RADICALI ROMA

Non c'è pace per l'Ara Pacis

 

Roma, la guerra dell’Ara Pacis  – Riapertura fra le polemiche: domani l’inaugurazione del museo dopo sette anni di lavori. La struttura di vetro e travertino firmata dall’architetto americano Meier. Una grande biblioteca, centinaia di reperti e un auditorium nel progetto. Alemanno: se vinco sposto la teca. No anche di Italia Nostra.

ROMA – È toccato a Gianni Alemanno, nelle vesti di candidato sindaco di Roma, dare fuoco alle polveri, ma il progetto di Richard Meier per la nuova teca dell’Ara Pacis è stato accompagnato dalle polemiche sin dall’inizio, fra tutte la più feroce quella di Vittorio Sgarbi. Alemanno ha lanciato una provocazione: «Se vinciamo il 28 maggio smonteremo la teca e la rimonteremo in periferia». In questo clima infuocato domani mattina (ndr stamattina) verrà inaugurato il museo dell’Ara Pacis dell’architetto americano, dopo sette anni di lavori, nel giorno del Natale di Roma, a conferma che l’Ara Pacis ha finalmente trovato il suo palcoscenico ideale, dopo lo smantellamento della teca costruita in fretta e furia nel ’38 dall’architetto Vittorio Ballio Morpugo per preservarla dalle intemperie, obiettivo fallito visto lo stato in cui è ridotta.

L’architetto Richard Meier ha inventato una struttura di vetro e travertino, ariosa e altissima, che lascia passare la luce a fiotti e permette per la prima volta di vedere nella sua interezza il recinto di marmo scolpito che attornia l’ara sacra. I bassorilievi che si susseguono lungo le pareti del monumento non sono più appiattiti e quasi nascosti dagli stretti spazi in cui li aveva costretti la teca di Morpugo. All’interno la temperatura sarà costante tra i venti e i ventidue gradi, l’umidità al 40%, per salvaguardare l’Ara Pacis dopo i lavori di restauro, che si annunciano lunghi e complessi. Completa il progetto una panca-scalinata, sempre in travertino, dal lato della piazza, dove sarà posta una fontana. All’interno della grande teca ci sono anche una biblioteca, un museo nel quale sono esposti 500 reperti provenienti dagli scavi della stessa Ara Pacis, un Auditorium. Sopra, due terrazze, una delle quali ospiterà un roof garden.

Il progetto prevede un tunnel sotto l’attuale lungotevere nel quale passerà il traffico, mentre la terrazza dal lato del Tevere dovrebbe avanzare fino al fiume. Richard Meier ha voluto anche ricreare l’orologio solare che si ergeva al centro di Campo Marzio con una colonna posta all’entrata del museo. Per ora una colonna in cemento, perché nei magazzini della sovrintendenza di Roma non ne è stata trovata una antica delle dimensioni necessarie al progetto.

Ieri, intanto, in attesa che sia il pubblico a decretare il successo o l’insuccesso dell’opera di Meier, la provocazione lanciata da Alemanno ha scatenato una lunga serie di reazioni. «La teca non può essere spostata, perché non può essere spostata l’Ara Pacis e la teca è stata costruita intorno all’Ara, come punto fisso. Solo l’idea è del tutto irrealizzabile», commenta il sovrintendente di Roma Eugenio La Rocca. «È una proposta da bar dello sport», taglia corto l’architetto Paolo Desideri che aggiunge: «Bisognerebbe farne altre 10 di cose così belle a Roma». «Mi sembra un pretesto incomprensibile. Ci sono problemi ben più grandi», sostiene l’architetto Vittorio Gregotti. Mentre invece si schiera con Alemanno Italia Nostra: «La nostra associazione è fermamente contraria a quest’opera. L’edificio in sé potrebbe anche non essere brutto ma non avrebbe mai dovuto essere messo in quel luogo e in quel contesto». «È un’opera sbagliata, sarebbe stato meglio non realizzarla», rincara l’architetto Paolo Portoghesi. Risponde l’assessore all’urbanistica del Comune di Roma Roberto Morassut: «La proposta di Alemanno di smontare la teca di Meier trasuda cultura estremista». 

 

di Renata Mambelli
da La Repubblica del 20.04.06

Alemanno e la sua sfida «Vinco e smonto Meier». Il candidato Cdl sull’Ara Pacis. Perplessi gli alleati: «Forse scherzava…».

 

(…) La tesi di An è quella nota: la teca che protegge l’Ara Pacis è «uno sfregio per la città, Roma è stata violentata, e con tempi e costi triplicati rispetto a quelli di partenza». E allora Alemanno dice subito che «se vinciamo, se divento sindaco, la teca di Meier sarà smantellata e andrà in periferia, ne faremo un museo». Le fondamenta della teca scendono oltre i cinquanta metri di profondità. Ma questo non sembra essere un problema per An, né gli altri, i costi e il tempo necessario per rifare tutto: «Noi faremo un concorso pubblico, invece dell’assegnazione diretta da monarca». E dunque: nel giorno in cui non c’è più alcun dubbio sulla scelta della Cdl per un unico sfidante di Veltroni – l’ufficialità arriverà stamani – il prescelto, Gianni Alemanno, lancia la sua proposta: Meier in periferia, all’Ara Pacis deve essere tutto rifatto. (…)

Ma gli alleati cosa pensano della proposta di Alemanno sull’Ara Pacis. In verità, almeno fino a metà pomeriggio – prima del vertice pomeridiano – semplicemente, non sapevano. Baccini (Udc): «Dobbiamo ancora discutere del programma, Alemanno parlava da candidato di An, non da candidato della cdl». Antoniozzi (Forza Italia), prima ride poi dice: «Non so bene cosa dire, non mi pare rientri nel programma, di sicuro ancora non ce ne ha parlato. Io ho proposto il secondo Raccordo anulare…». Cutrufo, il senatore della Nuova Dc candidato al Campidoglio, prova a districarsi: «Ma scherzava o era serio?». Era serio. (…) In città deflagra la polemica sulla teca di Meier: «Italia nostra» e «Agenzia per la città» si dichiarano d’accordo con la proposta di An.

Invece la reazione dell’assessore del Campidoglio, Roberto Morassut, è critica: «La proposta di Alemanno di smontare e trasferire la teca di Meier trasuda una cultura estremista che conferma la distanza da sensibilità moderate, responsabili e di governo. La CdL – continua Morassut – si sta affidando, come dimostra tale dichiarazione, ad un esponente politico che interpreta le posizioni più estremistiche dell’alleanza. A quando la proposta dello sventramento del Tridente e del Ghetto? Non si sa cosa dire di una dichiarazione di tale assurdità. Soltanto che mancano da parte della Cdl e del suo candidato programmi e idee credibili per Roma».

