RADICALI ROMA

Più fiducia con un’anagrafe degli eletti

Anagrafe pubblica degli eletti: non è forse arrivato il momento che il mondo politico e quello accademico, entrambi al loro massimo livello, prendano posizione su una riforma (a costo zero) in grado di dare una risposta significativa ai problemi posti dall’ondata di inchieste giudiziarie che si sono abbattute sulla politica e in particolare sui governi locali del centro-sinistra?

Di questa proposta abbiamo parlato il 4 novembre scorso, prima che migliaia di pagine d’intercettazioni dessero conto, a Pescara come Firenze, a Napoli come a Potenza, di come la politica sia divenuta, come ha scritto sulla Stampa l’ex senatore Massimo Villone, «una politica di signorotti feudali, clan, bande e truppe cammellate, una politica senza regola alcuna, salvo quella di gestire il consenso in funzione del potere».

La proposta è stata avanzata dai Radicali italiani, dei quali tutto si può dire meno che su questi temi, da decenni, non abbiano avuto una posizione ferma e coerente, di condanna e al tempo stesso di proposta per restituire alla politica il ruolo che le spetta. Si tratta, all’insegna della massima trasparenza, di mettere in rete, a disposizione del controllo dei cittadini-elettori, l’operato di migliaia di eletti apartire da senatori, deputati, sindaci, consiglieri regionali, provinciali e comunali. Un modo trasparente per garantire al singolo cittadino di accedere alla documentazione necessaria per verificare le scelte degli eletti e assicurare un voto consapevole.

Ogni istituzione dovrebbe tra l’altro inserire sul web il bilancio interno, le presenze e il comportamento di voto degli eletti, gli atti presentati in tutte le articolazioni, il loro iter e la conclusione. A sua volta, ciascun eletto dovrebbe pubblicare anche la dichiarazione dei finanziamenti ricevuti, dei doni e dei benefici, il registro completo delle spese (sue e del suo staff), il quadro delle presenze ai lavori e i voti espressi sugli atti adottati dall’istituzione cui appartiene.

La totale pubblicità della vita istituzionale quanto meno frenerebbe di molto le opache scorribande del “partito degli assessori” venuto alla ribalta in questi ultimi mesi. E sarebbe anche una risposta alla demagogia dell’antipolitica. Napolitano, Schifani, Fini: al di là di quanto già mettono in rete la Presidenza della Repubblica, Senato e Camera, sarebbe interesse delle istituzioni spingere sull’acceleratore per ripristinare il circuito della fiducia tra eletti ed elettori.

Qua e là qualcosa si muove. A livello locale, dove i radicali provano un po’ in tutta Italia, e in qualche caso con successo (ad esempio, le delibere delle Province di Frosinone e Brindisi), a sostenere il loro progetto. E a livello nazionale, dove il senatore del Pd Pietro Ichino ha appena presentato una sua proposta di legge che punta a superare le resistenze alla pubblicazione online delle dichiarazioni dei redditi e patrimoni dei parlamentari e membri del Governo e prospetta una soglia minima di trasparenza per gli eletti a livello regionale e locale.

Qualcosa si muove, ma certo non basta. Le innovazioni di cui parla il leader del Pd Veltroni per evitare il tracollo del partito non richiederebbero forse un impegno esplicito su questo punto, prima ancora di proporre l’idea di una scuola di formazione al Sud con l’autore di Gomorra Roberto Saviano?