RADICALI ROMA

Pisanu attacca i teocon italiani

di LUIGI CONTU

ROMA – Le radici giudaico cristiane della nostra società vanno sì rivitalizzate ma senza pregiudizi ideologici e strumentalizzazioni politiche dei valori religiosi ed identitari. Giuseppe Pisanu si schiera contro i teocon italiani giudicandoli molto somiglianti agli estremisti islamici che “strumentalizzano i valori religiosi esclusivamente a fini politici e di conquista di potere”. Il ministro dell’Interno rilancia alle forze politiche un invito alla pacatezza e alla ricerca del dialogo con il mondo islamico, un dialogo che a suo avviso potrebbe essere favorito nel nostro paese anche dall’introduzione dell’insegnamento del Corano nelle scuole italiane.

Signor Ministro, la proposta di introdurre lo studio del Corano a scuola ha suscitato in Italia, come era prevedibile, un dibattito acceso. Lei è favorevole?
“La discussione è appena iniziata, ma in linea di principio direi di si. Penso, naturalmente, alle scuole che hanno una consistente presenza di alunni musulmani, e tengo ben presenti i difficili problemi connessi alla definizione dei programmi e alla selezione degli insegnanti”.

Ritiene che sia praticabile anche in assenza di reciprocità nei paesi islamici, come sostenuto dal cardinale Martino?

“Nella nostra Costituzione la libertà religiosa è riconosciuta ad ogni persona in quanto tale, prescindendo dagli accordi internazionali in materia. La reciprocità è importante, e tuttavia penso che proprio un’apertura unilaterale renderebbe ancora più forte la richiesta oggi rivolta ad alcuni stati islamici affinché consentano di esercitare il culto cattolico. Non dimentichiamoci, peraltro, che in molti paesi islamici la reciprocità, seppure in diverso grado, è attuata già da tempo”.

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Non c’è il rischio che lo studio separato delle religioni impedisca il processo di integrazione degli immigrati nel nostro paese?
“No, il rischio non c’è. Basti pensare che, in ogni caso, l’ora di religione sarebbe facoltativa e, cosa ancor più importante, che tutta la restante attività didattica verrebbe svolta in comune e funzionerebbe inevitabilmente come un fondamentale strumento di integrazione. Già oggi è così. Per me il vero problema è portare tutti i bambini musulmani nelle scuole pubbliche o in quelle parificate, evitando ogni forma di ghettizzazione culturale”.

Il Presidente del Senato l’ha accusata in una intervista a “La Stampa” di non aver preso le distanze dal documento presentato la scorsa settimana dall’Ucoii alla Consulta islamica e giudicato dallo stesso Pera pericoloso ed integralista. Come risponde?
“Non ho letto quell’intervista. Voglio, comunque, chiarire che la Consulta non è una specie di parlamentino islamico dove si discute e si prendono decisioni, ma soltanto un organo consultivo che, per l’appunto, ha esclusivamente il compito di dare consigli al Ministro dell’Interno sui problemi da questo indicati. Io cerco di farla funzionare in maniera costruttiva e di tenerla sostanzialmente unita, ascoltando tutti i suoi componenti con eguale attenzione e rispetto. Chi cercasse di dividerla compirebbe un’operazione settaria e politicamente irresponsabile”.

Lei come valuta il documento dell’Ucoii?

“Alla stregua di tutti gli altri contributi scritti che mi sono stati consegnati. Non dimentichi in ogni caso che io ascolto tutti, ma alla fine spetta a me decidere secondo le mie responsabilità”.

Pera e con lui molti esponenti della sua maggioranza affermano che in Italia c’è troppo timore nel rispondere agli attacchi fondamentalisti che vengono dal mondo islamico. E’ cosi?

“Di certo non possono riferirsi a me come Ministro dell’Interno e Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza. Per me parlano i fatti: gli strumenti di analisi e i dispositivi di prevenzione realizzati e messi in opera; le centinaia di estremisti islamici controllati o arrestati o espulsi; l’approvazione a stragrande maggioranza parlamentare di nuove e più incisive norme contro il terrorismo e, me lo lasci dire, la crescente disponibilità al dialogo che abbiamo ottenuto dalla comunità islamica nazionale anche in momenti di gravi tensioni etnico-religiose. L’obbiettivo essenziale di questa politica e delle sue proiezioni internazionali è quello di isolare e combattere gli estremisti, considerando i laici e i moderati come nostri naturali alleati”.

Ritiene anche Lei che l’Occidente sia al tramonto, per usare le parole di Oswald Spenger, e che sia ormai impregnato di relativismo come sostengono il presidente Pera ed i teocon da lui guidati?

