nazionale di Bologna del 28 giugno».
Fabrizio Marrazzo, presidente di Arcigay Roma rincara la dose: «La decisione della questura di Roma di negare piazza di San Giovanni in Laterano al Roma Pride a pochi giorni dalla manifestazione è un gesto incomprensibile. Ci auguriamo che la situazione venga tempestivamente chiarita con il tutto il coordinamento organizzatore per assicurare il regolare svolgimento del Roma Pride secondo quanto previsto dal programma diffuso ormai da diversi mesi. La conferma della impossibilità di manifestare in piazza San Giovanni sarebbe molto grave».
Un «diniego inaccettabile»: così i Radicali Rita Bernardini, Marco Perduca e Sergio Rovasio commentano la revoca della piazza. «Riteniamo quindi del tutto inaccettabile questo diniego e ci auguriamo che le autorità rivedano questa loro decisione, nella quale si potrebbe scorgere un profumo d’incenso per gratificare le gerarchie vaticane che, lo ricordiamo, non sono proprietarie della piazza».