Il progetto della Rosa nel pugno, nato per dare all’Italia una forza socialista e liberale che oggi non c’è, come condizione necessaria per modernizzare il paese e per cambiare la sinistra, non si è esaurito dopo le elezioni politiche. Il progetto conserva ancora intatta la sua validità ed è un errore sottovalutare un risultato che è stato conseguito in mezzo a mille difficoltà. A partire da quella di far conoscere in poco tempo simbolo e programma, ma soprattutto quella di fare accettare un programma di sinistra europea, moderna, anticorporativa e anticonsociativa in un paese ancora troppo illiberale, consociativo e corporativo.
Non sottovalutiamo le tante iniziative di discredito profuso dalla sinistra ulivista per tutta la campagna elettorale nei confronti dei militanti dello Sdi, ritenuti rei di un’alleanza con i radicali. Non sottovalutiamo il sentimento “razzista” alimentato nei confronti dei compagni radicali. Aver ottenuto alle elezioni politiche il 2,6% anziche il 3 e qualche cosa, non può quindi essere considerato sufficiente per mettere in discussione un progetto politico che rappresenta ancora l’unica vera novità della politica italiana.
La questione è oggi più semplice e più complessa insieme. Se l’obiettivo principale, quello di dar vita ad una nuova forza politica per rompere con i vecchi schemi e per fare della questione socialista e liberale non una somma di individui o di etichette ma una politica, è ritenuto ancora valido, allora il gruppo dirigente, che per primo, ha sostenuto questo progetto, ha il dovere di andare avanti. Ci metta tutta l’energia di cui dispone e se la giochi. Troverà non solo il consenso di chi finora l’ha sostenuto, ma anche nuovi consensi. E troverà in giro per l’Italia, nel territorio, energie molto più forti dei dubbi e delle incertezze che in queste settimane si sono manifestati.
Il futuro della Rosa nel Pugno non può essere condizionato dal “malpancismo”, più o meno eterodiretto, né dalle incompatibilità di carattere tra dirigenti radicali e socialisti, né dalle difficoltà di mettere insieme modi diversi di fare politica. Anzi, fin dall’inizio sapevamo che la straordinarietà e il fascino di questo progetto stava proprio nella capacità di riunire culture politiche diverse, andando ben oltre la pura sommatoria di radicali e socialisti.
Nato per non fermarsi ad una semplice alleanza elettorale, questo progetto è ancora tutto da costruire e da sviluppare. Cogliendo la significativa attenzione che ha avuto in modo trasversale nel mondo della cultura, della ricerca, della scienza e delle professioni. In un elettorato nuovo, laico e liberale, giovane e moderno. Che vuole andare oltre la logica ormai in via di esaurimento dell’attuale bipolarismo e oltre lo steccato di una contrapposizione improduttiva tra due schieramenti. Un elettorato che vuole il cambiamento, che chiede alla politica il coraggio di fare battaglie significative. Ma anche un elettorato che, distaccatosi e sfiduciato dalla politica, si è avvicinato alla Rosa nel Pugno in ragione della sua novità e della sua capacità di affrontare in modo nuovo bisogni nuovi, temi sociali, diritti e difesa della laicità. Cittadini che si sono avvicinati alla Rosa nel pugno con un entusiasmo maggiore di quanto forse non abbiano avuto i tradizionali elettori socialisti e radicali. Ma proprio per questo l’iniziativa della Rosa nel pugno non è esaurita e lo spazio di iniziativa è ancora molto vasto.
Cogliendo la delusione oggi esistente sia a destra come a sinistra, bisogna progressivamente superare il modello dell’attuale alleanza tra radicali e socialisti per avviarsi verso la costituzione di un partito nuovo, in grado di federare diverse realtà e diversi interessi. Per questo, non solo non bisogna fare passi indietro, ma non possiamo aceontentarci di sommare le piccole oligarchie dei radicali e dei socialisti per dare per concluso un processo politico. Dentro la Rosa nel pugno non ci deve essere divisione di compiti tra socialisti, radicali ed altre componenti e se qualcosa non ha funzionato, questo è un problema di tutti. Il problema non è sommare contenuti socialisti a quelli radicali, ma è fare una politica di sinistra nuova, che definisce il profilo di un nuovo partito del socialismo liberale in Italia.
Bisogna avere la forza di allargare, per includere sempre nuove energie, stare nella politica a tutto campo, essere protagonisti del processo di trasformazione della sinistra, ormai avviato. La Rosa nel pugno, in quanto soggetto socialista indipendente e laico, può avere nella sinistra un ruolo persino superiore a quello esercitabile dal cosiddetto partito democratico. Semmai ci sarà. E questa è la sua forza principale. Non dimentichiamoci che la Rosa nel pugno è nata per costruire un’alternativa liberale all’attuale sinistra e in particolare a quella antagonista e antisocialista. Contro ogni forma di conservazione di destra, di sinistra e cattocomunista. Per condurre battaglie di libertà, di uguaglianza, per i diritti individuali e collettivi, per i diritti civili e la giustizia sociale, dalla parte dei più deboli e di chi ha più bisogno, non con il paraocchi delle vecchie categorie ideologiche, ma con quella capacità riformista e rivoluzionaria insieme, che è implicita nella cultura del socialismo.
In questo senso non solo la Rosa nel pugno non impedisce la crescita e la naturale rifondazione di un’identità socialista, realizzando le aspirazioni di tanti socialisti che in questi ultimi dieci anni hanno tenuto accesa la fiammella del socialismo italiano, ma può fare ben di più. Se la questione socialista (che non è la questione dei socialisti) non si riapre nel paese e nella società e se non si individuano i contenuti di una politica socialista nuova, il destino dei socialisti è segnato. La Rosa nel pugno più di altri puo contribuire a riaprire la questione socialista nel paese e proprio in questo senso è l’antidoto più efficace perché lo Sdi non perda pezzi e perché i socialisti possano perfino riorganizzarsi.