RADICALI ROMA

Pannella e il Partito democratico

L’alternativa per l’alternanza o la costruzione di una nuova sinistra laica liberale socialista e radicale». Marco Pannella continua a ripetere da giorni questa formula, il cui significato, tradotto in termini più semplici, potrebbe essere questo: o ci accontentiamo di aver permesso e garantito la vittoria di Prodi su Berlusconi per consentire l’obiettivo minimo dell’alternanza bipolare o riusciamo a cogliere l’occasione di costruire un soggetto politico che possa diventare il lievito di una nuova sinistra. Questa nuova sinistra dovrebbe essere quella che Ugo Intini nel suo intervento di mercoledì scorso alla direzione nazionale della Rnp ha chiamato «la sinistra delle libertà». Ma il progetto dei radical-soci alisti, e nella direzione nazionale questo particolare aspetto è emerso più volte, passa necessariamente per la costruzione del partito democratico, sul quale si esercitano da tempo le intenzioni di settori importanti di Ds e Margherita.

 

 

 

 Partiti che per motivi diversi portano in dote all’ipotetico futuro soggetto unitario due declinazioni della sinistra europea su cui da mesi si appunta l’acuminata critica della Rosa nel pugno. E che ancora devono dare prova di essere suscettibili di una qualche sintesi che non sia impossibile o meccanica. Non a caso, sulle colonne dei maggiori quotidiani italiani il dibattito sulla forme e soprattutto il contenuto del partito democratico prosegue da almeno un semestre senza che però si sia ancora capito se questo nuovo soggetto politico dovrà essere una costola della socialdemocrazia europea o invece un prototipo della sinistra liberale e cattolica, di un kennedysmo cioè cucinato in salsa italiana e cucito sui volti di Francesco Rutelli e Walter Veltroni. Sta di fatto che con queste due tradizioni e con il loro eventuale combinato disposto la Rosa nel pugno, la tradizione radicale ha davvero poco in comune. Con i Ds il cortocircuito di Pannella, Bonino e Capezzone si produrrebbe infatti sul versante delle politiche economiche e sociali, oltre che sulla politica estera. Con Rutelli e la Margherita invece, pur avendo in comune un’idea liberale, la barriera sembra essere ogni giorno di più quella dalla laicità.

 

 

 

 Ieri il leader della Margherita, nella relazione di apertura della direzione nazionale del partito, ha sottolineato come il risultato sotto le aspettative dell’Unione sia stato anche dovuto ad «alcune inadeguatezze della campagna elettorale. Prima fra tutte l’assurda caccia alla Chiesa cattolica promossa come tema dominante dalla Rosa nel Pugno». Una critica che suona anche come replica ai numerosi attacchi di queste settimane degli esponenti della Rosa nel pugno nei confronti del clericalismo della Margherita, polemica che si era già aperta in occasione della campagna referendaria sulla procreazione assistita e la ricerca sulle staminali. Insomma sarà pur vero, dal punto di vista dei radical-socialisti, che «Il partito democratico», come ha spiegato Intini ,”senza la Rosa nel pugno non avrebbe l’anima laica, socialista, europea e radicale”, che sarebbe insomma una sinistra schiacciata dal clericalismo della Margherita e dal giustizialismo dei Ds. Però è difficile capire come la Rosa nel pugno possa determinare i caratteri di un partito democratico i cui futuri soci di maggioranza. Ds e Margherita, sembrano impegnati in una gara per escluderli.

 

 

 

 D’altra parte i radical-socialisti dopo un risultato insoddisfacente cominciano veder nascere anche una dialettica interna, E non solo sulla forma-partito della Rnp, o sull’opportunità o meno di presentare le liste alle amministrative, ma anche sulla strategia e la qualificazione della propria presenza all’interno del centrosinistra. Roberto Villetti ieri contestava a Capezzone persino l’atteggiamento tenuto dal segretario dei Radicali italiani nei confronti dell’estrema sinistra della coalizione. Per Pannella e compagni insomma la strada a sinistra si preannuncia tutta in salita. La sinistra che hanno in mente loro in Italia, non esiste.