 

di Alessandro Capponi
dal Corriere della sera del 20.04.06

E l’Ara Pacis diventò l’altare della discordia. Alla vigilia dell’inaugurazione il candidato sindaco annuncia: «Non parteciperò alla cerimonia, quell’opera è una violenza al cuore della città». Alemanno: «Se vinciamo porto la teca di Meier in periferia». Morassut: «Cultura estremista».

 

Non è tempo di Pax romana. Men che mai dalle parti di lungotevere in Augusta, dove c’è un antico Altare della Pace (IX sec. a.C.) e una nuovissima teca della discordia. Domani il monumento riapre al pubblico, ma il candidato a sindaco di Roma di An, Gianni Alemanno, ha già avvisato: «Se vinciamo smonteremo la teca di Richard Meier: è l’esatto esempio di come l’urbanistica e l’architettura moderna non devono operare nei centri storici». E ancora: «Verrà collocata in periferia, riqualificherà sicuramente meglio un’area dall’architettura razionalista».
Per questo il ministro non sarà presente all’inagurazione, «uno sfregio nel cuore della città, un atto di arroganza intellettuale verso i cittadini, una violenza alla visuale». Perpetuate, ha aggiunto il consigliere comunale di An, Marco Marsilio, senza confronti né selezioni, «ma con una chiamata diretta da parte dell’allora sindaco Rutelli, avallata da Veltroni». Piuttosto, in caso di vittoria, il 28 maggio, Alemanno, ha annunciato di voler bandire un concorso internazionale per piazza Augusto Imperatore in cui inserire anche il progetto di c
opertura dell’Ara Pacis. «Coinvolgeremo architetti e associazioni. Ma mi chiedo: un’Amministrazione che ha discettato sul fatto di distruggere o meno i Fori Imperiali, che ha criticato lo sventramento avvenuto in passato nella città storica, come giustifica un’opera del genere?».

Immediata la reazione del Campidoglio. «La proposta di Alemanno trasuda una cultura estremista che conferma la distanza da sensibilità moderate, responsabili e di governo – ha replicato l’assessore all’Urbanistica, Roberto Morassut – A quando la proposta di sventramento del Tridente e del Ghetto?». Gli “sventratori” siete voi: il botta e risposta è continuato di nuovo con Alemanno: «Il dissenso sulle scelte di un’amministrazione di sinistra non può essere semplicisticamente qualificato come atto di estremismo». Marco Marsilio ha poi ricordato in conferenza i «quattro anni di ritardo (doveva essere consegnata il 4 aprile 2002), le quattro varianti e il costo lievitato del 266% rispetto a quello previsto: da 5 milioni e 940mila euro a 15 milioni e 800mila. Un’operazione fallita, una delle peggiori pagine scritte in questa città».
Tutto lo stato maggiore di An contro la teca di Meier. Anche Fabio Rampelli, deputato e capogruppo alla Regione: «Veltroni chieda scusa alla città per il metodo antisportivo che è stato scelto per demolire la teca razionalista di Morpurgo e decidere la nuova costruzione, prenda atto delle contestazioni, e magari promuova un referendum». Voci importanti, ricorda Rampelli, si sono levate contro «la pompa di benzina di piazza Augusto Imperatore: dal principe Carlo d’Inghilterra al professor Muratore, da Portoghesi a Italia Nostra, da Purini ai comitati del centro storico, da Leon Krier a Fare Verde, da Maurice Culot all’Agenzia per la città, da Sgarbi a Zecchi».

Polemiche che hanno accompagnato la nuova struttura sin dal ’99, e che infiammano la vigilia dell’inaugurazione, prevista per domani, nella ricorrenza del Natale di Roma. Il nuovo progetto, di oltre 4 mila mq, sarà accessibile ai visitatori già dalle 15 (e per l’occasione fino alle 22). Sarà una sorta di cantiere-scuola, con i restauratori al lavoro sotto gli occhi dei visitatori. Nei sotterranei successivamente sarà realizzato un Centro studi augustei, anche uno spazio espositivo per quei frammenti dell’Altare non inseriti nel monumento. Per il momento ancora chiusi al pubblico anche l’auditorium e la fontana. «Sarò presente agli altri appuntamenti legati alla celebrazione del Natale di Roma – ancora Alemanno – ma non all’inaugurazione dell’Ara Pacis. Perché è un progetto, uno sfregio, che non vogliamo avallare».

I PARERI DEGLI ARCHITETTI – «Proposta da bar dello sport», «No, quell’opera è sbagliata». 
Divisi anche gli architetti, diplomaticamente. «Una proposta da bar dello sport», così Paolo Desideri, commenta la proposta di «smontare la teca di Meier» lanciata da Alemanno. «Se tutta l’architettura fosse a livello della teca di Meier saremmo a cavallo. Questo non vuol dire che io l’avrei fatta allo stesso modo ma una cosa è certa: bisognerebbe farne altre 10 di cose così belle a Roma». Per l’architetto, che ha progettato la riqualificazione della Stazione Tiburtina, quella di Alemanno «è una proposta bizzarra che vuol affrontare quello che è l’ultimo dei problemi». Tra i progetti di Desideri, anche l’ampliamento del Palazzo delle Esposizioni: «Chissà, magari quando vedrà la mia di teca, fatta in vetro, vorrà smontare anche questa», ironizza. Difende l’illustre collega anche Vittorio Gregotti: «Mi sembra un pretesto sul quale ci si accanisce e che risulta incomprensibile. Ci sono problemi ben più grandi, questa è una polemica del tutto inadeguata».

Nettamente contrario si dice invece Paolo Portoghesi. «È un’opera sbagliata, sarebbe stato meglio non realizzarla. Sicuramente Meier ha fatto meglio con la chiesa di Tor Tre Teste». E ancora: «E’ stato un guaio costruire un volume così pesante che isola la piazza e il mausoleo di Augusto dal lungotevere. È un’opera sbagliata in molti aspetti, esempio per la scelta di affiancare quel travertino materico a superfici lisce. Però prima di abbatterla sarebbe meglio aspettare il giudizio del tempo. Gli errori si fanno ma non è detto che non si possa cambiare opinione: d’altronde se avessero dato retta alle reazioni del tempo anche la Torre Eiffel ora non sarebbe al suo posto». Critico pure Franco Purini: «La soluzione di Meier non ha posto le premesse per risolvere la situazione della piazza, ma l’ha complicata. Non sono contrario a Meier, che anzi apprezzo molto ma a un’operazione che è stata frettolosa». »E lancia una proposta: «Sarebbe bello pensare a una soluzione che veda l’Accademia delle Belle Arti, adiacente al mausoleo, poter gestire il nuovo spazio, altrimenti sospeso nel vuoto».

