RADICALI ROMA

Pillola del giorno dopo. Sabatinelli e Gerardi (RadicaliRoma): il ministro Storace si appella al rispetto delle leggi vigenti solo quando gli fa comodo

  Sono ormai trascorsi due mesi da quando l’Associazione Radicaliroma ha chiesto al Ministro della Salute Francesco Storace di indagare in ordine ai fatti andati in onda durante la puntata di Matrix di mercoledì 28 settembre nel corso della quale una ragazza ha simulato di richiedere la prescrizione della c.d. “pillola del giorno dopo” nei pronto soccorso dei vari ospedali romani ricevendo per tutta risposta un netto rifiuto – causa “obiezione di coscienza” – da parte del personale medico sanitario interpellato.

 

Nonostante il filmato-shock, nella sua lettera del 16 novembre u.s. che riportiamo in calce al presente comunicato – il Ministro della Salute sostiene che nel caso di specie l’operato dei medici romani – anche sulla base di quanto dichiarato dal Comitato Nazionale di Bioetica nella nota del 27 maggio 2004 – “non sia censurabile”.

 

Il Ministro non ce ne voglia, ma a questo punto sulla legittimità o meno del comportamento omissivo del personale medico-sanitario della capitale ci sembra più opportuno fare affidamento sul parere della magistratura romana che su questa vicenda – su nostro esposto del 3 ottobre – ha già provveduto ad aprire un procedimento giudiziario.

 

In attesa delle decisioni della magistratura inquirente, dunque, non ci resta che sottolineare due passaggi – a nostro giudizio abbastanza significativi – della risposta del Ministro.

 

Nel primo si legge quanto segue: “l’art. 19 del Codice Deontologico del 1998 dà facoltà al medico di rifiutare la propria opera qualora vengano richiesti interventi sanitari che contrastano con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, salvo che questo atteggiamento non sia di grave ed immediato nocumento al paziente”.

 

Ma è proprio questo il punto: il medico che si rifiuta di rilasciare apposita prescrizione ai fini dell’assunzione di un “farmaco d’urgenza”, esponendo così la donna al rischio di dover affrontare il dramma di una gravidanza indesiderata ed eventualmente poi quello di un aborto chirurgico, cos’altro fa se non mettere la paziente di fronte al rischio di “un nocumento grave ed immediato” per la sua salute psico-fisica?

 

D’altronde, nell’altro importante passaggio della missiva è proprio lo stesso Ministro Storace a riconoscere che “la problematica sollevata interessa sia la possibilità per le donne di accedere al farmaco in questione, sia il diritto dei medici all’obiezione di coscienza”.

 

Il che è ineccepibile, ma una volta ribadito l’ovvio a noi interessa sapere cosa il Ministro della Salute intenda fare in concreto perché negli ospedali della capitale venga di fatto garantita a tutti cittadini la possibilità di ottenere il rilascio di apposita ricetta medica necessaria all’assunzione della c.d. “pillola del giorno dopo” entro termini ragionevoli.

 

Si sta parlando – è bene ricordarlo – di un farmaco d’urgenza che agisce con effetti “contraccettivi” e la cui commercializzazione è stata autorizzata con il D.M. del 26 settembre 2000 n. 510.

 

Su questo secondo aspetto del problema sollevato dall’Associazione RadicaliRoma, la risposta del Ministro è purtroppo alquanto reticente.

 

Una cosa è certa, appellarsi al rispetto delle leggi e dei regolamenti vigenti a corrente alternata e a seconda delle convenienze del momento, non è certo un bello spettacolo, soprattutto se a farlo è un Ministro della Repubblica.

 

 

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LETTERA DEL MINISTRO DELLA SALUTE FRANCESCO STORACE INDIRIZZATA AL TESORIERE DELL’ASSOCIAZIONE RADICALIROMA, MASSIMILIANO IERVOLINO

 

 

“Faccio riferimento alla Sua del 3 ottobre u.s., relativa ai fatti riportati nel corso della trasmissione “Matrix” del 28 settembre u.s., in particolare, al rifiuto dei medici, operanti in taluni servizi di pronto soccorso di Roma, di prescrivere il “levonorgenestrel”, c.d. pillola del giorno dopo.

 

La problematica sollevata interessa sia la possibilità per le donne di accedere al farmaco in questione, sia il diritto dei medici all’obiezione di coscienza.

 

Ritengo opportuno al riguardo, segnalarLe che il Comitato Nazionale per la Bioetica ha trattato la materia di cui trattasi.

 

Con nota 27 maggio 2004, infatti, lo stesso Comitato ha segnalato che, sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, è ipotizzabile una pluralità di meccanismi di azione del suddetto principio farmacologico, inclusa la concreta possibilità che il farmaco impedisca l’impianto dell’ovulo fecondato, ove la fecondazione si fosse realizzata. Ha riconosciuto, di conseguenza, all’unanimità, la possibilità per il medico di appellarsi alla “clausola di coscienza”, prevista dall’art. 19 del Codice Deontologico della FNOMCeO del 1998.

 

Tale norma dà, infatti, facoltà al medico di rifiutare la propria opera qualora vengano richiesti interventi sanitari che contrastano con la sua coscienza o con il suo convincimento clinico, salvo che questo atteggiamento non sia di grave ed immediato nocumento al paziente.

 

Ritengo pertanto che, sotto il profilo dell’etica medica, non sia censurabile l’operato dei medici che si sono rifiutati di prescrivere il farmaco in questione.

 

L’occasione mi è gradita per inviarLe i miei più cordiali saluti”.