E’ un errore non solo elettorale ma politico e culturale, che i leader del centrosinistra – a cominciare dallo stesso Prodi – trattino con sufficienza, freddezza, sostanziale antipatia i nuovi arrivati. Ossia i radicali di Pannella, Bonino e Capezzone uniti ai socialisti di Boselli nella «Rosa nel pugno». Ha ragione lo storico leader radicale a protestare (come ha fatto venerdì scorso sul «Corriere della sera») per come vengono appunto maltrattati. E il problema non sono le troppe firme che le nuove forze politiche devono raccogliere per potersi presentare alle elezioni, sforzo che per ora non viene affatto aiutato dal resto dell’Unione. Magari fosse solo questo. E non è nemmeno l’amnistia, questione sulla quale si è manifestata nel centrosinistra un’eccessiva prudenza dettata dal timor panico di perdere voti (non a caso Prodi parla solo di indulto).
Il problema è che i radicali e i socialisti danno fastidio, parecchio fastidio, perché non mollano su un questione cruciale e scottante: la laicità dello Stato. Loro ne sono i suoi più strenui difensori (in compagnia del presidente Ciampi, che infatti l’ha voluta citare l’altro ieri). Tanto che non ne trovi uno che confessi di credere in Dio o in non meglio identificate entità soprannaturali, di aver scoperto in tarda età una vocazione religiosa o di essere sempre stato fedele nell’intimo. Anzi, più le gerarchie vaticane intervengono nella sfera politica e più loro rilanciano la sfida («aboliamo il Concordato»). Nel metodo come nel merito: la fecondazione assistita, la libertà di ricerca, la difesa dell’aborto, le coppie di fatto sono battaglie che li hanno sempre visti in prima fila, accompagnati non sempre e non da tutti i partiti del centrosinistra. Anzi, da alcuni (come la Margherita di Rutelli e nella fattispecie di Prodi), dichiaratamente osteggiati.
In gioco non ci sono le convinzioni etiche o religiose di questo o quel partito, questo o quel leader. In gioco c’è il futuro governo e il suo rapporto con il Vaticano. Prodi e Rutelli, ma in una certa misura anche Fassino e Bertinotti, non vogliono una campagna elettorale sull’onda di un scontro con la Chiesa. Avranno le loro ragioni. Ma la sorda resistenza a far entrare le tesi radical-socialiste (che poi sono condivise da milioni di elettori del centrosinistra, e anche da qualcuno dell’altra parte) nella discussione sul programma del loro eventuale governo, appare irragionevole e pure ipocrita. Quantomeno dovrebbero parlarne, fosse solo per scontrarsi. Invece si preferisce snobbarle, nasconderle sotto il tappetto. Una fatica oltretutto inutile, visto che si tratta di questioni all’ordine del giorno, nel vero senso della parola: sollevate un giorno dalla Politica, un altro dalla Chiesa, un terzo all’unisono. Cavarsela con un’alzata di spalle e «uffa ‘sto Pannella che rompiscatole», non sembra una strategia politica all’altezza. Perché stavolta come altre in passato (basti pensare al timido Pci di Berlinguer di fronte al divorzio), Pannella sta rompendo le scatole giuste.