 

di Raffaella Troili
da Il Messaggero del 20.04.06

Scontro con il Comune sul progetto dell’Ara Pacis

 

PER OGNI candidato una promessa elettorale. Quella di Berlusconi è stata l’eliminazione dell’Ici, quella di Alemanno il trasloco della teca dell’Ara Pacis in periferia, in caso di vittoria del centrodestra alle prossime elezioni comunali del 28 e del 29 maggio. Il progetto di Meier insomma, a poche ore dall’inaugurazione torna a far parlare di sé. La proposta è stata diffusa insieme al consigliere comunale Marsilio a metà mattinata in via Barberini, all’interno delle sale del «Comitato per Alemanno sindaco»: e la promessa elettorale del candidato di Alleanza Nazionale non ha tardato a far esplodere le polemiche. «Se vinciamo le elezioni togliamo la teca dell’Ara Pacis e la spostiamo in periferia, per farvi edificare un museo. Perché lì non può rimanere. Siamo certi – ha continuato Alemanno – che all’inaugurazione dell’Ara Pacis il 21 aprile ci saranno molti turisti, e curiosi, e romani. Ma una cosa è certa, che la copertura lì non può rimanere: questo non significa dire che vogliamo levare via tutto ciò che hanno fatto sia Rutelli che Veltroni». E se è stato Fabio Rampelli (An) a proporre a Veltroni un referendum sulla questione, immediata è stata la replica dell’assessore ai Lavori Pubblici Morassut: «La CdL – ha commentato – si sta affidando a un esponente politico che interpreta le posizioni più estremistiche dell’alleanza. A quando la proposta dello sventramento del Tridente e del Ghetto?» e il botta e risposta tra l’assessore ai lavori pubblici e il ministro per le Politiche Agricole Gianni Alemanno, attuale candidato sindaco per la CdL che ha risposto con un «Ho letto le curiose dichiarazioni dell’assessore Morassut che paragona lo smantellamento della teca di Meier allo sventramento del Tridente e del Ghetto. È esattamente il contrario – ha commentato – perché interventi pervasivi come la costruzione della teca di Meier in un’area di grandissimo valore storico e architettonico come quella in cui è inserita l’Ara Pacis equivale a una violenza nel centro storico della nostra città». «Mi sembra un pretesto sul quale ci si accanisce e che risulta incomprensibile. Ci sono problemi ben più grandi e questa è una polemica del tutto inadeguata». Così ha commentato l’architetto Vittorio Gregotti.

 

di S.C.
da Il Tempo del 20.04.06

Non c’è pace per l’Ara Pacis. Alemanno: «L’enorme teca di Meier? La sposteremo in periferia».

 

«Se vinceremo le elezioni, smonteremo la teca di Meier. E bandiremo un concorso internazionale per risistemare da capo l’area di piazza Augusto Imperatore». Questo l’impegno pubblico del candidato sindaco di An, Gianni Alemanno, alla vigilia delle celebrazioni per il Natale di Roma. Nel corso della conferenza stampa di ieri a via Barberini, Alemanno ha puntualizzato: «Non penso che un’amministrazione nuova debba smontare tutto quello che ha fatto la precedente, ma in questo caso lo dico con chiarezza:  se vinciamo alle Comunali, la teca verrà smontata
e rimontata in periferia per diventare un museo. L’opera di Meier è l’esatta dimostrazione di come l’architettura moderna non deve operare nei centri storici. Non si devono fare interventi pesanti, decontestualizzati, senza un disegno complessivo. Nel concorso internazionale per piazza Augusto Imperatore, inseriremo anche la nuova copertura dell’Ara Pacis. Chiameremo a confronto i migliori architetti ed urbanisti, coinvolgeremo nella scelta le associazioni ed i residenti».  Il consigliere comunale Marco Marsilio ha rievocato il lungo e travagliato iter dell’opera: «Rutelli la affidò direttamente a Meier, senza bando. Per far digerire l’operazione alla Sovrintendenza, il 26 novembre 1998 fu firmato un accordo di programma fra l’allora ministro dei Beni culturali, Veltroni, il presidente della Regione, Badaloni, ed il Comune di Roma. I lavori avrebbero dovuto durare 18 mesi, al costo massimo di 16 miliardi di lire».

L’appalto venne affidato nel 2000. Nell’aprile 2001 i cantieri si bloccarono per l’intervento della Sovrintendenza archeologica, il progetto fu revisionato. Cominciarono ad arrivare i primi “no” dal mondo della cultura. Qualche esempio? C’è solo l’imbarazzo della scelta. Giorgio Muratore, urbanista: «L’Ara Pacis è un cantiere impazzito». Renato Nicolini, architetto ed ex assessore alla cultura del Comune: «Il progetto di Meier è uno dei peggiori che l’architetto statunitense potesse escogitare». Manfredi Nicoletti, architetto: «Bisogna fermare subito lo scempio». Federico Zeri, storico dell’arte: «Meier conosce Roma come io conosco il Tibet».  Vittorio Sgarbi, storico dell’arte: «Faremo uno sciopero della fame per bloccare questo crimine contro l’umanità». Massimiliano Fuksas, architetto: «Sono stato sempre contrario al progetto».

La vicenda ben presto oltrepassò i confini: il Principe Carlo d’Inghilterra, appassionato di architettura, indignato, definì l’opera «una pompa di benzina» (Daily Telegraph, 9 aprile 2001). Contro la gigantesca teca di vetro, acciaio e travertino anche Italia Nostra, e le associazioni del centro storico.  Malgrado tutto, però, il Comune ha tirato dritto. Domani l’opera verrà inaugurata da Veltroni, malgrado restino ancora da realizzare la fontana, l’obelisco esterno e l’arredo dell’Auditorium. I tempi, però, sono saliti da 18 mesi a 6 anni, i costi da 5,94 milioni a circa 15, con un incremento del 266%.

Ieri a Morassut, che ha definito «estremista» la posizione di Alemanno, ha replicato duramente Italia Nostra: «La nostra associazione è fermamente contraria all’opera di Meier, l’intera struttura dovrebbe essere abbattuta oppure smantellata e portata in periferia.
Non c’è rispetto per i cittadini, tutto viene deciso senza considerare la loro opinione e in barba a qualsiasi idea di partecipazione». Questa mattina Alemanno terrà una nuova conferenza stampa sull’inaugurazione della Fiera di Roma: «È comunque un passo avanti per la città, – ha anticipato – ma anche lì abbiamo molte cose da dire».

 

di Marcello Viaggio
da Il Giornale del 20.04.06

Su il sipario, l’Ara Pacis va in scena. Venerdì l’inaugurazione del Museo. Restauri in pubblico, come un cantiere scuola.

