RADICALI ROMA

Ora parliamoci tra giavazziani

  Molise, Italia. Non consola granché il fatto che alcuni prevedessero uno schianto ancora più evidente: resta la sostanza, e cioè una sconfitta bruciante dell’Unione, che — con tutto il rispetto — il presidente del consiglio, prima di ogni altro, farebbe bene a non liquidare e a non sottovalutare. «Un problema del Molise, non dell’Italia», ha infatti commentato Prodi. Ma davvero il premier pensa che le cose sarebbero andate in modo diverso se, anziché a Campobasso e Isernia, si fosse votato a Palermo e a Catania? O – peggio mi sento, sempre per l’Unione! — a Treviso e a Padova?

 

 

 

 Padova, a proposito. Come si sa, si è svolto proprio lì il congresso di Radicali italiani. E sarà pur vero che una discreta dose di autolesionismo radicale ha contribuito a trasformare un passaggio previsto e condiviso (l’avvicendamento alla segreteria) in una vicenda traumatica, e, ancora, sarà pur vero (come diceva sorridendo l’indimenticabile Carlo Dapporto) che c’è stata una fase — come dire… — di poisson à la figure, di un, a mio avviso evitabile, lancio di pesci in faccia.

 

 

 

  Sta di fatto che però (e, quel che più conta, all’unanimità, con una piena e convinta unità del partito) alla fine è stata votata una mozione che la parte riformatrice del centrosinistra — a mio avviso — farebbe bene a leggere e a guardare come un’opportunità da non trascurare.

 

 

 

 Che hanno deciso, infatti, i Radicali italiani? È stata ribadita la scelta del centrosinistra, e nel contempo, però, si sono poste le basi per incalzare Prodi in positivo non solo sul terreno dei diritti civili (com’è naturale e giusto per i radicali: sollecitando una serie di calendarizzazioni, e cioè auspicando che il parlamento sia messo in condizione di esprimere alcuni chiari “sì” e alcuni chiari “no” in tempi certi), ma anche e soprattutto nel campo dell’innovazione economica e sociale (cito a memoria: chiedendo un collegato alla Finanziaria centrato su liberalizzazioni e riforme strutturali; chiedendo l’accoglimento degli emendamenti dei “volenterosi”; chiedendo il sì del governo al voto, direttamente in commissione e con procedure accelerate, della mia legge sui'” Sette giorni per aprire un’impresa”). Insomma, una serie puntuale e concreta di proposte blairiane, di modernizzazione, per la crescita.

 

 

 

 Non sarebbe, questo, un buon terreno di dialogo con la Margherita e anche con le componenti più moderne e modernizzatici dei Ds? È evidente che, per i radicali, sugli aspetti — come dire — più “zapateriani” sarà più facile interloquire con altri settori della coalizione, ma, invece, su questa parte economica e sociale il congresso di Padova può essere visto come una opportunità dai riformatori dell’Unione. Possiamo discuterne? C’è una sede in cui si possa parlarne? Possibile che, da Fassino a Veltroni a D’Alema, neanche per sbaglio si citino i radicali come interlocutori?

 

 

 

 La mia impressione è che il dibattito sul Partito democratico si stia troppo centrando sul lato del “contenitore” (e, per questa via, rischia di incartarsi nelle diffidenze reciproche e nel fatale spirito autoconservativo di ogni organizzazione), e troppo poco su quello dei “contenuti”, che invece servirebbero come il pane non solo per dare “visione”, “orizzonte”, “respiro” al nuovo progetto, ma anche per offrire qualche bombola d’ossigeno ad un governo che sembra già in apnea.

 

 

 

 Subito dopo le elezioni, pur ribadendo e sottolineando il carattere strategico della Rosa nel pugno per noi radicali, firmai su questo giornale un pezzo che fu giustamente intitolato «Più Giavazzi e più zapablairisti per il Partito democratico». La mia opinione non è mutata: sono e resto convinto che la Rosa nel pugno farebbe, certo, bene a curare se stessa, a “coltivarsi” (e spiace, di tanto in tanto, avere l’impressione che gli amici dello Sdi possano avere la tentazione di vivere la Rosa come un “taxi” dal quale scendere, come scesero altre volte da Trifogli e Girasoli). Detto e ribadito questo, però, resta il fatto che sarebbe interesse di tutti (anche dei Ds e della Margherita) cominciare a ragionare con noi, anche a partire da quel che la nostra mozione congressuale suggerisce ed evoca.

 

 

 

 Grazie ad Europa, intanto, per l’attenzione costante con cui segue questo percorso: sarebbe davvero positivo se i vertici politici dei Ds e della Margherita scegliessero di fare altrettanto.