“No, non penso ad un tramonto dell’Occidente, anche se riconosco che la sua tensione etico-religiosa si è fortemente attenuata, indebolendo la sua identità culturale e il suo fascino politico”.

La cultura della tolleranza, il pluralismo, la democrazia, l’uguaglianza di fronte ai giudici non sono questi valori sufficienti per rivendicare e coltivare l’identità occidentale?

“Si, ma per quanto siano importanti da soli non bastano. Occorre dare nuovo respiro all’Europa, rivitalizzando le sue radici giudaico-cristiane. A condizione però che non si pretenda, come vorrebbero certi volenterosi dell’ultima ora, di innaffiarle con l’acido muriatico del pregiudizio ideologico e della strumentalizzazione politica dei valori religiosi. A parti invertite, è esattamente quello che fanno gli estremisti islamici: che, infatti, puntano esclusivamente alla conquista del potere”.

Non trova che sia rischioso evocare lo scontro di civiltà e sottolineare le differenze identitarie, che pure esistono, con la cultura islamica?

“Le identità sono ancoraggi saldi e irrinunciabili, ma non devono diventare trappole per catturare e dividere i popoli. Il rimedio è nel dialogo. Perché attraverso il dialogo identità diverse imparano a conoscersi ed a rispettarsi reciprocamente, sia per quel che hanno in comune, sia per quel che le rende differenti. E’ pazzesco pensare che specialmente le tre grandi religioni monoteistiche, i tre rami della famiglia di Abramo, siano destinate a scontrarsi e non, invece, a convivere pacificamente, pur nella loro diversità”.

Il ministro della Lega Roberto Calderoli si è dimesso dopo gli scontri di Bengasi, seguiti alla sceneggiata della maglietta mostrata al Tg1. La crisi diplomatica con la Libia sembra superata ma il problema politico resta, con il Carroccio che continua a sostenere le posizioni di Calderoli. Non crede che ci sia ormai un problema di compatibilità tra il vostro partito e la Lega?

“Quelle dimissioni fanno onore a Calderoli che, secondo me, ha saputo assumersi fino in fondo le sue responsabilità. Come è noto, sono lontano da certe posizioni della Lega Nord, ma non le sottovaluto perché conosco il seguito che hanno, i nervi scoperti che toccano e gli effetti che possono produrre sulla convivenza civile. Non mi riferisco alle semplificazioni brutali della propaganda anti-islamica, ma a quell’ambigua metafisica delle identità che ci insegue da qualche anno e che va affrontata ben al di là delle logiche di schieramento”.

A questo punto ritiene che il dialogo con la Libia sia realmente ripreso e l’incidente chiuso? Il governo ha ricevuto molte critiche per i ritardi nel realizzare le promesse fatte a Gheddafi sia da Lei che dal presidente Berlusconi.

“In realtà il dialogo non si è mai interrotto e, anzi, procede utilmente, come attestano anche recenti dichiarazioni ufficiali di parte libica. Quanto al resto, posso assicurarle che né il Presidente Berlusconi né il sottoscritto hanno mai fatto promesse esorbitanti al leader libico. E’ vero, invece, che c’è un contenzioso bilaterale ancora aperto e che il Governo italiano ha
riconosciuto la necessità di chiudere in maniera appropriata il capitolo tragico del colonialismo. Penso che questo obiettivo sia nell’interesse dell’Italia e mi batto con convinzione per realizzarlo”.

Ministro, manca meno di un mese al voto e nella vostra coalizione c’è chi continua a prefigurare un cambio di leadership. Lei pensa che questa partita si riaprirà dopo il 9 aprile?

“A che pro mettere il carro davanti ai buoi? E se, come mi auguro, gli elettori ci assegneranno la vittoria, cosa ci sarà da rivedere?”

Chiunque vinca le elezioni dovrà confrontarsi con i perdenti per la scelta del nuovo Capo dello Stato. Ritiene che per questo passaggio decisivo si debba procedere attraverso la ricerca di larghe intese?

“Ho sempre pensato che le massime cariche dello Stato debbano essere elette a larga maggioranza. Ne sono ancor più convinto oggi, mentre ci accingiamo ad eleggere il Parlamento con il sistema proporzionale. Sarebbe, infatti, una ulteriore garanzia per la saldezza delle istituzioni e per l’unità nazionale”.

E dell’ipotesi che il presidente Ciampi sia confermato al Quirinale che ne pensa?

<!– do nothing –>”Penso che Ciampi meriti davvero di essere lasciato fuori da pronostici e congetture”.