 

È il monumento che Augusto fece edificare come simbolo di pace. Per ironia della Storia è lo stesso che nel terzo Millennio ha scatenato una disputa senza fine. Le prime polemiche datano 1999. E in realtà non sono mai finite. Da una parte i “conservatori” che avrebbero voluto mantenere intatta la teca realizzata nel 1938 in tutta fretta dall’architetto Vittorio Ballio Morpurgo, dall’altra il nuovo progetto, un grande complesso di oltre 4237 mq, un’opera di ingegneria strutturale, un gioco di ombre e di luci.

Il Museo s’inaugura dopodomani. Già dalle 15 i primi visitatori potranno ammirare l’Altare edificato nel I secolo a.C al centro di una grande struttura di vetro e travertino. Il progetto che l’americano Richard Meier, star dell’architettura mondiale, è riuscito a portare a termine è più o meno lo stesso che alcuni definirono la bara-Pacis e altri con meno veleno l’ Ara sine pace. Ma è destino di questo Paese dividersi (e il fiuto di Augusto imperatore già all’epoca in cerca di pax varrebbe un suppplemento di indagini ).

«Non mi sembra vero che questo giorno sia arrivato – ammette il professor Eugenio La Rocca, soprintendente comunale ai Beni culturali – quelle polemiche rasentarono l’assurdo: il vero protagonista era e rimane il monumento. Che a causa dei danni prodotti dal traffico e dall’inquinamento – continua il professore – richiederà un’opera di pulizia e di recupero delicata. I restauratori lavoreranno sotto gli occhi dei visitatori, sarà bello ed anche interessante vederli all’opera, un motivo in più per venire all’Ara Pacis».

A parte il primo giorno in cui l’orario sarà prolungato fino alle 22 per tutti gli altri il Museo sarà accessibile dalle 9 alle 19. E sarà una sorta di cantiere-scuola, un esempio concreto di work in progress. «Negli spazi sotterranei realizzeremo un Centro studi augustei, gli altri spazi serviranno per esporre i frammenti dell’Altare che sono stati recuperati ma non inseriti nel monumento», spiega ancora La Rocca.

Per rispettare i tempi il cantiere è rimasto aperto anche durante le festività pasquali (gli operai hanno lavorato anche il Lunedì dell’Angelo). Gli spazi che verranno inaugurati nella ricorrenza del Natale di Roma non comprendono però né l’auditorium né la fontana per il momento chiusi al pubblico. «Non facevano parte dell’appalto e verranno consegnati entro giugno», chiarisce Gennaro Farina, il direttore dell’ufficio Città storica che ha seguito i lavori. Verrà completata la scalinata ma – come già era stato detto – senza la colonna che Meier avrebbe voluto. «Non siamo riusciti a trovarne una delle dimensioni chieste da Meier, (120 centimetri di diametro). Quelle che abbiamo o sono troppo piccole oppure già impiegate in spazi museali», ricorda il soprintendente che suggerì di attingere dai magazzini comunali per lasciare un segno coerente con il contesto architettonico. La ricerca dell’antica colonna continuerà anche nei prossimi mesi. L’obiettivo è collocare in cima e al centro della scalinata dalla quale si accede alla Teca una colonna con un rapporto in scala con lo gnomone, la ”lancetta” dell’ orologium augusti , la meridiana che indicava l’ora proiettando l’ombra.

Diverso è il caso della fontana. Per vederla in funzione e dotarla di un getto d’acqua adeguato sarà necessario potenziare la capacità idrica della zona. Commenta Morassut, assessore all’Urbaniastica: «Questo monumento riuscirà a imporsi e a farsi amare. Nonostante sia stato preceduto e accompagnato da un dibattito aspro, noi siamo riusciti a rispettare i tempi, la congruità di spesa e di procedure».

Infine un dettaglio che proprio dettaglio non è: nel giorno dell’inaugurazione verrà annunciata dal vice sindaco Maria Pia Garavaglia la nuova card, un’unica carta per accedere nei musei statali e comunali. Ora c’è un motivo in più per utilizzarla.

 

di Claudio Marincola
da Il Messaggero del 19.04.06

Riapre al pubblico l’Ara Pacis – L’Ara Pacis Augustae è di nuovo visibile. Venerdì 21 aprile, giorno in cui tradizionalmente si festeggia il Natale di Roma, l’illustre monumento – la cui costruzione fu voluta dal Senato romano il 9 a.C. per celebrare il ritorno vittorioso di Augusto dalle province occidentali e la pacificazione di Gallia e Spagna – riapre con una cerimonia ufficiale alla quale sarà presente,  accanto al sindaco, anche l’architetto americano Richard Meier, autore del nuovo e contestato «involucro». Il nuovo assetto del monumento, in vetro, acciaio e travertino, sostituisce quello realizzato nel 1938 dall’architetto Vittorio Morpurgo che, nel suo più contenuto impatto visivo, era preferito da molti,  a cominciare da Vittorio Sgarbi che si è a lun
go e inutilmente battuto contro il progetto di Meier, da lui definito «un bar di Miami».

 

 

Ara Pacis, ancora un’inaugurazione La teca di Meier non piace a nessuno 

Veltroni inaugura la «pompa di benzina», Roma perde l’Ara Pacis. Per il Compleanno della capitale, venerdì 21 aprile, il sindaco torna ad accendere su di sé i riflettori con l’inaugurazione pre-elettorale della teca di Richard Meier. E da An si alzano bordate di polemiche: «È un’opera profondamente sbagliata – accusa il consigliere Marco Marsilio, che per otto anni si è battuto contro il progetto – Meier ha ignorato sia piazza Augusto Imperatore sia il contesto del centro storico.  Rutelli si è permesso nel ‘96 il lusso dell’affidamento diretto, mentre avrebbe dovuto fare, come tutti i sindaci, un concorso internazionale di architettura. Non c’è stata invece alcuna possibilità di scelta. In qualunque altra città del mondo per molto meno un sindaco sarebbe stato contestato a furor di popolo. Non siamo più ai tempi in cui il Principe sceglieva l’artista di corte».

L’Ara Pacis, l’altare eretto nel 9 a.C. per celebrare le gesta dell’imperatore Augusto, per secoli ha caratterizzato l’area urbana fra il Tevere e il Mausoleo di Augusto.  Ora lo scatolone ultramoderno di Meier spezzerà per sempre il passaggio fra il fiume e la città. La nuova teca di vetro e travertino «festeggerà», in chiave elettorale, i 2.579 anni della Capitale e la conclusione dei cinque di Veltroni. Peccato che il Mausoleo di Augusto sia ridotto a una latrina per cani, i colonnati siano regno di barboni, tutto attorno si respiri aria di abbandono. Veltroni, avverte Marsilio, annuncerà venerdì finalmente il concorso internazionale per piazza Augusto Imperatore: «Meglio di niente. Ma chiunque vincerà, si troverà di fronte la teca di Meier su un lato della piazza, gli equilibri sono ormai compromessi. Si rischia di ripetere anche sugli altri tre lati l’impostazione modernista dell’architetto americano, che non ha niente a che vedere con il centro storico».

