RADICALI ROMA

«Non credo nel made in Italy» Bonino gela tutti e tifa Europa

La tutela dell’italianità dei prodotti a Emma Bonino, ministro del commercio estero, non procura emozione. L’ex commissario europea spiega perché.

Ministro ha l’aria di infastidirsi quando le si parla del progetto di legge noto come «100% prodotto italiano». Troppo sciovinista per lei?
Su tutta la questione «Made in”, «100% Italia”, «marchio”, eccetera, ho avuto molto spesso occasione di dire ai colleghi parlamentari che francamente non è una strada da percorrere.

L’alternativa?
Una strada non meno in salita che è quella del Made in Europe. La direttiva europea incontra altrettante difficoltà e non riusciamo a raggiungere la maggioranza in consiglio europeo.

Lei dunque sta dalla parte della commissione.
Vede, l’idea di introdurre un’etichettatura obbligatoria e standard con l’indicazione della provenienza sui prodotti sensibili non è un’originalità eurocratica. Ce l’hanno i principali paesi attivi nel commercio internazionale, come Usa e Giappone.

…tuttavia la pratica non si sblocca.
Sono contro alcuni importanti paesi partner della Ue, i quali, rispetto a noi sono meno manifatturieri e più distributori.  

Dal programma dell’Ice, emerge una strategia volta piuttosto al presidio dei mercati con missioni e postazioni di promozione sul campo. Ma non avverte un certo sovraffollamento di viaggi governativi?  
 L’importante è che si faccia sistema. Prendiamo la Cina. C’è stata la grande missione governativa. Si è poi concretizzato un importante contratto tra Tianjin e Napoli per la produzione in Campania degli schermi piatti. Che sia il governatore Bassolino a firmare, a me va benissimo. Lo stesso vale per la missione di cooperazione cinematografica in India. Sebbene l’abbia organizzata io, mi fa comunque piacere che sia il ministro Gentiloni a concludere l’accordo. L’importante è che si faccia.