Niente da dire. Nel cuore della Città Eterna, la teca fa l’effetto di Cape Kennedy. Ma non è ancora finita. Mancano la fontana esterna, di cui si intravede la base, e l’arredo dell’Auditorium. Al posto dell’obelisco di travertino,  che secondo il progetto va collocato davanti alla scalinata d’ingresso, si è ricorsi per ora a un prefabbricato in cemento bianco. Ma tant’è. Veltroni taglierà ugualmente il nastro. E batterà di sicuro un record mondiale: quello di inaugurare due volte la stessa opera. La prima il 22 settembre 2005 in una coreografia di luci sfavillanti che fece il giro dei tg di tutta Italia. E che nascose a stento l’immagine dei cantieri in piena attività. Ora si replica. Peccato che ai residenti la «pompa di benzina»,  il nomignolo che hanno affibbiato alla teca, vada decisamente di traverso: «L’opera non ci piace assolutamente – sbotta Adriano Angelini, presidente del comitato di quartiere «Il Tridente» -. Lo abbiamo detto fino dall’inizio. Piazza Augusto Imperatore doveva avere la priorità. Invece resta abbandonata a sé stessa. È diventata una sorta di baraccopoli sepolta dall’immondizia. Il lavoro dell’architetto americano è di stampo troppo moderno, non si integra assolutamente con il centro di Roma». I lavori, fra progetto e intervento, vanno avanti da circa dieci anni e sono costati ufficialmente 13 milioni di euro. Italia Nostra contesta: molto di più, circa 17 milioni. In ogni caso quasi tre volte la somma iniziale – 5,9 milioni – concordata con l’ex sindaco Rutelli. I ritrovamenti archeologici hanno costretto a numerose variazioni in corso d’opera. Che hanno portato i costi alle stelle. «All’epoca, Rutelli aveva pure promesso che i lavori sarebbero durati uno-due anni» sottolinea Marsilio. Ne sono occorsi invece sette.  E anche questo è un record mondiale. Con la piena partecipazione del successore: il sindaco Veltroni.

 

di Marcello Viaggio
da Il Giornale del 19.04.06

L’Ara Pacis c’è, l’obelisco resta un rebus. Venerdì 21 alle 11.30 l’apertura. Biglietti a 6 euro e mezzo. L’antica colonna non è stata trovata: per ora sarà in cemento con valore allegorico. S’inaugura come promesso per il Natale di Roma la teca inventata da Meier. Per il compleanno dell’Urbe, la teca di Meier. Attese e polemiche.

 

Sette anni di lavoro e un investimento di 13 milioni di euro. Tanto è servito per terminare il nuovo museo dell’Ara Pacis. Sarà il sindaco Walter Veltroni ad inaugurare, il 21 aprile alle 11.30, l’imponente opera. Una teca in vetro e travertino, progettata dall’architetto americano Richard Meier, che custodirà il più antico e famoso altare della capitale. Una struttura complessa all’interno della quale particolari sensori manterranno, con qualsiasi condizione climatica esterna, la temperatura fissa di 20 gradi (quella richiesta per la conservazione dei beni culturali). Tra sette giorni romani e turisti che vorranno visitare l’edificio potranno farlo al prezzo di 6 euro e mezzo. Il progetto però non è ancora terminato del tutto. Mancano all’appello la fontana e l’arredamento completo dell’Auditorium. Entrambi finanziati ed entrambi con consegna fissata a luglio. Ma il vero «mistero» dell’inaugurazione rimane l’obelisco. Abbandonata l’idea di costruirne uno in travertino, stop anche alla ricerca di una adatta colonna antica. Si è optato per una provvisoria colonna in cemento bianco. Decisione di Richard Meier.

La data scelta è quella del compleanno. Perchè per i suoi 2759 anni (circa, perchè la nascita oscilla fra il 753 a.C – secondo Varrone – e il 750 a.C.) Roma riceverà come dono un nuovo museo per l’Ara Pacis. Un dono che è costato 13 milioni di euro e che si è fatto un po’ attendere: i lavori, iniziati nel 1999, sono durati sette anni. Ma il 21 aprile 2006 il più famoso altare dell’antichità, quello che Augusto volle innalzare terminate le guerre di Gallia e Spagna nel 9 a.C., sarà di nuovo visibile all’interno del suo imponente monumento in vetro e travertino, disegnato dall’architetto americano Richard Meier. Costituisce «una perfetta sintesi – afferma l’assessore all’Urbanistica Roberto Morassut – di quello che noi vorremmo sempre più realizzare per Roma nei prossimi anni. Una sintesi di passato e futuro – aggiunge – perchè un monumento tra i più rappresentativi dell’età classica è adesso inserito in un edificio tecnologicamente avanzato, sia per la sua forma architettonica che per l’impiantistica».

Sicuramente l’Ara Pacis si troverà bene all’interno della nuova teca: un sistema di sensori mantiene, infatti, perennemente costanti temperatura e umidità dentro la struttura. I gradi di calore saranno gli stessi in estate ed in inverno, esattamente 20, mentre l’umidità sarà sempre al 40%. Sono considerate le condizioni ideali per la conservazione dei beni culturali.

L’inaugurazione con il sindaco Walter Veltroni è già fissata alle 11,30: subito dopo romani e turisti potranno visitare il museo, pagando un biglietto di 6,50 euro. Troveranno l’edificio di Richard Meier, che sarà nella capitale per l’occasione, «quasi» completamente finito. Mancheranno, infatti, solo due piccoli particolari: la fontana e l’arredamento completo dell’Auditorium. Sono già finanziati e saranno entrambi terminati completamente entro il mese di luglio, quando anche l’ultimo operaio abbandonerà il cantiere. La fontana, una grande vasca con getti d’acqua che creeranno anche giochi geometrici, ha visibile per il momento solo l’ossatura. Per l’Auditorium mancano gli arredi interni. I pannelli di legno chiaro che rivestiranno le pareti, la moquette, che sarà anch’essa dai toni chiari, gli impianti e le poltrone: sono state disegnate dallo stesso Richard Meier e saranno realizzate dalla ditta Frau.

Non sarà neppure in funzione il Coffee shop , anche se il roof-garden è pronto: sarà il gestore a decidere quando aprirlo. Sarà, invece,
perfettamente organizzata e funzionante la libreria, dove i primi visitatori troveranno tutti i libri che vogliono sull’Ara Pacis e sul nuovo museo di Meier.

Il vero «giallo» di questa inaugurazione riguarda l’obelisco, collocato lungo la scalinata d’ingresso, dove gli operai stanno sistemando gli ultimi lastroni. L’architetto americano l’aveva previsto nello stesso materiale che riveste l’edificio, in travertino. Ma alla presentazione della pre-inagurazione, alla fine di settembre, era stata annunciata la grande novità: niente obelisco moderno, ma una colonna antica, scelta tra le tante che giacciono nei vari musei della capitale. Non è stata, però, trovata. Nessuna corrispondeva, infatti, alle precise richieste di Richard Meier su altezza e diametro: 9 metri e 99 centimetri per l’altezza; 120 centimetri di diametro. Misure dettate non a caso. L’obelisco deve, infatti, riprendere con un preciso rapporto in scala lo «gnomone», elemento verticale dell’ orologium Augusti , che proiettando la sua ombra, indicava l’ora. Un’orologio solare, una meridiana, situato in Campo Marzio, sotto l’attuale edificio del Parlamento, che aveva anche una caratteristica extra: il 23 settembre, giorno del compleanno di Augusto, la sua ombra entrava all’interno dell’Ara Pacis. Un’allegoria significativa che Richard Meier ha voluto riprendere, ovviamente in scala, essendo all’epoca romana le dimensioni della piazza ben diverse da quelle che oggi separano la colonna dall’altare.

Così niente colonna antica, e, per il momento, niente obelisco in travertino. Si è corso ai ripari con una colonna che sarà realizzata in cemento bianco. Una colonna «prefabbricata», che sarà installata sulla scalinata solo il giorno prima, e che, almeno per ora, conserverà l’allegoria dell’orologio di Augusto. Poi si vedrà.

E chissà se termineranno tutte le polemiche che in questi anni hanno accompagnato la realizzazione del museo: anni durante i quali i lavori sono stati fermi per mesi, è stato eliminato dal progetto iniziale un muro alto tre metri che avrebbe finito per coprire la chiesa di San Rocco. Ma alla fine, grazie alle nuove fondamenta, realizzate anche con criteri antisismici, sono stati ricavati nelel intercapedini 500 metri quadri in più di uffici.

 

di Lilli Garrone
dal Corriere della sera del 14.04.06

Il Sovrintendente La Rocca: «Direttori di museo la trovano tutti bellissima»

 

«Apriamo. Normalmente. Il pubblico entrerà dal 22 aprile, e quello sarà un bel sabato per la città…» Soddisfazione per Eugenio La Rocca, il sovrintendente ai monumenti del Comune. Dopo sette anni siamo al dunque: l’Ara Pacis ritorna tra le bellezze di Roma.

Lei è contento, ma c’è chi ancora invoca l’abbattimento della struttura di Meier.
«Persone come Sgarbi, penso che alludiate a lui, dovrebbero venire a vedere. Lui purtroppo non ha mai visto, per quel che so, la creazione di Meier. Sa, ho portato proprio oggi il direttore del museo di Monaco di Baviera, Raymond Wünsch. Mi ha detto: “È bellissima”. Poco tempo fa è venuto il direttore dell’Istituto archeologico germanico di Roma, Dieter Mertens. Stesse parole. Sono in tanti, a esprimere questi concetti. Che so, mi viene in mente uno come Giovanni Carbonara…». C’è un biglietto da pagare: 6,50 euro. Era proprio necessario?
«C’è una delibera legata al sistema finanziario complessivo del comune di Roma. Quei 50 centesimo sono poi dovuti a un problema particolare. Ma in generale non saranno questi introiti a coprire di certo le spese sostenute. Servono solo a garantire i servizi, le pulizie, la guardiania…» Il piccolo auditorium non è ancora pronto. A che cosa servirà in ogni caso?
«Sarà pronto entro pochi mesi, insieme alla fontana e ai bordi della struttura. L’auditorium con i suoi duecento posti circa servirà innanzitutto per la presentazione del monumento stesso. E poi funzionerà come spazio per le attività culturali. Come Soprintendenza finora dovevamo rifugiarci ai Musei capitolini, nella Pinacoteca. Diciamolo, è un piccolo ma importante acquisto per la città, un nuovo spazio per la cultura».

L’Avversario Sgarbi: «Bisogna abbatterla proprio come Punta Perotti»

«Auguriamoci che un gruppo di no global oppure di tecnici guastatori del comune di Bari inviati dal sindaco Emiliano riservino all’Ara Pacis lo stesso trattamento di Punta Perotti…» Ancora linea dura di Vittorio Sgarbi, celebre per le sue invettive contro Meier da sottosegretario ai beni culturali prima di esserne rimosso dal ministro Urbani.

Perché tanta durezza, Sgarbi?
«Ma perché quello è un condominio che non potrebbe figurare neanche alla Balduina…Meier è un uomo insensibile e arido. Per lui vale il giudizio di Federico Zeri: “Meier conosce Roma come io conosco il Tibet dove non sono mai stato…”. E poi io non sono certo solo contro questa orribile creazione di Meier. Alla cena per la presentazione della mostra alle Scuderie del Quirinale su Antonello da Messina, quando Veltroni ha annunciato che il 21 nonostante Vittorio, così ha detto sorridendo verso me, si sarebbe inaugurata la nuova Ara Pacis, si sono alzati in due o tre, persone come Fabiano Fabiani o Giorgio Van Straten, e sono andati a dirgli che ho ragione io…» Davvero. Lo dice lei…
«Sa che le dico. Ho visto che Veltroni ha dovuto gestire questa eredità. Quella, lo sanno tutti, è stata una decisione presa da Rutelli. E sa che aggiungo: fortuna per loro che me ne sono dovuto andare via dal ministero. Altrimenti…» Altrimenti?
«L’Ara Pacis è dello Stato, non del comune di Roma. Anche Adriano La Regina, su questo punto, la pensava come me. Il comune l’ha ricevuta in comodato dal governatorato nel 1937. E allora io avevo avuto un’idea…». Quale?
«Io gliel’avrei portata via volentieri. L’avrei presa e messa in un museo dello stato. Così a loro sarebbe restata solo quella pizzeria di Meier…».

 

di Paolo Brogi
dal Corriere della sera del 14.04.06

Ecco l’Ara Pacis. È pronta a rinascere. Tolta dagli imballaggi dopo sette anni. Da ieri è cominciato il complesso restauro.

 

È stato come 70 anni fa, quando una mirata campagna di scavi trovò l’Ara Pacis otto metri sotto l’attuale livello stradale. Come allora i restauratori con grande cautela hanno svelato rilievi, fregi, decori, ghirlande, capitelli corinzi, palmette, piccole sculture.

Sono rimasti così, imballati in un involucro buio, dal giorno in cui si decise la demolizione del Padiglione che Morpurgo progettò in tutta fretta per celebrare l’Imperatore Augusto e il fascismo. E da quel giorno sono passati sette anni. Per l’Altare sacro quello di ieri è stato il primo fascio di luce. Una seconda nascita. Che poi vorrebbe dire una terza, una quarta, una quinta, visto che i “pezzi” furono ritrovati e acquistati poco alla volta dai Medici già nel Cinquecento e altri ritrovamenti e ricongiunzioni potrebbero ancora esserci. Chissà.

Il monumento ha attraversato due millenni ed è appena entrato nel terzo. Ma non è stato ancora interamente ricomposto. Frammenti in originale o in copia sono custoditi nei magazzini della Sovrintenza comunale ma anche a Villa Medici e al Louvre.

La data della rinascita però è già fissata. Il 21 aprile, tra meno di un mese verrà inaugurato il nuovo Museo firmato dall’architetto americano Richard Meier.

A vedere le condizioni in cui versa ora l’Ara, con i segmenti spezzati, le pareti scrostate, i gessi spaccati, i marmi stressati, verrebbe da dire che la vecchia Teca esposta com’era al traffico, e quindi a calore, freddo e inquinamento, era realemente inadeguata. E che la soluzione trovata da Meier le farà bene. Ma la questione è troppo querelleuse per riaccenderla a scoppio ritardato.

L’idea dell’architetto è creare un gioco di trasparenze, luci e ombre con al centro l’Ara Pacis. Una mise
in abyme , un racconto nel racconto. È difficile dire ora, con il cantiere più che aperto che mai e in funzione 24 ore su 24, se l’effetto sperato verrà raggiunto. Certo è che dopo essere saliti per la prima volta al piano superiore, il roof garden, quel recinto di marmo crea suggestioni, ha le sembianze di un cofanetto di gioie.

Gli esperti di Zètema si sono messi al lavoro. Non potevano farlo prima perché la polvere e tutto il resto non offriva condizioni adatte ad un restauro così delicato. Un’opera di cesello che farà riaffiorare poco alla volta le scene scolpite sui quattro lati. Allegorie, rievocazioni, il rito della fondazione, la famiglia imperiale, Augusto col capo velato, più alcune integrazioni pittoriche a completamento dei graffiti e festoni di foglia e frutta.

L’altare è al centro, sollevato su tre gradini. «Con il nuovo impianto climatico – sostengono i tecnici – riusciremo ad avere in questo punto una temperatura costante di 22 gradi sia d’estate che d’inverno e una umidità controllata, senza più escursioni termiche violente».

I lavori di consolidamento dell’Ara Sacra hanno dimostrato ciò che si temeva: il monumento è stato fissato utilizzando strutture di cemento. Spostarlo, dunque, come pure qualcuno aveva suggerito, non sarebbe stato possibile. Si sarebbe sgretolato.

Meier alla fine del mese sarà a Roma per fare il punto della situazione. Ma tutto lascia pensare che i tempi verranno rispettati. I lavori vengono costantemente seguiti dall’architetto Gennaro Farina, direttore dell’Ufficio città storica. Senza i ponteggi è più chiara la prospettiva, lo spazio, il segno, la luce che sono i temi preferiti di Meier. E già s’inizia a cogliere – meglio dire percepire – quel “senso di Campo Marzio”, di attesa e di incontro di cui parla l’architetto americano. I giochi di luce, i riverberi ma anche la protezione dall’eccesso di decibel. La promessa che al di là delle grandi vetrate il traffico scorrerà muto o quasi.

Meier come ogni archi-star ha dimostrato un’attenzione maniacale per i particolari. Ha preteso lastre di travertino della stessa storica cava di Tivoli e si è lamentato perché erano poche quelle con impresso il segno dei fossili (una lisca di pesce).

Il progetto strada facendo ha subito varie modifiche. Quattro varianti, uno stop di un anno, indagini geologiche e archeologiche a ripetizione. Più un’indagine della Corte dei conti che si è conclusa con una sentenza di assoluzione.

Alcune modifiche sono state dettate delle critiche, altre da causa tecniche. Dove prima si pensava fosse necessario scavare per le fondazioni sono stati ricavati locali per 800 metri quadri destinati ad uffici. Sono stati ampliati gli spazi commerciali e quelli espositivi. Nel grande atrio verrà allestita una mostra introduttiva con una serie di pannelli didattici e con i frammenti dell’Ara mai esposti prima. I lavori per l’Auditorium (comprese le 150 poltrone Frau) non hanno comportato aumenti di spesa. Il che non guasta. Si pensa inoltre di recuperare e rendere visibili alcuni resti dell’antico Porto di Ripetta.

Il nuovo complesso museale conterrà una biblioteca multimediale e un bar. Ma c’è anche chi pensa di realizzare sulla sommità dell’edificio un’altra terrazza panoramica collegata al roof garden da una scala elicoidale e protetta da una balaustra in acciaio inox tubolare. Dall’alto apparirà ancora più urgente l’intervento per riqualificare il Mausoleo di Augusto, oggetto per anni e anni di un lungo abbandono.

Il problema verrà affrontato dopo il 21 aprile con una operazione urbanistica ad hoc: un bando internazionale per immergere il quadrante in una nuova scenografia più aggregante di quella attuale. Un problema non risolto rimane invece quello della colonna posta alla sommità della scalinata iniziale, quasi una hall. Si pensava ad una colonna romana di grandi dimensioni che però non si è ancora trovata. In attesa di qualche nuova scoperta verrà montato un fuso in cemento. 

 

di Claudio Marincola
da Il Messaggero del 24.03.06

Ecco le meraviglie dell’Ara Pacis. Via gli ultimi ponteggi dalla grande opera di Richard Meier. Tra poco più di un mese sarà inaugurata la nuova sistemazione del monumento edificato per celebrare le vittorie di Augusto. I marmi rosati che coprono i pavimenti e le pareti della grande struttura vengono dalle cave di Tivoli. Nel museo ricavato dai sotterranei dell´Ara Pacis saranno esposti 500 reperti trovati durante gli scavi.

 

È la luce la convitata dell’architetto Meier, l’ospite d’onore della grande casa costruita su misura per l’Ara Pacis. Ora che anche gli ultimi ponteggi vengono tolti, lentamente la luce entra a fiotti dagli alti lucernai, dalle immense finestre verso il Tevere, ampliata e soffusa dai vetri opalini che si rincorrono lungo la facciata a schermare il sole, riverberando un’atmosfera luminosa che circonda l’antico monumento e ne mette in risalto i bassorilievi, abbracciandolo con discrezione. Mancano ormai poco più di quaranta giorni all’apertura al pubblico della grande opera dell’architetto Richard Meier, voluta con forza e decisione dal sindaco Veltroni, dagli assessorati alla Cultura e all´Urbanistica e dalla sovrintendenza archeologica di Roma e cresciuta tra polemiche spesso gratuite e grandi attese. Ora che gli operai stanno ultimando il pavimento del grande atrio con larghe lastre di travertino tagliate a vivo, si può cominciare ad assaporare tutto il fascino di questo ambiente destinato a contenere e a valorizzare l’Ara Pacis, edificata da Augusto tra il 13 e il 9 a.C. per celebrare la fine delle campagne di Spagna e di Gallia.

Ritrovata nel XVI secolo durante gli scavi a Campo Marzio, l’Ara, un recinto di marmo finemente adornato con scene della mitologia romana, personaggi della famiglia di Augusto e una processione sacra, fu racchiusa nel ’38 in una teca di marmo e vetro progettata dall’architetto Vittorio Ballio Morpurgo. Una teca che però non la preservava dall’inquinamento, soprattutto quello creato dal traffico che la sfiorava sul lungotevere. Di qui la decisione di cambiare completamente lo stile dell´ambiente destinato a contenere l’Ara sacra: non una teca, ma un vero e proprio museo.

Ora il progetto dell’architetto Meier ha preso corpo: il 21 aprile la nuova sede dell’Ara Pacis sarà inaugurata solennemente. E già ora, entrando dal grande atrio che sta per essere ultimato, si coglie l’impatto della visione del monumento romano, finalmente visibile intero, a colpo d’occhio, mentre la teca costringeva il visitatore a vedere i particolari, ma non l’insieme che invece potevano ammirare i contemporanei di Augusto. L’atrio infatti si allarga verso l’immensa sala, illuminata da tutti i lati e dai lucernai del tetto, compreso quello a campana che convoglierà nel salone che custodisce l’Ara altra luce. Di notte il percorso della luce sarà inverso: dall’interno l’illuminazione artificiale investirà l’esterno, il lungotevere – che diverrà pedonabile grazie a un tunnel destinato alle auto – e la vicina piazza Augusto Imperatore.

Gli ultimi tocchi riguardano la pavimentazione della sala con il bel travertino che viene dalle cave di Tivoli e degli altri interni, compresa la biblioteca, gli ambienti destinati alla didattica e il grande museo che troverà posto nell’area sotto l’Ara Pacis, nel quale verranno esposti quasi 500 pezzi provenienti dalla stessa Ara e anche dalla cosiddetta Ara Pietatis, dell’epoca di Claudio. Su un pannello saranno ricostruiti i frammenti dell’Ara Pacis che non sono stati collocati nel luogo originario, anche per far vedere concretamente al visitatore com’era il progetto dell’artista che compose l’opera al tempo di Augusto. Verrà aperto in un secondo momento invece l’Auditorium da 160 posti, ancora da terminare, e la grande terrazza, anch’essa in travertino, che arriverà fino a sporgersi sul fiume. Una seconda terrazza, in fase di completamento, verso la piazza, ospiterà un piccolo roof garden. Non è st
ata ancora individuata, invece, tra i reperti a disposizione della sovrintendenza, una colonna delle dimensioni richieste da Meier per ornare l’ingresso dell’edificio: si continua a cercarla.

 

IL PROGETTO – Il bando per il riassetto dell’intera area dovrebbe essere annunciato il prossimo 21 aprile: Augusto Imperatore, un concorso per ricucire piazza e Mausoleo. Primo obiettivo, allontanare il traffico e risanare il parco. Diversi interventi si sono succeduti negli anni, creando un insieme poco armonico. La soluzione adottata dall’architetto Morpurgo negli anni Trenta non convince.

Ed ora toccherà alla piazza: probabilmente proprio il 21 aprile, in occasione dell’inaugurazione dell’opera di Richard Maier, il sindaco Veltroni annuncerà finalmente il via al bando per il concorso per il riassetto di piazza Augusto Imperatore, atteso da tempo e dato per sicuro di anno in anno. L’Ara Pacis infatti si allunga su un lato della piazza, e nel progetto di Richard Meier è previsto, dal lato della scalinata che conduce all’ingresso, un lungo sedile di marmo che contribuirà a cambiarne l’assetto. Ma molto resta da fare, anche perché negli anni diversi interventi si sono succeduti, facendo di quest’area un insieme poco armonico.

L’attuale piazza Augusto Imperatore è sorta intorno a quel che resta dell’antico Mausoleo di Augusto, costruito tra il 31 e il 28 a.C. e destinato, nelle intenzioni di Ottaviano, a diventare la tomba dinastica della gens Giulio-Claudia. Augusto scelse per collocare il suo mausoleo, fatto a somiglianza di quello di Alessandro che aveva potuto ammirare in Egitto, l’area di Campo Marzio, all’epoca pressoché desolata e sede di altre tombe di uomini illustri. Il Mausoleo, il più grande del suo genere, con la caduta dell’impero romano subì, come altri illustri monumenti del tempo, il triste destino di diventare una cava di marmi. Fu spogliato, ridotto di dimensioni, e successivamente perse anche i due grandi obelischi di granito che l’adornavano e che furono spostati nel Rinascimento per abbellire l’Esquilino e la grande fontana del Quirinale.

Il Mausoleo di Augusto divenne sempre più simile a una collinetta sparuta nel centro di Roma. Il riassetto della piazza fu affidato negli anni ’30 all’architetto Morpurgo, lo stesso che costruì la teca per l’Ara Pacis, che lo isolò nella larga piazza che lo circonda attualmente, attorniandolo di severi palazzi dagli alti portici. La soluzione adottata non convinse già ai tempi del riassetto di Morpurgo, e anche meno convince oggi.

Il lavoro di consultazione avviato nei mesi scorsi in previsione del concorso da bandire è servito a mettere sulla carta almeno le linee sulle quali dovrà muoversi il progetto di risistemazioni della piazza. In realtà il problema più grande da affrontare è proprio quello di ricostruire una continuità, un rapporto tra il Mausoleo, attualmente quasi invisibile e dimenticato al centro del piccolo parco che gli è stato “cucito addosso”, e le strade che lo circondano. Bisognerà quindi reinserire il Mausoleo all’interno del quartiere, studiando spazi che permettano di fruirne e allontanando il traffico e i parcheggi. Ma il progetto dovrà riguardare anche il parco, in particolare i cipressi che attorniano la tomba e che si sono andati rovinando negli anni.

 

di Renata Mambelli
da La Repubblica del 07.03.06